A ventiquattr’ore dal nuovo round governo-sindacati si definisce il perimetro dei “bonus” per i pensionati. A disposizione ci sarà complessivamente un miliardo così suddiviso: 260 milioni per l’allineamento della “no tax area” a quella dei lavoratori dipendenti e 700 milioni per le 14esime.
Con un’ulteriore ripartizione di quest’ultima cifra: il 30% servirà per aumentare l’assegno extra già percepito in luglio da 2,1 milioni di pensionati che arrivano a 750 euro (1,5 volte il minimo) mentre il restante 70% andrà a coprire l’estensione dell’assegno a circa 1,2 milioni di pensionati che ricevono un trattamento standard compreso tra i 750 e i mille euro (due volte il minimo). E si affina anche il meccanismo per riconoscere un ritiro anticipato ai lavoratori precoci, anche se le ipotesi in campo restano diverse.
Secondo le ultime indiscrezioni trapelate da fonti tecniche verrebbe riconosciuto un bonus contributivo ai lavoratori che hanno iniziato a versare contributi prima dei 16 anni. È ancora incerto il paletto minimo sui mesi necessari per essere riconosciuti (forse almeno 3 mesi) come beneficiari di questo bonus che consentirebbe di raggiungere i 41 anni e 10 mesi di contribuzione totale dal 2017, in modo tale da garantire l’anticipo con un anno di sconto sugli altri lavoratori. La dote per questa misura oscillerebbe attorno ai 600 milioni di euro per il primo anno e garantirebbe un flusso di uscite tra i 25 e i 30mila lavoratori l’anno.
Quello dei precoci resta uno degli ultimi nodi da sciogliere in un confronto tra governo e sindacati ormai giunto alle battute finali e sul quale, al netto delle cautele della Cgil, un’intesa quantomeno di massima sembrerebbe a portata di mano. Non sono da escludere ulteriori momenti di confronto dopo il tavolo di domani, anche alla luce del nuovo quadro programmatico che conterrà la Nota di aggiornamento del Def. E in questa prospettiva vale segnalare che componenti come la Uil e la Cisl vedrebbero di buon grado un’intesa sottoscritta come un vero e proprio protocollo in modo da “blindare” i contenuti dal rischio di modifiche parlamentari.
In via di chiusura sono altri due capitoli del “pacchetto previdenza”, che continua ad avere come misura-madre l’Ape. Il primo riguarda la semplificazione delle regole per l’anticipo dei lavoratori impegnati in attività usuranti: verrebbe eliminato l’obbligo che prevede che anche l’ultimo anno di lavoro prima della pensione sia “usurante” e si starebbe valutando il passaggio dal regime attuale (7 anni su 10 in attività faticose per essere riconosciuti) a una partizione della vita lavorativa in due periodi minimi: 50% usurante e 50% non usurante. Anche in questo caso senza l’obbligo che anche l’ultimo anno sia “faticoso”. Il secondo capitolo riguarda invece la possibilità di cumulo gratuito di periodi contributivi effettuati su gestioni diverse. In questo caso la conferma è sul fatto che la gratuità vale per raggiungere sia i requisiti di anzianità sia quelli di vecchiaia e viene cancellato il divieto di ricongiunzione a chi ha superato i 20 anni di versamenti in una sola gestione. Ognuna delle due e misure attiverebbero circa 100 milioni di maggiore spesa l’anno, con la seconda destinata a crescere di più negli anni a venire.
Davide Colombo e Marco Rogari – Il Sole 24 Ore – 20 settembre 2016