Dal 2018 non dovrebbe più essere possibile andare in pensione anticipata rispetto all’età di vecchiaia.
È quanto ha detto il ministro del Welfare Elsa Fornero in una audizione alla Camera spiegando che entro quella data dovrebbe concludersi la transizione: una «soluzione piuttosto drastica», ma necessaria e con un ha un «respiro di lungo termine» in modo che gli italiani non ne debbano avere altre nei prossimi anni. Fornero ha sottolineato anche come il blocco della rivalutazione delle pensioni in essere superiori a due volte il minimo rispetto all’inflazione per i prossimi due anni sia una medicina «amara» ma come questo sia «il riflesso della difficoltà finanziaria». «Dobbiamo allungare la vita lavorativa e alzare l’età media di pensionamento», ha aggiunto ricordando che i dati sulle anzianità «mostrano una media di 58,3 mesi. Ci sono ancora persone che vanno in pensione a 57 e forse a 56 anni».
L’uscita anticipata delle donne rispetto agli uomini era solo il «contentino» dato da un sistema al mondo femminile per compensare «disparità inflitte in precedenza». Così il ministro ha sintetizzato la filosofia alla base della riforma delle pensioni e sopratutto la parte dedicata alle donne che andranno dal 2012 in pensione a 62 anni, per convergere con i 66 anni degli uomini nel 2018. «Per l’aumento dell’età di pensionamento delle donne mi sono ispirata all’uniformità di trattamento. Sono il ministro delle pari opportunità e sono molto meno tenera verso un assetto sociale che scoraggia, segmenta e poi dà alle donne il contentino», ha spiegato.
La riforma della previdenza, in ogni caso, è stata la parte «più facile» del lavoro mentre quella più difficile sarà la riforma del mercato del lavoro. Per essere «più flessibile – ha spiegato- ha bisogno di ammortizzatori sociali. E questo richiede risorse. Dobbiamo puntare alla crescita».
Intanto, questa mattina, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha emanato la manovra approvata domenica scorsa dal Consiglio dei ministri. Il capo dello Stato ha firmato, infatti, il decreto legge che contiene disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici.
«I due capigruppo avviino subito un tavolo di lavoro sulla legge elettorale che valuti anche eventuali proposte di modifica della legge attuale». Lo ha detto, secondo quanto viene riferito, Silvio Berlusconi durante l’Ufficio di presidenza del Pdl.
Dal canto suo il segretario del Pdl Angelino Alfano ha fatto sapere che il compito del Pdl «è complesso e difficile, ma non è certo più facile di quello del Pd, sebbene loro abbiano vissuto, specialmente per i primi giorni, sui festeggiamenti della caduta del governo Berlusconi». Per Alfano il partito ha beneficiato – secondo quanto viene riferito – almeno nelle prime tre settimane, dello stagliarsi fulgido dell’imbecillità del Pd, che sosteneva che i livelli alti dello spread dipendessero dalla permanenza di Berlusconi a Palazzo Chigi.
Lastampa.it – 6 dicembre 2011