Con l’Ape e la Rita si può avere un anticipo massimo di tre anni e sette mesi rispetto ai requisiti standard per la pensione di vecchiaia. Con le regole applicabili a chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni, alle donne, e con il “nuovo” cumulo dei contributi lo “sconto” può essere di qualche mese o superare i cinque anni, in base alle singole situazioni. Per quanto riguarda la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro, il disegno di legge di Bilancio introduce quale novità assoluta l’Ape (anticipo pensionistico), articolata in tre versioni: social, volontaria, aziendale. La prima è gratuita, le altre due a carico del lavoratore e dell’azienda (per i dettagli si vedano le schede a fianco). Il primo passaggio in Parlamento non ha comportato novità sostanziali per l’Ape, se non quella di prevedere l’impossibilità di cumulare la versione social con redditi da lavoro autonomo oltre 4.800 euro e da lavoro dipendente oltre 8mila(inizialmente la soglia era 8mila in entrambi i casi).
Anticipo massimo di tre anni e sette mesi anche con la Rita. In questo caso, però, l’assegno che si riceve in attesa della pensione è “autofinanziato” attingendo in tutto o in parte al capitale accumulato in un fondo pensione integrativo, se il lavoratore vi ha aderito.
Precoci e usurati
Chi ha versato almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni di età potrà accedere alla pensione anticipata con 41 anni di contributi invece di 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne). Tuttavia l’agevolazione è riservata a chi si trova nelle stesse condizioni personali o ha svolto un’attività pesante come per l’Ape social. Per tutti quelli che matureranno la pensione anticipata, invece, vengono eliminate le penalizzazioni economiche se si smette di lavorare prima dei 62 anni.
La cancellazione delle finestre mobili per chi ha svolto attività usuranti porterà nell’immediato un’anticipo di 12-18 mesi (dipendenti-autonomi) rispetto a oggi, che in prospettiva aumenterà perché viene sospeso l’adeguamento dei requisiti alla speranza di vita nel periodo 2019-2026. Alla Camera è stata prevista un’ulteriore semplificazione dei documenti necessari per accedere a questa agevolazione che finora si è caratterizzata per complessità e scarsa efficacia.
Cumulo
Anticipi consistenti, anche di diversi anni, potranno derivare dal ricorso al cumulo, dato che gli spezzoni contributivi versati in più gestioni potranno essere sommati, senza costi, per raggiungere il minimo per la vecchiaia o, novità del Ddl di Bilancio, anche per l’anticipata e se si è già maturato un diritto autonomo in una delle gestioni. Ciò consentirà di evitare il ricorso alla totalizzazione (che in molti casi comporta il calcolo contributivo, meno conveniente per il lavoratore) o alla ricongiunzione, che è onerosa. L’ultima novità su questo fronte è la possibilità di cumulare i contributi versati alle Casse di previdenza dei professionisti. Rispetto alla vecchiaia si possono guadagnare anche sette-otto anni.
Opzione donna
Nel passaggio alla Camera è stata riaperta l’opzione donna per le lavoratrici che hanno maturato il requisito anagrafico (57 anni e 3 mesi, un anno in più per le autonome) nell’ultimo trimestre del 2015. Seppur a fronte del calcolo dell’assegno con il metodo contributivo, questa via d’uscita consente di andare in pensione fino a sei-sette anni prima rispetto al trattamento di vecchiaia e ha riscosso un successo crescente dopo la riforma del 2011 che ha inasprito i requisiti standard.
Ottava salvaguardia
Infine arriva l’ottava salvaguardia che applica a determinate categorie di lavoratori i requisiti ante riforma Monti-Fornero (l’anzianità si raggiunge con quota 96 – minimo 60-61 anni di età e 35 di contributi). I posti aggiuntivi, inizialmente 27.700, sono stati portati a 30.700 con un emendamento approvato alla Camera. Saranno tutelati anche lavoratori che raggiungeranno la pensione con le vecchie regole entro il 6 gennaio 2019.
Matteo Prioschi – Il Sole 24 Ore – 26 novembre 2016