Nonostante il tasso di rivalutazione provvisorio da applicare alle pensioni nel 2016 sia zero, l’anno prossimo gli assegni compresi tra tre e sei volte il minimo cresceranno, seppur di poco, per effetto della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco della perequazione nel 2012-2013.
Chi sta sotto tre volte il minimo o sopra i sei, invece, sarà chiamato a restituire la differenza tra quanto incassato provvisoriamente nel 2015 e il valore definitivo. Inoltre, poiché l’assegno del 2016 sarà uguale a quello definitivo del 2015, e quindi più basso di quello attuale, l’anno prossimo avrà una pensione più leggera.
Il decreto 19 novembre 2015 del ministero dell’Economia e delle Finanze ha stabilito che il tasso provvisorio di rivalutazione per il 2016 sia zero, e quello definitivo da applicare al 2015 sia 0,2% invece del provvisorio 0,3 per cento (si veda il Sole 24 Ore di ieri). Di conseguenza, sulla rata di gennaio 2016 saranno recuperate le somme erogate in eccesso quest’anno (come anticipato sul Sole 24 Ore del 10 febbraio 2015).
In particolare, per un lavoratore che godeva nel 2012 di un assegno di 1.500 euro, nel corso del 2015 per effetto degli arretrati erogati in forza del decreto legge 65/2015, l’importo è stato adeguato a 1.526,94 riconoscendo altresì la somma a copertura del periodo gennaio-luglio 2015 (pari a 48,58 euro). A causa del tasso definitivo inferiore rispetto a quello stimato, l’assegno mensile si sarebbe dovuto fermare a 1.525,49 euro. Pertanto dovranno essere recuperati 18,85 euro relativi all’intero anno che sta per concludersi.
Tuttavia il meccanismo stabilito nel Dl 65/2015 – che ha recepito gli effetti della sentenza 70/2015 di incostituzionalità dell’articolo della riforma Monti-Fornero che aveva bloccato l’indicizzazione per i trattamenti pensionistici superiori a tre volte il trattamento minimo – è complesso. Infatti per il 2016 riconosce, per gli importi compresi tra tre e quattro volte il trattamento minimo ai fini del cosiddetto “trascinamento” il 50% del 40% dell’inflazione definitiva registrata negli anni 2011 e 2012. Poi, per gli anni seguenti, per effetto della legge di Stabilità 2014 (governo Letta) la perequazione viene riconosciuta nella misura del 95% della variazione registrata dall’Istat.
In pratica, al fine di determinare l’importo dell’assegno pensionistico spettante per il 2016, occorre rideterminare il valore della pensione partendo dal valore definitivo in godimento alla fine del 2011. Da tale procedimento arzigogolato (volendo usare un eufemismo) l’importo sarà adeguato a 1.535,93 euro. Pertanto nel mese di gennaio tale valore subirà una decurtazione pari alla maggiore perequazione riconosciuta in più nel 2015 (appunto 18,85 euro) mentre dal mese di febbraio tornerà al suo valore “intero”. Gli incrementi rispetto all’anno in corso, comunque, sono molto contenuti e soprattutto sono più consistenti per chi sta nella fascia tra 3 e 4 volte il minimo, e diminuiscono per gli importi più alti, perché il meccanismo contenuto nel Dl 65/2015 penalizza gli assegni più ricchi.
Da questo complesso procedimento sono salvi gli assegni di importo superiore a sei volte il trattamento minimo (circa 3.011 euro lordi mensili valore definitivo 2015) poiché non toccati dal Dl 65/2015, ma, al pari di quelli sotto tre volte il minimo, dovranno fare i conti con il recupero della differenza tra perequazione provvisoria e definitiva del 2015. In altre parole, l’anno prossimo l’assegno sarà più leggero di quello attuale e inoltre a gennaio ci sarà il recupero una tantum.
Matteo Prioschi e Fabio Venanzi – Il Sole 24 Ore – 3 dicembre 2015