La platea dei lavoratori da coinvolgere e l’eventuale contributo delle aziende. Sono due dei nodi che i tecnici del Governo sono chiamati a sciogliere prima di confezionare una proposta definitiva sulla flessibilità-pensioni. Che potrebbe prendere forma con un mix di tre interventi: “prestito” con il coinvolgimento del sistema bancario assicurativo e un ruolo multiplo dell’Inps; riduzione della prestazione percepita per i 2-3 anni di uscita prima del raggiungimento del requisito di vecchiaia sotto forma di mini-assegno a importo fisso o di penalizzazioni del 3-4% per ogni anno di anticipo (magari facendo leva sul metodo contributivo); utilizzo del Tfr come parziale garanzia nei confronti delle banche oppure, almeno in parte, per rafforzare in forma obbligatoria le pensioni integrative.
Si tratta in tutti i casi di interventi per facilitare l’uscita flessibile a lavoratori giunti a pochi anni dai requisiti legali attuali. Ma anche un’opzione che preveda il coinvolgimento del settore finanziario, in linea con lo «sforzo creativo» evocato nei giorni scorsi dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini – che guida anche la cabina di regìa economica di palazzo Chigi incaricata dai valutare le varie opzioni per rendere più flessibile la legge Fornero – comporterebbe un costo per le casse dello Stato in termini di interessi o incentivi da garantire al sistema bancario e di maggiore propensione al pensionamento rispetto a quanto fin qui previsto. Si rimarrebbe lontani da 5-7 miliardi che sarebbero a carico dei conti pubblici con un intervento diretto di flessibilità senza il ricorso agli intermediari finanziari, ma non si tratterebbe comunque di un’operazione a costo zero. Anche per questo motivo, la platea, almeno in una fase iniziale, potrebbe essere ridotta. Con il coinvolgimento dei soli lavoratori che perdono l’impiego a due o tre anni dal raggiungimento della soglia di vecchiaia e di quelli impegnati in mansioni usuranti, per i quali si può contare su una dote finanziaria finora sotto-utilizzata. Questa ipotesi potrebbe prevedere, nei casi di esuberi per crisi aziendali, anche un contributo diretto da parte della aziende (fascia interessata dagli over 55enni in poi).
Bruxelles, che considera la riforma Fornero nella sua attuale fisionomia un importante punto fermo del “dossier Italia”, a chi chiede un commento sulla strategia italiana sul fronte previdenziale fa sapere, attraverso la portavoce dell’esecutivo Ue per gli Affari economici, Annika Breidthardt, che nel pieno del processo per il Semestre europeo la Commissione «è in stretto contatto con le autorità nazionali ad ogni livello e non è nostra abitudine fare commenti su questi argomenti».
Nelle prossime settimane il quadro sarà più chiaro e potranno essere immaginate le scelte da rendere eventualmente operative con la prossima “stabilità”. E un ruolo importante lo giocherà anche la mini-riforma in arrivo della previdenza complementare, con cui il Governo punta a far salire del 10-15% il peso delle “integrative” nella copertura pensionistica (si veda il Sole 24 Ore di ieri) una misura pensata in particolare per le fasce più giovani di lavoratori (a partire dalgi under 30).
L’opzione “prestito” resta comunque quella più gettonata. «Un’opzione meritevole di essere approfondita» e sicuramente migliore «di quelle che puntano a scaricare sul bilancio dello Stato costi ingenti», afferma il viceministro dell’Economia, Enrico Zanetti. Che ribadisce: «Non intendiamo mettere a rischio la stabilità dei conti». Mentre il suo collega Enrico Morando, ha fatto un passo in più sul fronte dellle modalità con cui verrà gestito il nuovo decision making pensionistico: «Quando saremo in condizione e penseremo di avere i dati di base per poter iniziare questa discussione, sicuramente un confronto con le parti sociali si potrà sviluppare, come al solito su un progetto e su una idea del governo. Ovviamente se questa idea prenderà corpo nelle prossime settimane».
La maggioranza, da parte sua, continua il suo pressing. Nel parere favorevole sul Def espresso dalla commissione Lavoro della Camera si invita il Governo a intervenire sul tema flessibilità con la prossima manovra autunnale. Un riferimento considerato importante dal presidente della commissione, Cesare Damiano. Anche Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato, afferma che «la flessibilità dovrà essere costruita utilizzando i due pilastri» con più soluzioni per le persone adulte e evitando «ragioni di conflitto tra diverse categorie di lavoratori e pensionati».
A chiedere chiarezza sono i sindacati «Basta ipotesi in libertà». «Discutiamo se è realizzabile. Quando si parla di prestito si parla di pensioni che valgono 900-1.000 euro al mese, che cosa si presta?», dice Susanna Camusso (Cgil). Secondo Annamaria Furlan (Cisl) la legge Fornero è troppo rigida, «per questo noi chiediamo di cambiarla introducendo flessibilità in uscita che è sempre più necessari». Un concetto ribadito anche da Carmelo Barbagallo (Uil): «Noi continuiamo a ripetere che bisogna fare la flessibilità in uscita senza oneri per coloro che devono andare in pensione».
Davide Colombo e Marco Rogari – Il Sole 24 Ore – 22 aprile 2016