Partito con undici mesi di ritardo, l’Ape volontario ora inciampa su complessità, onerosità e scadenze risicatissime. Entro oggi quanti hanno bisogno del prestito per anticipare la pensione fino a 3 anni e 7 mesi, da restituire poi in vent’anni — e i cui requisiti sono stati accertati dall’Inps — devono inviare la domanda online. Altrimenti decadono dal diritto ad avere gli arretrati dal primo maggio 2017, da quando cioè questo tipo di Ape doveva partire. Ma possono comunque chiedere l’Ape, senza arretrati, da qui in avanti, visto che la misura è sperimentale ma operativa fino a tutto il 2019.
Solo un quinto — 1.242 mila “apisti” su quasi 6 mila — è sin qui riuscito a fare richiesta. Come mai? Almeno per due motivi. Il primo, tecnico. La finestra temporale per inoltrare le domande si è rivelata un imbuto: dal 13 al 18 aprile, con un fine settimana di mezzo. Ritardo dovuto ai tempi delle banche per adeguare i sistemi informatici, spiega l’Inps. Alla fine, solo Intesa Sanpaolo ha aderito. Ma dovrebbe aggiungersi anche Unicredit. Mentre per le assicurazioni ci sono Allianz e Unipol, una scelta che spetta a chi richiede il prestito. Il 18 aprile è tra l’altro una data blindata che l’Inps non può cambiare perché decisa in ottobre da un decreto del presidente del Consiglio.
Ma c’è anche un altro motivo. I richiedenti interessati anche agli arretrati si sono precipitati nei patronati per essere guidati nelle procedure, tutt’altro che semplici (ad esempio, devono andare alle Poste e dotarsi di Spid di secondo livello e poi tornare in patronato per la fase finale dell’invio). E alcuni vista la complessità dell’operazione, assai simile all’erogazione di un mutuo, ma anche sorpresi dai costi nero su bianco, hanno rinunciato. « Una signora di Forlì, dopo aver visto 15 allegati e 100 pagine stampate dei vari contratti, tra algoritmi e piani di ammortamento, ha preferito fermarsi », racconta Morena Piccinini, presidente dell’Inca Cgil. «Voleva più tempo per ragionarci su, ma ormai siamo in scadenza. E poi era disorientata perché nella certificazione dei requisiti dell’Inps non c’è l’importo futuro netto della sua pensione da cui detrarre la rata. Ma solo un minimo e massimo di Ape da richiedere. Abbiamo dovuto calcolare noi le informazioni mancanti».
Flavia di Roma ha chiesto 400 euro al mese per 27 mesi. Riceve un prestito da 15.200 euro e si indebita per 28.201 (a un tasso Taeg del 6,127%). In realtà, la sua rata è di 91 euro al mese anziché 117 euro per 240 mesi, grazie allo sconto: lo Stato paga metà interessi e assicurazione in caso di morte. Alla fine Flavia restituisce quasi 22 mila euro. Franco di Milano ha chiesto mille euro al mese di anticipo per 31 mesi. Prende 43 mila euro e si indebita per 80.595 euro lordi, ma in realtà ne ridà 62.263, con una rata netta di 259 euro al mese per vent’anni.
Tanto o poco? Dipende dalle necessità. « Le domande ci sono, la gente ha bisogno di flessibilità », conferma Gigi Petteni, presidente del patronato Cisl- Inas. « Ma intanto sarebbe opportuno prorogare la scadenza di oggi: il peso dei ritardi non deve ricadere sui diritti delle persone. E poi invito a ragionare anche su altre strade, meno onerose di questa». Per quanto riguarda il contratto bancario che l’” apista” sottoscrive, c’è anche la clausola per cui l’Ape decade se non si paga una rata superiore a 200 euro e non si rientra del debito in 180 giorni. La banca può rivalersi sui beni di proprietà. Un caso teorico, visto che la rata è detratta a monte dalla pensione. E i casi di revoca della pensione sono davvero rari. Neanche il carcere, se non il 41 bis, quello duro per i reati di mafia.
Repubblica – 18 aprile 2018