In queste ore si accavallano le proposte per quota 100, l’anticipo di pensione che lega l’età anagrafica agli anni di contribuzione. Al momento sono tre le ipotesi in campo.
PRIMA IPOTESI. L’idea iniziale del governo M5S-Lega era quella di introdurre una Quota 100 a partire dai 64 anni di età, dunque con 36 anni di contributi. Successivamente la Lega ha chiesto di abbassare l’età a 62 anni con 38 anni di contributi, ma in queste ore si sta discutendo anche di una flessibilità più ampia, in base alla quale potrebbero bastare anche solo 35 anni di contributi con 65 anni di età anagrafica per uscire anticipatamente dal mondo del lavoro. Ma c’è chi pensa che siano troppo pochi e vorrebbe alzare l’asticella almeno a 36-37 anni. Discussione non di dettaglio, perché lo spostamento di uno o due anni incide sensibilmente sui conti Inps. Ritornando ai numeri. Con l’ipotesi 100 con 35 anni di contributi, si permetterebbe a un lavoratore di 65 anni di andare in pensione due anni prima rispetto ai 67 anni della riforma Fornero. I tecnici della lega stimano in 495mila il numero dei lavoratori che potrebbero accedere alla quota 100. Si scenderebbe invece a 450mila se il requisito dell’età contributiva minimo fosse di 36 anni.
SECONDA IPOTESI. La seconda ipotesi coinvolge direttamente le aziende. Si tratterebbe di un finanziamento a carico delle aziende per uno scivolo per alcune categorie di lavoratori fino a un massimo di 5 anni, secondo quanto anticipato dal Sole 24 ore. A questo si aggiungerebbe un incentivo per favorire il ricambio generazionale nelle aziende. Questa misura comporterebbe un impegno di 1,5 miliardi contro gli 8 miliardi circa necessari per l’ipotesi “pesante” di quota 100. Di questa ipotesi ha parlato nei giorni scorsi l’esperto della Lega Alberto Brambilla. «Dobbiamo immaginare di creare qualche flessibilità in uscita perché ci sono dei lavori particolari o persone con problemi di salute», ha spiegato Brambilla a margine di un convegno al Cnel. «In generale in nessun paese c’è un’età fissa. Dobbiamo creare una flessibilità strutturale, utilizzando i fondi di solidarietà delle imprese, e dall’altra parte creare un po’ di flessibilità in uscita. Se è ben calibrato è un intervento compatibile con i conti pubblici», ha aggiunto. «L’idea», scrive il Sole, «prevede l’utilizzo dei fondi di solidarietà attivi in diversi settori come il credito, le assicurazioni, il trasporto pubblico e il neonato “fondo tris” del settore chimico-farmaceutico». Non è esclusa però l’attivazione di un fondo dedicato cui convogliare le risorse dello Stato e delle aziende che contribuire con un’aliquota aggiuntiva che le aziende potrebbero sottoscrivere volontariamente in cambio di incentivazioni fiscali. Si calcola che la platea di lavoratori interessati di età compresa tra 62 e 74 anni potrebbe essere di 400mila unità nel 2019, circa 230 mila nel settore privato, il resto nella pubblica amministrazione.
E L’ISOPENSIONE? Questo provvedimento potrebbe mandare in soffitta l’isopensione introdotta dalla Fornero. Si tratta della possibilità per i lavoratori a fine carriera nelle aziende che occupano più di 15 dipendenti di anticipare la pensione in base a un accordo raggiunto tra azienda, Inps e sindacati. Il meccanismo consente un anticipo dell’età pensionabile sino ad un massimo di 4 anni a patto che l’azienda corrisponda, con oneri interamente a suo carico, un assegno ai lavoratori di importo equivalente alla pensione (isopensione) per l’intero periodo di esodo, sino al perfezionamento dei requisiti per il pensionamento. Il periodo di quattro anni è stato esteso temporaneamente, per il triennio 2018-2020, a sette anni per agevolare il ricambio della forza generazionale nelle imprese. Ape sociale in soffitta, resta l’Ape volontario fino al 2019 Le manovre del governo in campo previdenziale sono destinate a mandare in soffitta l’Ape sociale dal 1° gennaio 2019 sostituendolo tramite un irrobustimento delle forme di solidarietà gestite dai fondi esuberi e dai fondi interprofessionali. L’obiettivo è quello di scaricare i costi dell’Ape sociale sulle aziende e sulle varie categorie professionali lasciando alle parti sociali e datoriali l’individuazione più puntuale dei possibili beneficiari. L’ape volontario, al contrario, non dovrebbe per ora subire modifiche restando confermato sino al 31 dicembre 2019. In questo caso l’aumento dell’età della pensione riguarderà anche chi chiederà l’uscita con l’Ape volontario, lo strumento con il quale è possibile richiedere un anticipo pensionistico previo mutuo da scontare sugli assegni previdenziali. Il prestito potrà essere richiesto da chi avrà un assegno netto di almeno 1,4 volte il minimo (700 euro), per minimo 6 mesi, e dovrà essere restituito in 20 anni. Va stipulata un’assicurazione in caso di premorienza. L’anticipo sarà erogato dalle banche con accordi-quadro. Per accedere all’Ape Volontario non devono mancare più di 3 anni e 7 mesi all’età della pensione di vecchiaia. In questo caso l’età anagrafica è incrementata di 3 mesi sulla base dell’aumento della speranza di vita: dunque non sarà possibile utilizzare questo strumento prima del compimento dei 63 anni e 3 mesi.
Il Centro