Il Sole 24 Ore. Le novità contenute nell’articolo 33 del Ddl Bilancio 2024 potrebbero comportare un’uscita di massa, da parte di quei lavoratori del settore pubblico che possono già vantare un diritto a pensione acquisito ad altro titolo, al fine di mettere al riparo l’assegno pensionistico. Questo perché la manovra stabilisce la revisione, dal 1° gennaio 2024, dei coefficienti utilizzati per il calcolo delle quote retributive, che saranno rivisti con un notevole ribasso, soprattutto a fronte di anzianità minime al 31 dicembre 1992 (si veda la tabella in pagina). SCARICA Tabelle coefficienti Gli effetti delle nuove regole sugli assegni – gli esempi
I coefficienti previsti dalla legge 965/1965, utilizzati attualmente per il calcolo delle pensioni con decorrenza entro il 31 dicembre 2023, prevedono valori non lineari rispetto ad anzianità superiori, garantendo già un 23,913% di rendimento dell’ultimo stipendio fisso e continuativo alla cessazione del rapporto di lavoro, a fronte di un solo mese di anzianità di contribuzione accreditato al 31 dicembre 1992 presso una delle gestioni amministrate dagli ex Istituti di previdenza. Ciò significa che 1.000 euro di retribuzione determinano una quota di pensione pari a 239,13 euro.
I coefficienti trovano applicazione per anzianità fino al 31 dicembre 1994, sempreché risulti accreditato almeno un contributo al 31 dicembre 1992. Il nuovo criterio garantisce uno sviluppo graduale e proporzionato rispetto all’incremento dell’anzianità utile, calcolato come prodotto fra la percentuale su base annua del 2,50% e il numero di anni posseduti fino all’anzianità di 15 anni, ove il nuovo coefficiente si riallinea a quello previsto dalla legge 965/1965. Per le frazioni di anno, il calcolo è proporzionale. In pratica, come evidenziato nella tabella, i nuovi coefficienti risultano molto penalizzanti per chi ha pochi anni di anzianità nel sistema retributivo, in quanto è molto agevolato dai coefficienti attuali. Ritornando all’ipotesi di 1.000 euro di retribuzione pensionabile, con un anno di anzianità la quota di pensione passerà da 244,56 a 25 euro, mentre con 14 anni di anzianità scenderà da 362,73 a 350,00 euro.
La novità non riguarda coloro che possiedono più di 15 anni nel sistema retributivo, che si vedranno applicare – anche per il futuro – i coefficienti in vigore oggi. I nuovi coefficienti si applicheranno anche alle domande di riscatto presentate dal 1° gennaio 2024.
Gli esempi pubblicati a fianco mostrano l’impatto delle novità, con particolare riferimento alla quota A (retributiva pura) e quota B (retributiva sulla media delle retribuzioni pensionabili del periodo 1993-cessazione). Diversamente dalla quota A, la quota B dovrebbe risultare influenzata positivamente dall’applicazione dei nuovi coefficienti.
La regola di calcolo prevede che i coefficienti della legge 965/1965, e quelli nuovi della legge di Bilancio 2024, si applicano per anzianità corrispondenti al 31 dicembre 1994 mentre, dal 1995, l’aliquota di rendimento è del 2% fisso, come previsto dalla legge 724/1994. Tuttavia, se tale percentuale dovesse risultare superiore rispetto a quella prevista dalla legge 965/1965 in corrispondenza dell’anzianità maturata al 31 dicembre 1995, allora si applicherà quest’ultima. In pratica, salvo diverse indicazioni dell’Inps all’indomani dell’approvazione della nuova disposizione normativa, la quota B renderà il 7% in luogo delle più contenute aliquote applicate fino a oggi che si attestavano, orientativamente, poco sopra al 3 per cento. Risulterebbe comunque rispettato il testo di legge, ove si prevede che il trattamento pensionistico (complessivo) derivante dai nuovi coefficienti non può comportare un importo maggiore rispetto a quello determinato secondo la normativa precedente. Una interpretazione diversa, con applicazione della quota B calcolata secondo i coefficienti previgenti, non sembrerebbe in linea con il dettato normativo.
Al fine di semplificare i conteggi, negli esempi che abbiamo elaborato, si è stabilito che la retribuzione annua fissa e continuativa alla cessazione (per la quota A) e la retribuzione media pensionabile (per la quota B) non subiscano variazioni alle diverse decorrenze. La quota contributiva (quota C) è stata aggiornata tenendo conto del maggiore montante contributivo e del coefficiente di trasformazione correlato all’età al momento della simulazione del pensionamento.
I calcoli elaborati evidenziano che, al di là dei valori assoluti, la penalizzazione in percentuale è sensibile per chi ha bassa anzianità (esempi 1 e 3) e diventa quasi trascurabile per chi può vantare anzianità superiori.
Si ricorda che i lavoratori con contribuzione accentrata nella Gestione dipendenti pubblici possono accedere a pensione dal giorno successivo, anche inframensile, a quello di maturazione dei requisiti e di risoluzione del rapporto di lavoro. Per le persone che accedono a pensione in regime di cumulo, la decorrenza è fissata al primo giorno del mese successivo. Pertanto, questi ultimi lavoratori con diritto a pensione già maturato, dovranno accedere a pensione il 1° dicembre 2023, al fine di poter fruire dei “vecchi” rendimenti.