Lorenzo Salvia. Il governo sembra deciso a non rinviare a dopo il voto la decisione sull’innalzamento dell’età della pensione a 67 anni, cinque mesi in più rispetto ad ora, che dovrebbe scattare nel 2019. Resta l’obiettivo di attutire il colpo, a pochi mesi dalle elezioni di primavera. Seguendo però un’altra strada, più difficile da «vendere» in campagna elettorale ma anche più praticabile. Il piano B prevede un intervento chirurgico che dovrebbe bloccare l’aumento dell’età non per tutti ma solo per i lavoratori che svolgono le cosiddette attività gravose. Sono undici categorie in tutto: maestre di asilo nido e di scuola materna, infermieri che fanno i turni di notte, macchinisti, camionisti, gruisti, muratori, facchini, badanti di persone non autosufficienti, oltre agli addetti alle pulizie, alla raccolta dei rifiuti e alla concia delle pelli.
È il primo risultato della lettera con la quale la commissione europea ha chiesto chiarimenti al governo italiano sulla manovra, il disegno di legge di Bilancio che da lunedì sarà all’esame del Parlamento. Bruxelles ci contesta una «deviazione significativa», che nel gergo Ue sta per buco nei conti pubblici, da 1,7 miliardi di euro. Il governo italiano è convinto che il buco non ci sia e che alla fine la commissione rimetterà il cartellino giallo nel taschino. Ma meglio non complicare le cose. È vero che l’aumento dell’età pensionabile scatterebbe nel 2019 e quindi, in teoria, ci sarebbe ancora l’anno prossimo per decidere cosa fare. Ma è vero anche che nella manovra in arrivo in Parlamento, e già esaminata in bozza a Bruxelles, gli effetti della pensione a 67 anni sono già previsti per il 2019 e il 2020. Cosa vuol dire? Il disegno di legge di Bilancio traccia il percorso non solo per il 2018 ma per i prossimi tre anni. Non prendere una decisione entro dicembre significherebbe dover accantonare il costo per le casse pubbliche del mancato aumento dell’età pensionabile, circa 2,5 miliardi di euro tra il 2019 e il 2020. Non poco, specie ora che Bruxelles già ci contesta un altro buco. Cosa fare?
L’idea originaria era quella di misurare la speranza di vita a 65 anni non come media nazionale ma per i singoli mestieri. I tempi, però, non consentono un lavoro così approfondito. E per questo si dovrebbe utilizzare uno schema già pronto, con le 11 categorie dei lavori gravosi già utilizzate per l’Ape social, l’anticipo pensionistico che consente di lasciare il lavoro prima del previsto. Anche in questo caso sarebbe necessario correggere in corsa la manovra, perché bloccare l’aumento della pensione non per tutti ma solo per alcune categorie ha pur sempre un costo. Ma basterebbero meno di 100 milioni di euro. Una somma che può essere recuperata tra le pieghe del bilancio senza troppi problemi.
Il decreto del ministero del Lavoro che adegua automaticamente l’età della pensione alla speranza di vita calcolata a 65 anni va emenato per legge entro la fine dell’anno. Le tabelle appena pubblicate dall’Istat dicono che, tra il 2013 e il 2016, la speranza di vita è aumentata di cinque mesi. Per questo il decreto del ministero dovrebbe far salire proprio di cinque mesi l’età della pensione. Nelle settimane scorse il governo sembrava deciso a rimandare la scelta a dopo le elezioni, per evitare ricadute sul voto di primavera.
In realtà il segretario del Pd Matteo Renzi continua a premere per far slittare la scelta a dopo il voto. Anche il presidente del consiglio Paolo Gentiloni è convinto della necessità di un segnale. Ma, specie dopo la rottura sulla nomina del governatore della Banca d’Italia e l’assenza dei ministri renziani nella seduta del consiglio dei ministri che ha confermato Ignazio Visco, sembra deciso a prendere la strada del piano B. Quasi un effetto collaterale.
IL Corriere della Sera – 30 ottobre 2017