L’Ape volontaria, ovvero il reddito-ponte con finanziamento bancario assicurato e rimborso spalmato nei primi 20 anni di pensionamento, avrà un costo complessivo netto non superiore al 6% l’anno, per rimanere entro un tetto cumulato del 20% nel caso di opzione massima di anticipo fino a 3 anni e sette mesi al netto, appunto, dei regimi fiscali di agevolazione.
L’asticella sulla cosiddetta Ape di mercato, quella cui potranno accedere lavoratori dipendenti e autonomi, del settore privato e pubblico con 20 anni di contributi e nati tra il 1951 e il 1953, è stata fissata a questo livello dopo un’analisi sull’appetibilità dello strumento. Oltre un certo onere, temono i tecnici che lavorano al dossier, aderirebbero in pochi. Dunque bene porre un limite anche se, com’è stato anticipato, il lavoratore può scegliere un reddito-ponte pari a una frazione della sua pensione futura, senza però scendere sotto un altro vincolo fissato in 800 euro al mese.
Su queste ultime novità, e su diverse altre che saranno rese note solo a confronto aperto, si incontreranno oggi Tommaso Nannicini e Giuliano Poletti con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Dal tavolo dovrebbe uscire un verbale sindacale anche se non sono da escludere incontri successivi prima del varo del disegno di legge di Bilancio 2017-2020, previsto entro il 20 ottobre. Sull’Ape le ultime curiosità ancora da sciogliere riguardano la platea finale dei soggetti meritevoli dell’accesso alla versione “social”, che sarà a costo zero fino a un massimo di pensione lorda prevista di 1.500 euro, con la quota eccedente utilizzabile come base di calcolo per parziale concorso al rimborso. Mentre per l’Ape aziendale, attivabile sulla base di intese negoziali in casi di crisi o ristrutturazioni, si dovrà capire quanta parte del contributo dello 0,30% oggi destinato alla mobilità (che scompare nel 2017) potrà essere utilizzato dalle imprese per finanziare questo prestito-ponte assicurato e in che forma.
Sugli altri canali di flessibilità in uscita sono attese conferme per quel che riguarda la gratuità dei cumuli dei versamenti su gestioni diverse senza vincoli minimi e per l’accesso anche all’anticipo e non solo alla vecchiaia. Così come ci si aspetta una conferma delle semplificazioni per l’uscita anticipata degli usuranti, con la cancellazione del vincolo attuale che prevede che anche l’ultimo anno di impiego prima del ritiro avvenga in attività logoranti o ad elevato rischio. Il nodo da sciogliere resta sui cosiddetti quarantunisti, vale a dire i precoci con versamenti precedenti ai 16 anni di età ai quali verranno riconosciuti bonus contributivi per l’anticipo con un anno in meno degli altri lavoratori dipendenti (41,10 mesi anziché 42,10). Alla dimensione di questa platea e al conseguente flusso di uscite sono legati costi che si stanno ancora soppesando, nel quadro di un “pacchetto previdenza” complessivo da inserire nella prossima manovra che si fermerà a 1,5 miliardi, secondo quanto riferivano ieri fonti di maggioranza. Valore che, il giorno dopo il varo della Nota di aggiornamento del Def, dovrebbe essere ufficializzato dalla delegazione governativa.
Per chi è già in pensione conferme per le 14esime le ha date due giorni fa lo stesso premier: ci sarebbe un aumento per quelle in essere (sono circa 2,1 milioni di percettori con assegno fino a 750 euro) e ne verranno riconosciute di nuove a che ha una pensione tra il 750 e i mille euro con una base contributiva minima. Settecento i milioni messi sul tavolo (sempre che la cifra venga confermata oggi): il 30% andrà a rafforzare le quattordicesime attuali e il 70% alle nuove. Infine il previsto allineamento della “no tax area” a quella dei lavoratori dipendenti, alzando il tetto per tutti i pensionati a 8.124 euro contro quello di 7.750 euro l’anno riconosciuto sotto 75 anni. Il costo previsto è di 260 milioni. (Davide Colombo e Marco Rogari – Il Sole 24 Ore)
Meno soldi per le pensioni: da due a 1,5 miliardi il primo anno. Oggi l’incontro decisivo con i sindacati. Ancora da definire la platea di chi potrà anticipare l’uscita dal lavoro senza costi
Un miliardo e mezzo quest’anno. Due miliardi il prossimo. Palazzo Chigi nega il taglio secco di risorse destinate al pacchetto pensioni. Ma le indiscrezioni, alla vigilia dell’incontro di oggi con i sindacati, in effetti concordano su un visibile dimagrimento dei denari a disposizione per il 2017. «Succede solo il primo anno, perché l’Ape viene coperta dalle banche», spiegano fonti del governo. Dal secondo anno, le coperture tornano integrali. E dunque due miliardi tondi. Uno per i pensionandi, così da agevolarne la flessibilità in uscita con l’Anticipo pensionistico, tre anni e sette mesi prima dei requisiti di legge per la quiescenza. Oltre a interventi per il ricongiungimento gratuito dei contributi versati a gestioni diverse e per chi svolge lavori usuranti o ha iniziato prima dei 16 anni. E un altro miliardo per i pensionati, utili a raddoppiare le quattordicesime, come annunciato dal premier Renzi. E forse ad alzare la no tax area, l’esenzione dalle tasse dei pensionati, al livello dei lavoratori dipendenti.
Se così sarà, lo sapremo oggi. I sindacati chiedono cifre e simulazioni. Vogliono capire il perimetro dell’Ape sociale, che scongiuri il flop dell’operazione. E cioè a quanti lavoratori sarà possibile anticipare gratis la pensione, senza poi vedersi tagliare l’assegno futuro di un quarto per vent’anni. L’asticella dovrebbe collocarsi sui 1.500 euro lordi, 1.200 euro netti di pensione mensile (contestata dai sindacati che chiedono almeno 1.600 euro lordi). Chi è sotto, disoccupato, disabile o svolge una mansione ad alto rischio può contare sulle detrazioni a copertura totale della futura rata. E così andare in pensione prima, senza poi subire decurtazioni. Per tutti gli altri si profila un’operazione costosa. Meno per i lavoratori coinvolti in ristrutturazioni aziendali, laddove le imprese possono decidere con le parti la copertura della pre-pensione. Di più, anche molto, per la nonna che vuole godersi il nipotino, icona del pensionato flessibile volontario.
L’aumento delle quattordicesime, illustrato in tv dal premier con “il patto della lavagna”, è scontato. Renzi dice che chi oggi prende 40 euro al mese ne prenderà 80, in un’unica soluzione (dunque 960 euro all’anno). Un raddoppio secco che premia non le pensioni minime – come erroneamente ripete Renzi – ma basse, cioè quanti incassano 1.000 euro al mese (il limite oggi è 750 euro, una volta e mezzo il trattamento minimo). Un milione in più di pensionati. Per un totale di 4 milioni di quattordicesime, se tutto verrà confermato oggi.
Il calo delle risorse varrebbe solo per il primo anno per effetto dell’avvio dell’Ape Certo il raddoppio della “quattordicesima” agli assegni più bassi (Repubblica)
Pensioni. Uscita anticipata, verso uno sconto del 6% l’anno L’incognita delle risorse che è rimasta irrisolta
Non sarà raddoppiata ma aumentata del 30% la quattordicesima, l’assegno in più fino a 500 euro che viene incassato a luglio da due milioni di pensionati a basso reddito. Lunedì sera, in televisione, Matteo Renzi aveva parlato di possibile raddoppio. Ma costerebbe troppo, quasi 800 milioni di euro. Non è possibile. Mentre viene confermata l’estensione della stessa quattordicesima a un altro milione di persone, alzando da 750 a 1000 euro lordi al mese la soglia massima di reddito che dà diritto al bonus.
Il pacchetto sulla previdenza da inserire nella legge di Bilancio verrà definito oggi nell’incontro tra governo e sindacati. Ma il sentiero si fa stretto, visto che le risorse a disposizione per l’anno prossimo dovrebbero fermarsi a 1,5 miliardi di euro, contro gli 1,7 messi in preventivo fino a pochi giorni fa. Rischia di saltare l’intervento per consentire il pensionamento anticipato ai precoci, le persone che hanno cominciato a lavorare prima dei 18 anni. Anche se i sindacati considerano essenziale questo punto per firmare il documento che sarà sul tavolo oggi. Nel pacchetto dovrebbe entrare di sicuro l’Ape, il meccanismo che consentirà di andare in pensione con tre anni e sette mesi di anticipo rispetto al previsto. Per chi sceglierà questa strada volontariamente l’assegno subirà una riduzione del 6% per ogni anno d’anticipo, compresi gli interessi bancari e l’assicurazione. Nessun taglio, invece, per i disoccupati, i disabili o le persone con disabili a carico. A patto che abbiano un reddito da pensione al di sotto dei 1.500 euro lordi al mese. Confermato l’aumento a 8.124 euro della no tax area, la soglia al di sotto della quale i pensionati non pagano le tasse, che viene così allineata a quella dei lavoratori dipendenti. E anche la ricongiunzione gratuita dei contributi per chi ha cambiato lavoro nel corso della carriera e li ha versati a enti diversi. Previsto un intervento anche per chi ha fatto attività usuranti, con l’eliminazione del taglio dell’assegno dell’1% per ogni anno di uscita anticipata. L’opposizione protesta perché da ottobre, nel calcolo delle pensioni di reversibilità, si terrà conto anche del possesso di titoli di Stato e immobili. Una misura prevista un anno fa. (Lorenzo Salvia- Il Corriere della Sera)
28 settembre 2016