Dallo zero virgola a una crescita che già nella prima metà dell’anno ha raggiunto l’1,2%. È indubbio che la prossima legge di Bilancio potrà contare su maggiori risorse, ma non è il caso di gridare al miracolo e di fare troppi progetti di spesa, obietta il viceministro dell’Economia Enrico Morando: meglio concentrarsi su poche e fondamentali priorità.
I dati Istat cambiano le carte in tavola. Adesso che crescita vi aspettate a fine anno?
«Sicuramente andremo oltre l’obiettivo fissato per il 2017, già raggiunto nei primi sei mesi. Piuttosto, al di là del numero in sé, c’è il fatto che per la prima volta la nostra crescita non è clamorosamente inferiore a quella degli altri Paesi europei».
Ma gli analisti invece osservano che anche se il tasso di crescita non è troppo lontano da quello degli altri Paesi, i livelli assoluti rimangono lontani.
«Noi crescevamo meno degli altri anche prima della grande recessione, abbiamo accumulato un gap di produttività lungo venti anni. Stiamo recuperando con grande fatica, certo non possiamo ancora essere minimamente soddisfatti».
Avete calcolato su quante risorse in più potrete contare?
«Se il viceministro che si occupa del bilancio si mette a sparare cifre ad agosto non fa bene il suo mestiere. Il dato di oggi arriva dopo l’accordo con le autorità Ue che ci ha permesso di ridurre la correzione dei conti dallo 0,6% allo 0,3% del Pil, e dopo la manovrina che ha già reperito 5 dei 19 miliardi necessari a evitare che l’anno prossimo scattino gli aumenti dell’Iva. Il fatto che il Pil cresca a velocità superiore al previsto è un ulteriore vantaggio, ma questo non significa che i nostri problemi siano risolti e che la manovra di bilancio sarà facile, perché non lo sarà. Queste ulteriori risorse peseranno in positivo sull’economia italiana solo a condizione di concentrarle su pochi e qualificanti obiettivi, condizione difficile da realizzare sul piano politico: un intervento strutturale a favore dell’occupazione dei giovani, un maggiore finanziamento del reddito di inclusione attiva, lo strumento universale a favore delle famiglie che vivono in povertà assoluta, e per far crescere gli investimenti pubblici».
Altre priorità? Il Sud, lo stop alla progressione dell’età pensionabile, la disuguaglianza?
«Sulla previdenza abbiamo varato un intervento molto significativo l’anno scorso. Sarebbe un errore scegliere ora come priorità la previdenza rispetto all’occupazione giovanile: purtroppo le risorse per tutto non ci sono».
E a che tipo di intervento pensa a favore dei giovani?
«L’ipotesi che mi convince di più è il taglio del 50% del cuneo fiscale e contributivo per i primi due anni a favore di chi assume giovani fino a 30 anni, anche un po’ oltre, con un contratto a tempo indeterminato. Dopo però la misura diventerebbe strutturale, con una riduzione del 4% (diviso a metà tra lavoratore e datore di lavoro, anche se il lavoratore viene assunto da un’altra impresa). È una misura che aiuterebbe molto il Sud, e ridurrebbe la disuguaglianza, così come l’allargamento della platea di chi potrà godere del reddito di inclusione attiva e l’aumento dei finanziamenti per le infrastrutture. Il deficit infrastrutturale è più grave nel Mezzogiorno.».
Spesso i fondi stanziati non vengono poi utilizzati.
«Quello che dobbiamo fare infatti è fare in modo che gli investimenti si realizzano davvero, privilegiando la spesa in conto capitale degli enti locali a condizione che però i progetti partano davvero entro il 2018».
Repubblica – 17 agosto 2017