Il Sole 24 Ore. Oltre 9 miliardi di minore spesa nel triennio 2019-2021. È una Quota 100 sostanzialmente dimezzata rispetto alle potenzialità immaginate al momento del varo quella che si accinge a concludere la corsa a fine anno. Almeno stando all’ultimo monitoraggio dell’Inps, dal quale emerge che dei 19 miliardi abbondanti stanziati dal “Conte 1” per i tre anni di vita dei pensionamenti anticipati con almeno 62 anni d’età a 38 di contribuzione (e al netto dell’effetto “trascinamento” sugli anni successivi) ad oggi, a otto mesi dallo stop, ne sarebbero stati operativamente impegnati non più di 10.
La conferma indiretta è arrivata ieri dallo stesso Orlando al Senato dopo aver ribadito che la priorità doveva essere data al capitolo lavoro e alla riforma degli ammortizzatori: ora «ci sono le condizioni per un confronto sul tema della previdenza», anche perché «la riflessione sulla riforma pensionistica è stata già sostanzialmente riavviata sul piano tecnico», ha detto il ministro sottolineando che le proposte di intervento dovranno garantire «equità generazionale, sostenibilità e adeguatezza».
Ma nella maggioranza continuano a farsi sentire gli strascichi delle indicazioni contenute nelle bozze del Pnrr sul post-Quota 100 (e poi eliminate dalla versione finale), con cui si prospettava il ritorno integrale alla legge Fornero con la sola eccezione dei lavori gravosi. Il sottosegretario leghista all’Economia, Claudio Durigon, ha ribadito ieri che la strada da percorrere resta quella di Quota 41 (la possibilità di uscita con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica), ma ha anche ammesso che dopo la pandemia questa soluzione non può essere adottata subito. «Non siamo pronti oggi per la vera riforma che avevamo previsto alla fine di quota 100 e con la famosa quota 41», ha affermato Durigon, aggiungendo che prioritariamente «vanno trovati strumenti per permettere alle aziende di riorganizzare le attività. Servono scivoli per dare risposte alle aziende» e per dare poi lavoro ai più giovani.
A rilanciare una soluzione alternativa è stato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. Che, intervenendo al Festival del lavoro 2021 organizzato dai Consulenti del lavoro, ha riproposto l’idea di «permettere a 62-63 anni» l’uscita «con la parte puramente contributiva» dell’assegno e poi di ottenere «la parte retributiva al raggiungimento dell’età ordinaria, a 67 anni». Una misura che, a parere di Tridico, non graverebbe troppo sui conti e «garantirebbe una certa flessibilità». Il presidente dell’Inps ha anche insistito sulla necessità di introdurre uscite flessibili per i cosiddetti “fragili”. E ha rimarcato di non avere alcun timore sulla tenuta del sistema previdenziale, che resta sostenibile. A ribadire «l’opinione negativa» su Quota 100 è stata l’ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero. I sindacati, da parte loro, continuano a incalzare il governo e si preparano a una iniziativa comune, in calendario il 4 maggio, per chiedere di «cambiare le pensioni adesso».