Il Sole 24 Ore lunedì. Requisiti allentati e qualche opzione in più per aumentare l’anzianità contributiva. Può essere riassunta così l’eredità in ambito previdenziale lasciata dal governo uscente che, soprattutto per mano della Lega, ha puntato a smontare il sistema vigente creatosi dopo la riforma Fornero di fine 2011. Tuttavia i correttivi introdotti sono a tempo e, se non prorogati, limiteranno nel breve termine la platea dei beneficiari, mentre gli effetti sui conti pubblici si faranno sentire per un periodo più lungo. Il totale stimato inizialmente dal governo stesso, nell’arco che va dal 2019 al 2028, è di 45 miliardi di euro, ma quello effettivo potrebbe essere minore.
La sorpresa di quota 100
Quota 100 è lo strumento che ha fatto più notizia e che è stato più propagandato a livello politico. Con la possibilità di andare in pensione a fronte di almeno 38 anni di contributi e 62 anni di età, garantisce sulla carta uno sconto fino a 5 anni rispetto alla pensione di vecchiaia e quasi altrettanti rispetto alla pensione anticipata.
In base alle previsioni avrebbero dovuto sfruttare questa opportunità circa 290mila lavoratori quest’anno, 327mila l’anno prossimo e 356 mila nel 2021 quando questa possibilità dovrebbe scomparire. Infatti quota 100 è stata introdotta in via sperimentale per un triennio e, nelle previsioni soprattutto della Lega, dovrebbe essere poi sostituita dalla pensione anticipata ottenibile con 41 anni di contributi a prescindere dall’età.
I numeri relativi ai primi mesi di utilizzo dicono che le adesioni sono inferiori alle attese e il 2019 si dovrebbe concludere con circa 200mila pensionamenti.
Seppur di minor impatto mediatico, ha effetti rilevanti sui conti pubblici il congelamento dell’adeguamento alla variazione della speranza di vita per quanto riguarda la pensione anticipata. Fino al 2026 gli uomini la potranno ottenere con 42 anni e 10 mesi di contributi, mentre alle donne saranno sufficienti 41 anni e 10 mesi. In base alle proiezioni che erano già state elaborate, nel 2026 dovrebbero essere necessari 11 mesi in più.
Ciò comporta un incremento crescente del numero di pensionamenti con relativo appesantimento sui conti.
Il governo gialloverde ha anche ripristinato Opzione donna cioé la possibilità per le lavoratrici di andare in pensione a 57 o 58 anni di età, ma con l’assegno determinato tramite il sistema di calcolo contributivo, che nella maggior parte dei casi comporta una riduzione consistente dell’importo.
Arrivano a scadenza quest’anno l’Ape sociale, quello volontario e quello aziendale. Quindi chi sarà al governo a dicembre dovrà decidere se prorogarli o concludere la sperimentazione.
L’allarme sui conti e sul Pil
Queste misure hanno suscitato le critiche di organismi internazionali, soprattutto le prime due. Secondo il report elaborato in primavera dalla Commissione europea i provvedimenti attuati nel 2019 «aumenteranno considerevolmente la spesa pensionistica nei prossimi anni…la riforma graverà sulle finanze pubbliche anche dopo il 2021» e l’ampliamento dell’accesso alla pensione anticipata potrebbe «incidere negativamente sull’offerta di lavoro, ostacolando così la crescita potenziale». Parere analogo quello dell’Ocse, secondo cui la mini riforma ridurrà l’età effettiva di pensionamento di 3 anni nel 2021, di 1,4 nel 2024 e di 0,8 nel 2032 con un impatto negativo che oscilla tra lo 0,3 e lo 0,4% del Pil rispetto al quadro normativo del 2018.
Le misure di contenimento
Un paio di interventi sono stati fatti invece con l’obiettivo di contenere la spesa previdenziale. Quello sulle pensioni d’oro, cioè di importo oltre i 100mila euro lordi annui, comporta un contributo di solidarietà che riguarda meno di 25mila pensionati e determinerà 755 milioni di euro di risparmi in cinque anni.
Classificato come risparmio, nella relazione tecnica alla legge di bilancio 2019, anche il nuovo sistema di perequazione, cioè di adeguamento degli importi delle pensioni all’inflazione. In realtà l’effetto è calcolato rispetto al meccanismo previsto dalla legge 388 del 2000 che sarebbe dovuto tornare in vigore dopo anni di sospensione. Tuttavia il nuovo meccanismo, anche questo provvisorio, è simile, anzi leggermente più vantaggioso di quello utilizzato tra il 2014 e il 2018.
Matteo Prioschi