“La scelta di privilegiare, attraverso il prelievo, esigenze del bilancio statale rispetto alla garanzia, per gli iscritti alla CNPADC, di vedere impiegato il risparmio di spesa corrente per le prestazioni previdenziali non è conforme né al canone della ragionevolezza, né alla tutela dei diritti degli iscritti, né al buon andamento della gestione amministrativa della medesima”. Così i giudici hanno accolto il ricorso della Cassa nazionale dei Commercialisti. La spending review del 2012, nella parte in cui prevede che le somme derivanti dalle riduzioni di spesa siano versate annualmente dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per i dottori commercialisti ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato è illegittima. Lo ha dichiarato la Corte Costituzionale accogliendo la questione di legittimità costituzionale promossa dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti – CNPADC ed altri, e il Mef. La sentenza
La questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento agli artt. 3, 38 e 97 Cost. con riguardo alla sola prescrizione inerente all’imposizione del versamento annuale nelle casse dello Stato, è stata dunque ritenuta fondata dai giudici della Consulta. “La scelta di privilegiare, attraverso il prelievo, esigenze del bilancio statale rispetto alla garanzia, per gli iscritti alla CNPADC, di vedere impiegato il risparmio di spesa corrente per le prestazioni previdenziali non è conforme né al canone della ragionevolezza, né alla tutela dei diritti degli iscritti alla Cassa, garantita dall’art. 38 Cost., né al buon andamento della gestione amministrativa della medesima”, si legge nel dispositivo.
“Sotto il profilo della ragionevolezza, l’art. 3 Cost. risulta violato per l’incongrua scelta di sacrificare l’interesse istituzionale della CNPADC ad un generico e macroeconomicamente esiguo impiego nel bilancio statale”, si spiega nella sentenza. La norma, inoltre, “collide anche con l’art. 97 Cost., in quanto sottrae alla CNPADC risorse intrinsecamente destinate alla previdenza degli iscritti”.
Infine, quanto alla violazione dell’articolo 38, “in un sistema ispirato – pur nell’ambito del meccanismo contributivo – alla capitalizzazione dei contributi degli iscritti, l’ingerenza del prelievo statale rischia di minare quegli equilibri che costituiscono elemento indefettibile dell’esperienza previdenziale autonoma”.
Quanto deciso dalla Corte ha validità ovviamente anche per le altre Casse previdenziali private, comprese quelle delle diverse professioni sanitarie.
QS – 13 gennaio 2017