Niente accordo sulla riforma delle pensioni. Tanto che il governo Meloni starebbe valutando la proroga per un anno di Quota 103, la misura introdotta dal governo Draghi che prevede l’uscita dal lavoro a 62 anni d’eta e 41 anni di contributi. Il nodo da sciogliere sono le coperture. Tra le ipotesi allo studio dell’esecutivo c’è l’introduzione di Quota 41, caldeggiata dalla Lega, con cui si arriverebbe all’addio al lavoro con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Un’operazione che premia chi ha iniziato a lavorare da giovanissimo, i cosiddetti “precoci”, e che però potrebbe costare secondo le stime dell’Inps più di 4 miliardi il primo anno di attivazione per poi crescere toccando i 75 miliardi in dieci anni. Troppi secondo una buona parte della maggioranza.
In mancanza di un accordo sembra quindi in stallo, almeno per ora, la riforma del sistema pensionistico italiano con l’introduzione di Quota 41 che era stata ipotizzata già nel 2024. L’orizzonte sembra spostarsi al 2025 sempre con l’intento dichiarato dal governo di evitare il ritorno alla legge Fornero (pensionamento a 67 anni di età con 41-42 di contributi).
A favore di Quota 41 però si erano espresse anche Cgil, Cisl e Uil Nella piattaforma unitaria facevano riferimento alla flessibilità di accesso alla pensione per permettere «alle lavoratrici e ai lavoratori di poter scegliere quando andare in pensione, senza penalizzazioni per chi ha contributi prima del 1996, a partire dai 62 anni di età e anche consentendo il pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall’età». Il dibattito è quindi aperto.
Quota 103, come funziona e la platea
Salvo nuove proposte per quest’anno e per il prossimo dovrebbe quindi venir prorogata Quota 103 con l’opzione di pensionamento anticipato che, secondo le previsioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio, nel 2023 potrebbe interessare poco più di 41 mila lavoratori, per una spesa di oltre 2 miliardi nel triennio 2023-2025. Si tratta per lo più di lavoratori garantiti: uomini con carriere lavorative stabilii. Il sistema delle Quote infatti si è dimostrato funzionale per questa categoria di lavoratori mentre non ha coinvolto i non garantiti ovvero donne e giovani. Le fasce deboli, tra carriere discontinue e redditi bassi, del sistema previdenziale italiano.