Con la firma, venerdì sera, degli accordi tra ministeri Abi e Ania per la copertura finanziaria e assicurativa dell’Ape volontario o aziendale (si veda il Sole 24 Ore di ieri) scatta l’ultimo conto alla rovescia per l’attivazione di queste due innovative modalità di anticipo flessibile dell’uscita dal mercato del lavoro. I primi giorni di febbraio verrà fissato il Taeg, ovvero il costo complessivo che si dovrà sostenere per questi prestiti-ponte verso la pensione e sempre in quei giorni dovrebbe essere pronta la circolare Inps con le istruzioni per rendere operativa la procedura di certificazione e successiva domanda on line tramite la modulistica elettronica semplificata che ha messo a punto l’Istituto.
Il pricing non dovrebbe andare oltre la soglia del 3,2-3,3%, stando ai tecnici vicini a dossier, che si traduce in un costo effettivo medio di circa l’1,6% per ogni anno di anticipo, come spiega nella nostra guida sulle pensioni in edicola mercoledì Stefano Patriarca, consigliere economico di Palazzo Chigi. Un lavoratore che compie 63 anni in questi giorni e ha 20 anni o più di contributi – per fare un esempio concreto – con un Ape volontario potrebbe anticipare il suo ritiro nella tarda primavera invece di aspettare fino alla primavera del 2022, quando l’età per il pensionamento di vecchiaia aggiornato alla speranza di vita sarebbe 67 anni e 3 mesi. Come prevede la norma se richiederà il massimo di anticipo, ovvero più di tre anni, non potrà avere un importo Ape superiore al 75% della pensione Inps certificata, mentre se la richiesta Ape è inferiore a un anno potrà chiedere fino al 90% del futuro assegno Inps. Fondamentale ricordare che il finanziamento-ponte è esentasse, mentre l’assicurazione in caso di premorienza del beneficiario svincola la pensione di reversibilità agli eredi da ulteriori oneri di rimborso.
Nel caso di Ape aziendale concordata con il datore di lavoro il costo dell’anticipo si riduce ulteriormente (in qualche caso fino ad azzerarsi) visto che per tutto il periodo di anticipo l’azienda versa sul conto previdenziale Inps del soggetto beneficiario una quota pari ai contributi pensionistici, ovvero il 33%. Dato il forte ritardo cumulato per l’implementazione di questi strumenti, con la legge di Bilancio è stata decisa la proroga della sperimentazione fino a tutto il 2019, la speranza è che ora la macchina Inps dia il meglio di sé in vista della presentazione delle domande. L’attesa, stando alle tante mail giunte in redazione, è discretamente elevata.
Davide Colombo – Il Sole 24 Ore – 14 gennaio 2018