Nessuna corsa a «Quota 100». Che addirittura in termini di appeal rischia di perdere la sua leadership in favore di altre forme di pensionamento anticipato previste dal “decretone” del gennaio scorso. In attesa della verifica sui dati di cassa, l’ultimo monitoraggio Inps lo dimostra in maniera inequivocabile: delle oltre 341mila domande presentate al 10 settembre, ben 165mila riguardano i canali alternativi all’uscita con almeno 62 anni di età e 38 anni di contribuzione. Vai al servizio
Una parte delle maggiori uscite (0,2% l’anno fino al 2036) che, secondo i tecnici del Mef, appesantiranno la curva della spesa, è legata agli altri quattro canali di uscita: anticipi senza adeguamento automatico alla speranza di vita; Opzione donna; Ape sociale; percorso agevolato per i cosiddetti lavoratori precoci. Vale ricordare che le stime della Ragioneria sono di competenza, a legislazione vigente e nelle ipotesi di adesione previste con la Relazione tecnica allegata al decreto di gennaio. Se la cassa sarà più bassa lo vedremo con i primi dati Inps, attesi in settimana.
A fare la parte del leone sono le uscite anticipate svincolate dall’aggancio alla speranza di vita, che è stato congelato fino al 2026: quasi 124mila richieste, di cui oltre 55mila accolte e circa 50mila che risultavano giacenti al 10 settembre. L’utilizzo di questo canale di uscita è in crescita negli ultimi mesi. Basti pensare che al 10 giugno risultavano inoltrate all’Inps circa 81.500 domande , mentre quelle per «Quota 100» erano 145mila, appena 30mila in meno di quelle risultanti al 10 settembre.
Oltre 20mila (15mila a giugno) invece le istanze emerse dall’ultimo monitoraggio per Opzione donna, che è stata reintrodotta per il 2019 per consentire le uscite alle lavoratrici in possesso di 35 anni di contribuzione e 58 anni d’età (59 anni se “autonome”). Una misura considerata “strategica” anche dal Governo Conte-2. Il programma del nuovo esecutivo giallo-rosso ne prevede infatti esplicitamente la proroga.
Anche l’Ape sociale, ovvero l’anticipo pensionistico con 63 anni di età per determinate categorie di lavoratori in difficoltà, potrebbe rientrare negli interventi di restyling previdenziale del nuovo Governo. L’obiettivo, soprattutto del Pd, è renderlo strutturale e di ampliarne la platea, trasformandolo in una misura alternativa (o compensativa) a «Quota 100», anche se il ministro dell’Economia nella sua prima intervista ha affermato che «Quota 100 ha durata triennale e l’orientamento è lasciare che vada a esaurimento». Le domande di Ape sociale arrivate all’Inps sono poco più di 9.300, per questo strumento con finestra unica fissata al 31 marzo scorso. Analoga la situazione per le uscite agevolate dei lavoratori “precoci”: 11.500 le richieste riscontrate dall’ultimo monitoraggio, in questo caso le scadenze entro le quali si può presentare domanda di pensionamento sono il 1° marzo e il 30 novembre.
Tornando a «Quota 100» i trattamenti concessi dall’Inps a fine agosto risultavano 106mila (82.391 uomini, 24.433 donne), con un’età media alla data di decorrenza a 64 anni e un anticipo medio di 24 mesi sul pensionamento ordinario. Nonostante la «penalizzazione» dovuta all’anticipo si tratta comunque di assegni pesanti: circa 2mila euro lordi per gli uomini e 1.800 per le donne. Sempre a fine agosto i pensionamenti riconosciuti con anticipo a 42 anni e 10 mesi di contributi (41+10 per le donne) erano poco più di 50mila, età media 62 anni e assegno attorno ai 2.230 euro per gli uomini e 2mila euro per le donne. Più leggero il primo assegno Inps incassato ad agosto per le 11.900 lavoratrici che hanno scelto Opzione donna: circa mille euro, ma in questo caso l’anticipo è fino a 52 mesi e l’età media delle interessate solo 59 anni.
Il Sole 24 Ore
Davide Colombo e Marco Rogari