L’appuntamento, per il tavolo tecnico Governo-sindacati, è per questa mattina, alle ore 12, da considerarare un confronto preliminare in vista del decisivo incontro “politico”, fissato per il lunedì successivo, 13 novembre. All’ordine del giorno, le possibili deroghe e i ritocchi auspicati sia delle parti sociali che da alcuni partiti (con il Pd in prima fila) al meccanismo automatico di adeguamento dell’età pensionabile a 67 anni all’aumento della speranza di vita che scatterà nel 2019. Due round, quindi, per confrontarsi sui possibili margini di manovra per scongiurare quei cinque mesi in piu’ (oggi l’età pensionabile è fissata a 66 e 7 mesi) che confermerebbe l’Italia come il paese Ue dove si va in pensione più tardi.
Governo studia ritocchi per lavori usuranti e gravosi
Nonostante le recenti aperture del Governo, la riunione di domani si preannuncia in salita. Nei giorni scorsi il premier Paolo Gentiloni e il titolare dell’Economia Padoan hanno infatti ribadito che «il principio di adeguamento dell’età resta confermato», delimitando la possibile area di intervento ad alcune correzioni. In particolare, Palazzo Chigi intende valutare la possibilità di bloccare lo scatto a 67 anni almeno per la platea dei cosiddetti lavori «gravosi» e per la categoria dei lavori «usuranti». Questa a platea potrebbe poi allargarsi e arrivare ad includere alcune categorie particolari, come ad esempio le donne con figli. Il governo però è in attesa di vedere quali emendamenti alla manovra il Parlamento presenterà. Considerando che le risorse sono limitate, Palazzo Chigi vuole insomma capire quanto costerà estendere eventualmente la platea. Il termine ultimo per i gruppi per presentare le proposte di modifica alla manovra è il 10 novembre.
Sindacati: rivedere meccanismo di calcolo dell’aspettativa di vita
Alla riunione, i sindacati puntano invece a mettere in discussione l’intero meccanismo di calcolo dell’aspettativa di vita che, aumentando (come ha certificato l’Istat appena qualche giorno fa), fa aumentare anche l’età pensionabile, ma se diminuisce non è previsto che l’età pensionabile si abbassi. Quindi chiederanno che in caso di abbassamento di aspettativa di vita, si abbassi anche l’età pensionabile. Inoltre i rappresentanti dei lavoratori vorrebbero che l’aspettativa di vita sia calcolata settore per settore, e che questo avvenga ogni anno e non solo ogni tre anni come adesso. Dal 2019 la legge prevede che si passi a due.
La posizione dei sindacati
«Per noi l’obiettivo ideale sarebbe un sistema pensionistico flessibile e volontario nel quale, a una certa età, se qualcuno non ce la fa più può mollare se invece è in buona salute, contento del suo lavoro può continuare», spiega alla vigilia il segretario confederale Domenico Proietti che domani rappresenterà la Uil. La leader della Cgil, Susanna Camusso, non nasconde il suo pessimismo sul confronto che non parte «sotto gli auspici migliori» perché «la stessa convocazione del tavolo tecnico si è dimenticata un po’ di cose». Ossia «si è dimenticata che i temi da affrontare non sono esclusivamente quelli dell’aspettativa di vita ma per noi è altrettanto rilevante affrontare il tema della pensione per i giovani e delle prospettive. C’è un tema che riguarda la donne e il lavoro di cura», sottolinea Camusso.
Pensioni, l’età di uscita sarà sempre più mobile
Età della pensione variabile, anche in saliscendi? È una prospettiva non più tanto astratta, mentre governo e sindacati iniziano a discutere le modifiche alla regola per cui l’andamento dell’aspettativa di vita determina i cambiamenti (per ora solo in aumento) dei requisiti previdenziali. Il confronto tecnico tra le parti – sul meccanismo di adeguamento e sulle possibili categorie di lavoratori esentate – inizia oggi ma si presenta non facile perché l’esecutivo cercherà naturalmente di minimizzare l’impatto finanziario. Il punto di partenza è la comunicazione con cui due settimane fa l’Istat ha confermato il forte recupero della speranza di vita tra il 2013 e il 2016, che comporta un aumento di cinque mesi di tutti i requisiti e in particolare il passaggio dell’età della vecchiaia a 67 anni dal 2019. Il miglioramento dello scorso anno segue (e compensa) un 2015 in cui le cose erano andate sorprendentemente in modo diverso, con un calo delle prospettive di sopravvivenza.
MESE ANOMALO A questo punto ci si potrebbe domandare cosa succederà in futuro: la prossima verifica prevista dalle legge riguarderà i due anni che vanno dal 2016 al 2018, ma tra i ritocchi di cui si ragiona in queste ore c’è anche l’ipotesi di un aggiornamento più puntuale, con cadenza annuale. Ovviamente è ancora presto per conoscere il dato del 2017, ma se si guarda alla mortalità (elemento-base del calcolo) i primi sei mesi dell’anno evidenziano un vistosissimo aumento: 28 mila decessi in più rispetto al 2016, di cui 20 mila concentrati a gennaio, che quindi rappresenta un picco anomalo. Questa tendenza, sulle cui cause dovranno eventualmente pronunciarsi gli esperti di demografia ed epidemiologia, potrebbe essere in tutto o in parte riassorbita nella seconda metà dell’anno. Ma alla fine non è escluso che il 2017 faccia registrare una nuova battuta d’arresto dell’aspettativa di vita, che insieme all’andamento dell’anno successivo avrebbe effetto sui requisiti pensionistici in vigore dal 2021. E qui interviene un altro elemento di complicazione, perché la riforma Fornero, nel fissare il meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita già introdotto dal governo Berlusconi, aveva aggiunto una ulteriore clausola, fortemente voluta dalle autorità europee nel momento di massima debolezza finanziaria del Paese: in ogni caso al di là delle tendenze demografiche l’età della pensione di vecchiaia dovrà passare a 67 anni proprio per il 2021. Quindi, se come pare probabile questo gradino verrà confermato nel 2019 in base ai dati Istat, due anni dopo non sarà comunque possibile tornare indietro. A meno naturalmente di cancellare questa specifica norma, il che è però politicamente impegnativo.
I PIANI DELLE AZIENDE Insomma la trattativa tra governo e sindacati, che ha tempi strettissimi, dovrà eventualmente intervenire su un materia complessa e in movimento. Un aggiornamento annuale dei requisiti avrebbe il vantaggio di fotografare in modo più esatto le tendenze demografiche, ma introdurrebbe anche un elemento di maggiore incertezza; ad esempio per le aziende che spesso programmano le uscite concordate dei dipendenti guardando alle scadenze previdenziali dei due-tre anni successivi.
Il Sole 24 Ore e il Messaggero – 6 novembre 2017