L’Ape volontario è definitivamente partito. Così i cittadini che desiderano fruire di questo anticipo pensionistico autofinanziato possono inviare la domanda di Ape, di pensione di vecchiaia (che si attiverà alla fine del periodo di anticipo) e dell’eventuale accordo individuale di Ape aziendale con il proprio datore di lavoro.
Le agenzie territoriali e centrali di Inps coinvolte nel processo opereranno anche nelle giornate di sabato 14 e domenica 15 per garantire la corretta istruttoria delle domande in arrivo. In attesa dei dati ufficiali delle effettive adesioni all’anticipo pensionistico introdotto dalla legge di Bilancio del 2017, va al contempo notato come sia costantemente in aumento l’interesse dei datori di lavoro ai nuovi strumenti di flessibilità. L’Ape aziendale si propone in effetti quale modalità partecipata di prepensionamento dove i costi vengono ripartiti fra lavoratore (che sostiene metà degli oneri finanziario-assicurativi e il costo del fondo di garanzia), azienda (che versa una dote contributiva varia per aumentare l’importo lordo della pensione, riducendo il peso delle trattenute) e Stato (che conferisce un credito d’imposta pari alla metà dei costi assicurativi e finanziari derivati dall’Ape e trattenuti assieme all’anticipo sulla futura pensione di vecchiaia con un piano di ammortamento alla francese).
Sei anni fa, l’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero, aveva introdotto un’altra idea di prepensionamento (isopensione), che avrebbe garantito agli esodati da aziende con almeno 15 dipendenti uno scivolo verso la pensione di massimo 4 anni con contributi e indennità completamente a carico dell’impresa. Questo strumento, costoso, ma fortemente tutelante per i dipendenti, è stato subito adottato da numerose aziende di grandi dimensioni e, con la legge di Bilancio 2018, è stato ulteriormente potenziato: i datori di lavoro, previo accordo sindacale, possono accompagnare alla pensione dipendenti distanti dalla pensione fino a un massimo di 7 anni.
La platea dei beneficiari dell’isopensione è peraltro molto più ampia di quella degli apisti: i 7 anni possono accompagnare non solo alla pensione di vecchiaia, ma anche verso quella anticipata.
Questi due strumenti propongono una soluzione diversa alle esigenze sempre più diffuse di redesign della popolazione aziendale: l’Ape è generabile solo su impulso del dipendente e può, in modo del tutto facoltativo, essere partecipato da una dote aziendale finanziata dai datori di lavoro, enti bilaterali o fondi di solidarietà bilaterali che erogano un contributo variabile in un’unica soluzione; l’isopensione è frutto di un accordo sindacale e, oltre ai contributi e all’importo del trattamento mensile, comporta costi gestionali e bancari per l’azienda.
L’Inps in entrambi i casi ha un ruolo di mediatore, non solo con le proprie procedure informatiche, ma anche nel connettere attori fra loro eterogenei (banche, assicurazioni, lavoratori, aziende) e garantendo i diritti degli esodati escutendo la polizza fideiussoria (nel caso dell’isopensione) o con la natura obbligatoria dei contributi dell’Ape aziendale.
Isopensione e Ape, pur nella loro diversità, sono tuttavia accomunate da una affinità di fondo: il presupposto che il welfare non sia più un appannaggio esclusivo dello Stato, ma che richieda un intervento diretto da parte delle aziende e degli stessi cittadini.Antonello Orlando – Il sole 24 Ore – 14 aprile 2018
Sei anni fa, l’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero, aveva introdotto un’altra idea di prepensionamento (isopensione), che avrebbe garantito agli esodati da aziende con almeno 15 dipendenti uno scivolo verso la pensione di massimo 4 anni con contributi e indennità completamente a carico dell’impresa. Questo strumento, costoso, ma fortemente tutelante per i dipendenti, è stato subito adottato da numerose aziende di grandi dimensioni e, con la legge di Bilancio 2018, è stato ulteriormente potenziato: i datori di lavoro, previo accordo sindacale, possono accompagnare alla pensione dipendenti distanti dalla pensione fino a un massimo di 7 anni.
La platea dei beneficiari dell’isopensione è peraltro molto più ampia di quella degli apisti: i 7 anni possono accompagnare non solo alla pensione di vecchiaia, ma anche verso quella anticipata.
Questi due strumenti propongono una soluzione diversa alle esigenze sempre più diffuse di redesign della popolazione aziendale: l’Ape è generabile solo su impulso del dipendente e può, in modo del tutto facoltativo, essere partecipato da una dote aziendale finanziata dai datori di lavoro, enti bilaterali o fondi di solidarietà bilaterali che erogano un contributo variabile in un’unica soluzione; l’isopensione è frutto di un accordo sindacale e, oltre ai contributi e all’importo del trattamento mensile, comporta costi gestionali e bancari per l’azienda.
L’Inps in entrambi i casi ha un ruolo di mediatore, non solo con le proprie procedure informatiche, ma anche nel connettere attori fra loro eterogenei (banche, assicurazioni, lavoratori, aziende) e garantendo i diritti degli esodati escutendo la polizza fideiussoria (nel caso dell’isopensione) o con la natura obbligatoria dei contributi dell’Ape aziendale.
Isopensione e Ape, pur nella loro diversità, sono tuttavia accomunate da una affinità di fondo: il presupposto che il welfare non sia più un appannaggio esclusivo dello Stato, ma che richieda un intervento diretto da parte delle aziende e degli stessi cittadini.Antonello Orlando – Il sole 24 Ore – 14 aprile 2018