In tema di pensioni, sembra che il 2024 non sarà l’anno di Quota 41, che appare sempre più lontana dopo la pubblicazione del Def.
Dopo la pubblicazione dei dati relativi al Def, è quasi sicuro che Quota 41 non sarà attuata nel 2024.
La spesa sostenuta dai conti pubblici, infatti, è troppo alta ed è destinata a crescere.
Nel 2024, la spesa per le pensioni toccherà i 337,4 miliardi di euro, nel 2025 sarà di 345 miliardi e nel 2027 arriverà fino a 368 miliardi di euro.
Ma vediamo di cosa si tratta e perché Quota 41 sembra impraticabile nel prossimo futuro.
Quota 41 sempre più lontana: il nodo delle pensioni
Una delle proposte principali della Lega, nel periodo delle elezioni, era Quota 41, in tema di pensioni.
Ma di cosa si tratta nello specifico?
Con l’approvazione di Quota 41, si permetterebbe ai lavoratori di andare in pensione al raggiungimento dei 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica.
Si tratta di una misura molto onerosa, per questo, in passato, erano state introdotte altre limitazioni, restringendo la platea ai soli lavoratori “precoci”, ovvero coloro che hanno svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo (anche non continuativo) prima del 19° anno di età.
Quota 41 senza restrizioni sembra essere, per ora, irraggiungibile per una serie di motivi. Come l’andamento demografico, col relativo aumento del numero dei pensionati e la riduzione dei lavoratori destinati a “mantenerli”. Ma anche per il ritorno dell’inflazione.
Il peso delle pensioni sulle casse dello Stato
Nell’ultimo anno, sono cresciute le spese relative alle pensioni, soprattutto a causa dell’adeguamento degli assegni all’inflazione, ma sono cresciuti anche i contributi versati, grazie all’aumento dell’occupazione.
Secondo i dati dell’Inps, nel 2023 sono stati erogati 269,6 miliardi di euro per le pensioni (un aumento del 6,34%). Mentre sono arrivati all’Istituto 214,6 miliardi di euro di versamenti contributivi, con un aumento del 4,44%, rispetto al 2022.
I pagamenti, che riguardano pensioni, assegno unico, sussidi alla disoccupazione, bonus maternità e assegno di inclusione, sono stati pari a 396,86 miliardi di euro, con un aumento del 7,36% rispetto al 2022.
Anche questo dato risente degli adeguamenti all’inflazione.
Presa coscienza dei dati provenienti dal Def e il lungo cammino verso la legge di bilancio a fine anno, difficilmente si parlerà di una rivoluzione pensionistica, entro la fine del 2024.
Molto probabilmente, si terrà il requisito minimo dei 41 anni di contributi, ma si alzerà l’età minima necessaria.
Ma è molto difficile che la riforma arrivi anche nel 2025, poiché l’Italia, nelle prossime leggi di bilancio, dovrà stanziare le risorse per ridurre il deficit accumulato, di circa 5 miliardi euro l’anno, secondo le previsioni. Inoltre, non potrà fare extradeficit per finanziare nuove misure economiche.
Ne sovviene che la Legge di Bilancio 2025 sarà quasi sicuramente più “povera” rispetto a quella del 2024.
Senza interventi nella Legge di Bilancio, è possibile che si ritornerà alle vecchie regole, a partire da gennaio 2025, come la legge Fornero.