Il pacchetto pensioni è praticamente fuori dalla legge di Bilancio. Il segnale era arrivato già un paio di giorni fa quando Pier Carlo Padoan aveva avvertito che per la manovra ci sono «pochissime risorse». La conferma del «no» del ministro dell’Economia è giunta durante un contatto delle ultime ore con il collega del Lavoro Giuliano Poletti. «Non ce la facciamo», avrebbe spiegato il titolare di Via Venti Settembre. A rafforzare le parole del ministro è sceso in campo ieri anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, con un severo richiamo: «Le proiezioni più recenti sulla spesa pensionistica della Ragioneria generale sono meno favorevoli di quelle precedenti, bisogna attuare pienamente le riforme del passato». Tanto più l’alto debito pubblico continua a rendere «vulnerabile» il Paese.
Così alla vigilia del consiglio dei ministri atteso per oggi per il varo della «nota» di aggiornamento al Def, la cornice dei conti pubblici per il prossimo anno, rischia di scoppiare un “caso pensioni”. Il governo è compatto sul «no»: lo stesso Poletti mercoledì ha condizionato ogni impegno sulle richieste dei sindacati «alla valutazione delle situazione economica » e Graziano Delrio ha aggiunto che lo spazio di manovra è «molto ridotto».
Ma i sindacati minacciano la rivolta. «Non ci siamo proprio, continuano a dire che non ci sono risorse ma il punto è la scelta di investire su questo tema», ha tuonato ieri la leader della Cgil Susanna Camusso. Cgil, Cisl e Uil hanno sintetizzato le richieste in un documento che va dal blocco dell’adeguamento dell’età all’anticipo pensionistico di un anno per ogni figlio per l’intera platea femminile: un pacchetto che viene giudicato dal governo assai pesante e dal costo di alcuni miliardi.
Se il «no» di Padoan rimarrà, non entreranno in Finanziaria anche le due misure, dal costo minore, sulle quali Poletti e Palazzo Chigi avevano mostrato qualche disponibilità. In prima battuta la cosiddetta «Ape rosa» cioè la possibilità per le donne (non tutte ma solo quelle in condizioni disagiate) di anticipare l’età pensionistica di 6 mesi per ogni figlio fino ad un tetto di due anni. Fuori anche la cosiddetta pensione di garanzia per i giovani.
Nessuno spazio, neanche ipotetico, per il blocco dell’innalzamento dell’età pensionabile legato alla speranza di vita chiesto dalla coppia Damiano-Sacconi e dai sindacati: il governo non lo avrebbe comunque preso in considerazione per l’alto costo, che l’Inps ha valutato in 141 miliardi cumulati nei prossimi dieci anni. L’altro elemento che ha consigliato l’accantonamento è l’incertezza sulla valutazione sulla speranza di vita: è scesa nel 2015, giustificando chi chiede un rallentamento dell’età, ma per il 2016 si attendono ancora conferme dall’Istat.
Mentre si limano gli ultimi numeri (ieri Gentiloni e Padoan si sono visti a Palazzo Chigi con gli ultimi dati forniti in anticipo dall’Istat), l’intervento del governatore di Bankitalia dirada le restanti nebbie sul quadro macroeconomico. «L’economia italiana ha nettamente accelerato nell’ultimo anno, lasciamo alle nostre spalle i dieci anni peggiori della storia economica del nostro paese », ha detto Visco e ha messo sul tavolo una nuova revisione al rialzo delle stime di Pil: 1,5 per il 2017 e 1,5 per il 2018 (a luglio stimava 1,4 e 1,3 per cento). Grazie alla crescita il debito-Pil si ridurrà fin dal 2017 di due decimi, segnando il primo calo da dieci anni a questa parte.
Repubblica – 22 settembre 2017