Almeno 75mila uscite anticipate dal lavoro nel primo anno di attuazione del pacchetto previdenza. È questo uno degli effetti delle nuove misure contenute nella legge di Bilancio, attesa alla Camera la prossima settimana.
Ma a beneficiare delle nuove misure non sarà solo chi potrà uscire prima dal mercato del lavoro. Per 3,4 milioni di pensionati, infatti, sono in arrivo il rafforzamento delle 14esime (3,3 milioni in tutto) e l’estensione della “no tax area” per circa 100mila soggetti rimasti esclusi dall’operazione partita con la Stabilità 2016.
Vediamo prima i benefici per i pensionati che, così come quelli per i pensionandi, scaturiscono dagli interventi messi a punto dal Governo sulla base del verbale d’intesa siglato con i sindacati il 28 settembre scorso. La “no tax area” che si ferma oggi a 7.800 euro annui verrà estesa a 8.125 euro, allineandosi a quella prevista per i lavoratori dipendenti. La manovra include 100mila pensionati in più che potranno godere dell’esclusione fiscale. Ma gli effetti potrebbero distribuirsi su una platea più ampia poiché, secondo quanto risulta, verrà ritoccata l’intera curva delle detrazioni fiscali che si chiude a 55mila euro.
A questa platea si aggiunge quella assai più ampia dei pensionati con 14esima. Partiamo dai 2,1 milioni di pensionati con più di 64 anni e un assegno fino a 1,5 volte il minimo (750 euro) che in luglio già incassano la 14esima. L’assegno passerà da 336 a 437 euro per chi ha fino a 15 anni di contributi, da 420 a 546 euro per chi ha fino 25 anni di contributi e da 504 e 655 euro per chi ha più di 25 anni di versamenti effettuati. Ecco invece come sarà l’assegno nuovo per i circa 1,2 milioni di pensionati (sempre over 64) che finora non l’avevano. Per chi ha fino a 15 anni di contribuzione l’assegno è di 336 euro, per chi ha fino a 25 anni di contributi si arriva a 420 euro e coloro che hanno più di 25 anni di contributi avranno un assegno di 504 euro. Secondo i dati del Casellario pensionati dell’Inps, alla prima platea appartengono circa 261mila persone, alla seconda 477mila e alla terza 412mila, per un totale appunto di quasi 1,2 milioni di pensionati.
Passiamo ora ai numeri dei “pensionandi” del 2017. I lavoratori impegnati in attività usuranti che potranno uscire in anticipo dovrebbero essere tra i 3mila e i 5mila l’anno. Il miglior flusso di pensionamenti per queste categorie è garantito dalla cancellazione dell’obbligo che anche l’ultimo anno di lavoro sia “usurante” per coloro che già ne hanno sostenuti 7 negli 10 o che hanno svolto attività “dure” per il 50% dell’intera vita lavorativa.
Il flusso delle uscite anticipate assorbirà anche i nuovi pensionamenti resi possibili dai cumuli gratuiti di tutti i contributi previdenziali non coincidenti maturati in gestioni pensionistiche diverse. Saranno circa 100mila lavoratori nei prossimi dieci anni. Secondo stime tecniche, si partirebbe con 7-8mila pensionamenti via cumulo nel 2017 per poi salire a 15-16mila nel 2018 e 25-26mila nel 2019 e arrivare a circa 100mila uscite entro il 2026.
L’altra categoria di nuovi pensionati del 2017 sarà formata dai “precoci”. Come è noto potranno uscire con 41 anni di contribuzione i lavoratori che hanno 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni e viene cancellata in via strutturale la penalizzazione prevista per chi va in pensione prima dei 62 anni. Queste norme aprono la strada per l’assegno Inps a circa 25mila persone l’anno. Una truppa di nuovi pensionati a cui si accoderanno i 35mila dell’Ape social, i quali in effetti pensionati ancora non sono poiché beneficeranno di un prestito-ponte (prestazione di natura assistenziale) che li coprirà fino a 3,7 anni prima del pensionamento vero e proprio. Pensionandi a tutti gli effetti, insieme ai beneficiari dell’Ape social, saranno anche coloro i quali sceglieranno l’Ape volontaria e l’Ape d’impresa. Tra l’altro le norme sull’Ape dovranno raccordarsi con quelle sul part-time agevolato, operativo dallo scorso giugno (visto che i requisiti di accesso sono identici) e quelle sull’iso-pensione Inps, pagata ai lavoratori cui mancano non più di 4 anni per la pensione e che escono in anticipo sulla base di accordi aziendali (articolo 4 della legge 92/2012).
A tutte queste nuove uscite bisogna aggiungere, cautelativamente, un potenziale di altri 25mila soggetti che potrebbero godere dell’ottava salvaguardia-esodati di cui si parla in queste settimane e che potrebbe confluire in manovra. Più un’eventuale, ennesima platea aggiuntiva legata alla possibile proroga dell’«opzione donna», ovvero la possibilità estesa l’anno scorso (legge 208/2015) di andare in pensione anticipata (con 35 anni di contributi e 57 e 3 mesi di età per le dipendenti, un anno in più per le autonome) alle donne che hanno maturato tali requisiti entro la fine del 2015. Siccome dall’estensione sono rimaste escluse le lavoratrici nate nell’ultimo trimestre degli anni 1957 o 1958, potrebbe arrivare per loro un allungamento dei termini a fronte dei risparmi effettuati rispetto alle previsioni di spesa per l’anno in corso.
Il Sole 24 Ore – 23 ottobre 2016