Settimana cruciale per le nuove regole sulle pensioni: oggi Governo e sindacati avranno un primo confronto sull’attuazione dell’«Ape» e giovedì torneranno a vedersi per discutere della fase 2 della riforma. Intanto sono già disponibili alcuni percorsi per anticipare l’uscita o per incrementare il “patrimonio” contributivo, come l’opzione donna o il cumulo gratuito tra più gestioni.
Tutte le strade per l’anticipo della pensione. Già in vigore cumulo e opzione donna, in arrivo l’Ape
Poco più di un mese alla partenza dell’Ape: il debutto della sperimentazione dell’anticipo sulla pensione è fissato al 1° maggio, anche se i tecnici del Governo sono ancora all’opera per definire gli ultimi tasselli – proprio oggi è in calendario l’incontro con i sindacati – per far partire in tempo il nuovo strumento rivolto a una platea di oltre 300mila potenziali beneficiari (si veda l’analisi nella pagina successiva).
Un cantiere sempre aperto, quello delle pensioni, con l’ultima manovra che ha cercato di portare una ventata di flessibilità, consentendo ai lavoratori con determinate caratteristiche di raggiungere “in anticipo” il traguardo dell’assegno, senza però compromettere la sostenibilità dei conti del sistema previdenziale. Rispetto al recente passato, infatti, non cambiano le regole fondamentali del sistema, ma sono state introdotte modifiche o novità per consentire di avvicinare la data del pensionamento o il momento in cui si può smettere di lavorare.
Aspetti già operativi
Partiamo con gli aspetti che sono già operativi e riguardano tutti i lavoratori. Il cumulo dei contributi versati in più gestioni consentirà a molte persone di andare prima in pensione (di vecchiaia o anticipata), dato che l’operazione di “somma” non ha alcun costo.
I potenziali beneficiari del cumulo sono stimati dal Governo in poco meno di 50mila ogni anno, considerando anche che l’operazione può riguardare chi ha versato delle somme alle Casse di previdenza dei professionisti (anche se per questi ultimi non ci sono ancora indicazioni chiare).
Il cumulo consente di ottenere un assegno unitario, frutto della contribuzione accantonata nelle diverse gestioni, permettendo anche la conservazione delle regole di calcolo proprie di ciascuna gestione pensionistica. Un’opportunità soprattutto per chi ha carriere frammentate, tipicamente i giovani che spesso “attraversano” gestioni e rapporti di lavoro diversi.
I nodi da sciogliere
Rivolti a tutti i lavoratori sono anche l’Ape, l’anticipo pensionistico volontario o aziendale, e la Rita (rendita integrativa temporanea anticipata). Misure, queste ultime, che si potranno attivare anche in contemporanea per assicurarsi un reddito-ponte tra la fine del lavoro e il momento in cui si comincerà a intascare la pensione. Un reddito che, è bene ricordare, dovrà essere finanziato in tutto o in parte direttamente dall’interessato.
Per l’Ape, come detto in precedenza, ci sono ancora dei nodi da sciogliere, per consentire la partenza a pieno regime della sperimentazione (da maggio 2017 a dicembre 2018). Tra questi anche la stipula delle convenzioni con Abi e Ania per fissare i costi dell’anticipo.
I potenziali beneficiari dell’Ape sono 300mila lavoratori nel 2017 e 115mila nel 2018. «A presentare domanda per l’anticipo saranno però molti di meno – sottolinea Marco Leonardi, a capo della task force tecnica di Palazzo Chigi -, mentre i richiedenti dell’Ape sociale dovrebbero essere circa 35mila nel primo anno di sperimentazione». La terza variante di Ape, quella sociale, è – come evidenziato nella scheda in pagina – a carico dello Stato e consente di anticipare il pensionamento di vecchiaia fino a tre anni e sette mesi ai lavoratori che hanno almeno 63 anni di età, qualora si trovino in difficoltà o svolgano attività particolarmente faticose: nel primo caso serviranno almeno 30 anni di contributi, nel secondo almeno 36.
Le altre vie d’uscita
A completare il quadro degli strumenti per avvicinare il traguardo della pensione ci sono poi provvedimenti per determinate categorie, come i lavoratori precoci e quelli impiegati in attività usuranti.
I primi – che hanno iniziato a lavorare giovanissimi, versando almeno un anno di contributi prima dei 19 anni – potranno andare in pensione anticipata (dal 1° maggio) con 41 anni di contributi. A questo proposito, si è in attesa di un decreto attuativo.
I secondi – che hanno svolto attività usuranti o di notte per almeno la metà della vita lavorativa o per sette anni negli ultimi dieci – dovrebbero beneficiare di una maggior semplificazione, anche se a mancare all’appello è il decreto ministeriale con le regole operative e, inoltre, la scadenza per presentare le domande da parte di chi matura i requisiti nel 2017 risulta essere già scaduta il 1° marzo scorso.
Nel cantiere pensioni entrano anche l’“opzione donna”, avviata verso la fine della sperimentazione che consente di andare in pensione a 57 o 58 anni di età, l’ottava salvaguardia, che ha chiuso la raccolta delle domande lo scorso 2 marzo, e l’isopensione, operazione dai costi elevati che permette di anticipare l’uscita dal lavoro con un accompagnamento alla pensione, in cui l’azienda si accolla l’assegno versato al lavoratore fino al pensionamento, oltre ai contributi che sono necessari per la pensione. (Francesca Barbieri) (Vai alla fonte)
LA LUNGA ATTESA PER FAR PARTIRE LE DOMANDE
La partita per l’attuazione del “pacchetto pensioni” 2017 è entrata in zona Cesarini e, a questo punto, è bene che chi ha la palla provi almeno a metterla direttamente in rete.
Perché altrimenti l’obiettivo del debutto dell’Ape il 1° maggio diventerà un miraggio, mentre avanzeranno come treni altre misure assai meno innovative ma di sicuro appeal come l’ottava salvaguardia o l’aumento delle 14esime.
Questa settimana i tecnici di palazzo Chigi e del ministero del Lavoro impegnati nel complesso dossier vedranno i sindacati in due momenti. Il primo è oggi per un confronto sui testi quasi definitivi dei decreti del presidente del Consiglio (Dpcm) con le regole operative per l’Ape volontaria e aziendale, l’Ape sociale e i nuovi requisiti per l’anticipo pensionistico dei lavoratori precoci. Si tratta di testi condivisi con il ministero dell’Economia e che, una volta chiusi, dovranno superare il vaglio del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. Dunque, nel migliore dei casi, potrebbero arrivare in Gazzetta Ufficiale entro la seconda metà di aprile, a un passo dalla scadenza prevista per il via alle domande di Anticipo finanziario a garanzia pensionistica (l’Ape volontaria, appunto) oppure per l’indennità fino alla maturazione dei requisiti pensionistici per i disoccupati senior o i lavoratori in condizioni di difficoltà (l’Ape sociale).
L’altro appuntamento con i sindacati è giovedì 23 marzo, quando si dovrebbe parlare di governance Inps e “fase 2”, ovvero delle misure fissate nel verbale d’intesa dell’autunno scorso tra cui spicca l’ipotesi di una pensione contributiva di garanzia per fasce di reddito e anni di contribuzione, a carico della fiscalità generale, collegata a un eventuale taglio del cuneo agendo sui contributi previdenziali. Ora è chiaro che se la “fase 1” partisse in ritardo o con qualche défaillance parlare di “fase 2” diventerebbe quanto meno inopportuno.
Le incognite da superare sono ancora notevoli e la prima di tutte sta nel costo del rimborso ventennale dell’Ape volontaria. Una volta chiuso il Dpcm bisogna fare le convenzioni con Abi e Ania, nelle quali dovranno essere fissate le condizioni finanziarie dell’anticipo, e la convenzione Inps–Mef sul Fondo di garanzia da 70 milioni sugli eventuali mancati rimborsi degli “apisti” diventati pensionati. L’obiettivo dichiarato è di fare queste intese senza utilizzare i trenta giorni previsti dopo il varo del Dpcm. Anche perché, nel frattempo, le condizioni di mercato sono cambiate: il rendimento del Btp a 10 anni è salito di quasi trenta punti negli ultimi quattro mesi e in questo contesto rispettare l’obiettivo di un Tan al 2,5% contenuto nelle slides di ottobre del vecchio Governo diventa più sfidante, soprattutto se saranno un certo numero del banche che aderiranno all’operazione.
Partire bene con l’Ape sociale, che non prevede costi di rimborso per i beneficiari, è invece importante per un’altra ragione: le risorse messe in campo sul 2017 sono 300 milioni ed è previsto un meccanismo di monitoraggio e chiusura delle domande all’esaurimento della loro copertura finanziaria. Il Dpcm definirà come tradurre in pratica questo meccanismo a rubinetto e dunque il giorno di avvio non è secondario.
Per la riduzione a 41 anni del requisito di anzianità contributiva o l’eliminazione della penalizzazione sui pensionamenti prima dei 62 anni per i precoci (lavoratori che hanno almeno 12 mesi di versamenti effettuati prima dei 19 anni) non dovrebbero esserci problemi applicativi: sono norme finanziate con 360 milioni il primo anno e dovrebbero dischiudere la via per la pensione fino a 25mila lavoratori. Mentre per la nuova semplificazione sull’uscita anticipata degli usuranti già si sa che scatterà l’anno prossimo (quest’anno vale solo la cancellazione delle “finestre mobili “ e del meccanismo di adeguamento automatico legato alla speranza di vita), e si sa pure che una qualche difficoltà applicativa si sta incontrando sul cumulo gratuito esteso alle Casse privatizzate.
Come tanti interventi previdenziali degli ultimi anni ci hanno insegnato, la fase di implementazione è sempre più complessa di quella legislativa. Il successo o l’insuccesso di una misura si gioca qui (vedi il Tfr in busta paga o il part time agevolato). Per questo rispettare un cronoprogramma rigoroso diventa indispensabile. Anche per non sfidare la malasorte che, in questi ambiti di policy, è sempre in agguato. (Davide Colombo) (Vai alla fonte)
Il Sole 24 Ore – 20 marzo 2017