Sono 430mila i professionisti interessati al cumulo gratuito per sommare più spezzoni “contributivi” maturati in Casse diverse o all’Inps e arrivare alla pensione di vecchiaia ordinaria o anticipata. Ma a distanza di 10 mesi dall’avvio (reso possibile dalla Manovra 2017), alle 15 Casse principali sono arrivate meno di mille domande.
Il gap tra richieste reali (677) e potenziali è ancor più evidente considerando le doppie posizioni aperte in tutte le Casse: potrebbero essere oltre 650mila compresi i cosiddetti “silenti”coloro cioè che hanno meno di 20 anni di contributi, o che hanno smesso di versare. Duecentomila in più rispetto alle doppie posizioni segnalate dalle Casse interpellate dal Sole 24 Ore.
Per questa misura il Governo stimava un potenziale di 48mila domande annue e una “spesa” di 98 milioni nel 2017. Ma quest’anno neanche un euro sarà speso perché il cumulo non è ancora partito.
Nonostante vari incontri tra le Casse, Adepp e Inps e due circolari (l’ultima, la 140 del 12 ottobre scorso ha tracciato il percorso dei pagamenti «progressivi») non si è ancora fatta chiarezza. Restano dubbi su perequazione e integrazione al minimo, così come sono da adottare molte delibere di recepimento.
L’impatto economico
Numeri potenziali così elevati preoccupano alcune Casse. «L’impatto economico ci sarà – preannuncia il presidente di Cassa forense, Nunzio Luciano – ma dipenderà dal successo dell’istituto. Se tutti i 52mila avvocati potenzialmente interessati si dovessero attivare, i costi per noi potrebbero essere sensibili». «La prima valutazione – continua Luciano – sarà fatta con il bilancio tecnico di fine anno, ma servirebbe un intervento legislativo chiarificatore». Per gli avvocati i fattori che possono far lievitare le erogazioni sono due: la pensione a chi non ne avrebbe avuto diritto poiché non arriva a 5 anni di contributi, e il passaggio al sistema retributivo per gli iscritti che, grazie al cumulo, raggiungono i 33 anni di versamenti.
Un potenziale di oltre 18mila iscritti con doppia contribuzione per i consulenti del lavoro di Enpacl. Ma anche con un’adesione al 100% l’impatto secondo l’ente dovrebbe «fermarsi » a 500 milioni, da spalmare su 50 anni. «In alcuni casi – aggiunge il direttore Fabio Faretra – Enpacl potrebbe addirittura risparmiare perché se è vero che l’ente pagherà in anticipo è altrettanto vero che pagherà meno, essendo una quota ora a carico dell’Inps».
Più tranquilli i commercialisti e gli esperti contabili che hanno ricevuto meno di 20 domande su una platea di circa 10mila doppi iscritti. Un numero, fanno sapere della Cassa, che include molte persone che, grazie a carriere più lineari, hanno già maturato i requisiti per andare in pensione secondo le regole della Cassa e sono quindi poco interessati al cumulo.
Nessuna manovra (almeno per ora) anche per Cipag (geometri): «In base a una stima di massima, suscettibile di variazioni, prevediamo un incremento dell’onere previdenziale di circa 200mila euro annui che, per ora, non rende necessarie misure di riequilibrio» rassicura il presidente Diego Buono.
Nessun problema, invece, per le Casse giovani, nate da vent’anni e basate sul solo sistema contributivo. Anzi in alcuni casi (periti industriali, biologi e infermieri) il cumulo con Inps potrebbe posticipare i pagamenti, che scatterebbero con i requisiti più elevati dell’ente pubblico.
I prossimi passaggi
Inarcassa e Cassa forense hanno già varato le delibere. Spiega Giuseppe Santoro, presidente della Cassa di architetti e ingegneri: «L’uscita della circolare Inps ci ha finalmente consentito di definire requisiti e metodo di calcolo».
L’Enpav (la cassa dei veterinari) ha varato la propria delibera a fine settembre, mentre l’Enpaf (farmacisti) lo farà questa settimana. In entrambi i casi la possibilità di avere posizioni contributive parallele farà sì che il ricorso al cumulo avverrà soprattutto per il pensionamento anticipato. «Le nostre annualità – spiega il direttore dell’Enpaf, Marco Lazzaro – serviranno soprattutto per raggiungere i minimi Inps. Il cumulo permetterà di andare in pensione anticipata, opportunità che non prevedevamo». Così anche per i veterinari. «Mi aspetto che il 90-95% delle domande riguardi la pensione anticipata – dice Giovanna Lamarca, direttore generale dell’Enpav -. La possibilità di avere una contribuzione parallela comporta che la maggior parte degli 8mila veterinari potenzialmente interessati al cumulo lo utilizzerà solo per ritirarsi prima». Sempre in ambito sanitario, tra gli oltre 360mila medici e dentisti iscritti all’Enpam, la potenziale platea del cumulo è di quasi 132mila iscritti che – precisano dalla Cassa – comprende anche i periodi coincidenti (conta una volta sola), che nelle Casse sanitarie sono molto frequenti perché non c’è il divieto della doppia iscrizione.
Lo sblocco reale
L’avvio effettivo dei pagamenti dipende però dalle convenzioni che l’ Inps dovrà stipulare con le Casse per disciplinare sia il trasferimento dei dati che delle quote di competenza delle Casse. L’erogatore finale è infatti l’Istituto di previdenza. Ma il dialogo deve ancora partire.
VETERINARI SERVIRÀ SOPRATTUTTO PER ANDARE VIA PRIMA
Le domande
Sono 10 le domande presentate all’Enpav (l’ente di previdenza dei veterinari). Numerose però le richieste di informazioni.
Contribuzione parallela
I veterinari possono avere posizioni contributive parallele poiché l’attività professionale e quella subordinata non sono incompatibili . Sui quasi 29mila iscritti, sono 8mila i soggetti con doppia contribuzione.
Costi sostenibili
Secondo l’Enpav, l’impatto economico finanziario , per quanto difficilmente prevedibile, sarà sostenibile poiché la presenza di lunghi periodi di contribuzione Inps farà sì che il cumulo verrà utilizzato soprattutto per l’anticipo pensionistico. Un costo aggiuntivo potrebbe venire dai circa 2mila “silenti” (soggetti con posizioni contributive poi cancellate) con meno di 5 anni di contributi che, grazie al cumulo, potrebbero raggiungere i requisiti pensionistici.
MEDICI E ODONTOIATRI POSSIBILI SVANTAGGI PER I SUPERSTITI
Le domande
Entro il 30 settembre scorso sono arrivate alla Cassa Enpam 74 domande di pensione in cumulo (59 anticipate e 15 di vecchiaia). La stima della platea di potenziali interessati, considerate le doppie iscrizioni Enpav e Inps, è di circa 132mila persone
Le criticità
Rischio penalizzazioni per vedova e orfani di un iscritto che, non avendo ancora i requisiti di vecchiaia Enpam, comincia a percepire la quota di pensione Inps ma poi muore. Non è chiaro se l’Enpam dovrebbe pagare una pensione di reversibilità o una pensione indiretta
Le misure di riequilibrio
Se i calcoli attuariali dovessero evidenziare situazioni di squilibrio, le misure attuabili sono l’aumento dei contributi e/o l’aumento dell’età pensionabile, a meno che non sia lo Stato a pagare gli extracosti. Un’ alternativa sarebbe di calcolare la sostenibilità delle Casse con il criterio del saldo patrimoniale
L’IMPATTO SUGLI ENTI E L’AUTONOMIA TRADITA
L’obiettivo di bilanciare in modo ragionevole i diritti dei pensionati con le esigenze della finanza pubblica – ma anche di quella per così dire “privata”, visto che la previdenza obbligatoria di alcuni milioni di cittadini-professionisti è affidata a enti previdenziali autonomi – è un’aspirazione non facile da realizzare.
Un’aspirazione nella quale la necessaria ricerca di nuovi equilibri rischia inevitabilmente di favorire alcuni attori e danneggiarne altri, primi fra tutti i soggetti più giovani.
Queste difficoltà tornano a mostrarsi evidenti nei giorni in cui i temi previdenziali si ripresentano all’attenzione di tutti con il confronto che si è aperto in occasione dell’avvio della sessione di bilancio, che quest’anno sconta anche l’intreccio con il previsto aumento dei requisiti pensionistici, dal 2019, come effetto dell’aumento della speranza di vita.
A ben vedere, però, ci sono altri due ambiti che meritano attenzione. Perché, da un lato, dopo le istruzioni fornite dall’Inps, la possibilità di cumulare gratuitamente i contributivi versati in più gestioni previdenziali dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) diventare applicabile anche per i professionisti; e dall’altro, apre nuovi scenari la decisione della Corte costituzionale del 25 ottobre di respingere le censure di illegittimità sulla rivalutazione delle pensioni post 2015. Due istituti – cumulo e rivalutazione – ovviamente diversi tra loro ma che offrono spunti comuni di riflessione su come intervenire e non intervenire nel pianeta previdenza.
Partiamo dal cumulo. È evidente che anche il mondo delle professioni debba interrogarsi sugli strumenti necessari per risolvere il problema della discontinuità-frammentazione delle carriere. Una risposta è arrivata dall’alto con la legge di bilancio di quest’anno. Ora, al di là degli aspetti tecnici, è impossibile non cogliere la contraddizione di un legislatore che ha concesso un elevato grado di autonomia agli enti previdenziali dei professionisti ma che poi non perde occasione per stravolgere e mettere in discussione questa autonomia. Non è solo il fatto che, per l’ennesima volta, un intervento a gamba tesa dello Stato rischia di minare la stabilità degli enti. Perché qui, più in generale, finisce per traballare la stessa filosofia che regge il sistema degli enti privatizzati. Una filosofia che non può essere stiracchiata alla bisogna da una parte all’altra. Insomma, se questi enti sono autonomi e allo Stato, attraverso gli organi vigilanti, devono competere solo le funzioni di controllo necessarie a tutelare gli iscritti, allora che questi Enti siano autonomi davvero e non a giorni alterni.
Sappiamo che l’impatto del cumulo sulle Casse non sarà uniforme (addirittura sarebbe nullo per le “nuove” Casse professionali, quelle del Dlgs 103/96 – dai biologi ai periti industriali, dagli infermieri agli psicologi, solo per citare alcune categorie – che adottano sin dalla nascita il sistema contributivo puro).
Per qualcuno, però, gli effetti ci saranno e rischiano di farsi sentire sull’equilibrio dei conti, o anche solo sul patrimonio. Nonostante qualche annuncio avventato, poi smentito dai fatti, nessuna risorsa finanziaria sarà “girata” dallo Stato agli enti dei professionisti. Quindi: lo Stato impone il cumulo gratuito, ma quando c’è da metterci i soldi, li assegna solo all’Inps, mentre le Casse dovranno pensarci in splendida…autonomia. Il che nelle questioni previdenziali si fa sostanzialmente in tre, anzi, quattro modi: si aumentano i contributi; si aumentano i requisiti; si tagliano le pensioni future; si chiedono sacrifici anche a chi è già in pensione, comprimendo l’area dei “diritti acquisiti”.
Non è detto che le Casse, o tutte le Casse, debbano realmente fare qualcosa, ma nel caso sarà bene non scordare da dove arriva questa esigenza. Come sarà bene tenere a mente la vicenda della perequazione, perché qui si realizza quell’intreccio “ideale” con la vicenda del cumulo gratuito.
Ancora non conosciamo le motivazioni con cui la Corte costituzionale ha ritenuto non illegittimo il meccanismo di rivalutazione parziale degli assegni, applicato dal 2015 dopo che la Corte stessa aveva invece dichiarato l’incostituzionalità del blocco della perequazione Monti-Fornero prevista dal decreto “salva Italia”. È però possibile che quando nel comunicato stampa si legge che «la nuova e temporanea disciplina prevista dal decreto-legge n. 65 del 2015 realizzi un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica», la Corte stia affermando – anzi riaffermando, visto che lo ha detto anche in altre occasioni – che esistono situazioni in cui non sia illegittimo chiedere la parziale e/o temporanea rinuncia a un diritto acquisito. Tema, ovviamente, da maneggiare con cura e grande senso di responsabilità. Ma che, in qualche modo, offre una lettura delle vicende previdenziali in una chiave di maggior realismo. Non è pensabile che i rimedi agli squilibri finanziari dei sistemi previdenziali siano posti sempre e solo a carico delle generazioni future ed è plausibile che qualche “equilibrato” sacrificio possa essere chiesto anche a chi ha già superato il traguardo della pensione. Non foss’altro perché se un sistema previdenziale muore, sono inevitabilmente destinati a svanire anche i vecchi diritti. (Salvatore Padula)
Il Sole 24 Ore – 30 ottobre 2017