I tecnici del Tesoro e dell’Inps stanno soppesando le possibili platee e l’impatto sui costi. La scelta finale, per correggere la misura che a partire dal prossimo anno decurterebbe in maniera significativa le pensioni di oltre 732 mila lavoratori pubblici, verrà presa quando in parallelo verranno individuate le necessarie coperture. Da giorni vari ministri ed esponenti di governo assicurano che il fatidico articolo 33 della nuova legge di Bilancio, che rivede al ribasso in maniera anche molto significativa le aliquote contributive relative al periodo 1981-1995, verrà corretto.
A palazzo Chigi e dintorni si sono resi conto dell’errore commesso o meglio della grande impopolarità di un misura che nell’arco di vent’anni arriverebbe ad interessare ben 664.200 dipendenti degli enti locali e delle camere di commercio transitati dalla Cpdel all’Inpdap e poi all’Inps, 55.600 sanitari ex Cps, 10.300 insegnanti delle scuole primarie paritarie (pubbliche e private), degli asili eretti in enti morali e delle scuole dell’infanzia comunali ex Cpi e 2.200 ufficiali e coadiutori degli uffici giudiziari (ex Cpug).
«Correggeremo la norma e non solo per i medici» ha assicurato da ultimo il ministro della Salute Orazio Schillaci. I medici delle Asl e delle ex Ipab, subito scesi sul piede di guerra assieme agli infermieri, minacciando scioperi e fughe ii massa dal Servizio sanitario nazionale, però sono solo la punta dell’iceberg. Ed una eventuale correzione ai nuovi conteggi sui contributi previdenziali, non potrebbe non riguardare l’intera platea delle ex casse Inpdap.
Due le strade che si stanno vagliando, due le opzioni sul tavolo. Scartata l’ipotesi di azzerare completamente questa misura, che entro il 2043 dovrebbe portare a 2,277 miliardi di risparmio, si ragiona su una correzione parziale delle norme inserite nella legge di bilancio. Questo perché, come ha confermato da ultimo venerdì sera l’agenzia di rating Fitch mantenendo per ora invariato il giudizio sull’Italia, la spesa per le pensioni (anche a causa delle promesse fatte in campagna elettorale dal centro destra) resta sempre una delle voci di costo su cui si misura l’affidabilità del nostro paese. E si sa che un taglio alle pensioni, più che la famigerata Quota 41 per tutti, piace sia ai mercati che all’Europa.
Una volta fatti tutti i conteggi, stando alle ultime ipotesi, il governo dovrà quindi scegliere tra la possibilità di rivedere le aliquote solamente per chi decide di lasciare in anticipo il lavoro (lasciando invece invariati i trattamenti pensionistici di vecchiaia), oppure congelare per uno-due anni le nuove norme. Che, giusto per dare un’idea, nel 2024 dovrebbero interessare in tutto 31.500 persone (compresi 27.100 dipendenti degli enti locali e 3.800 addetti della sanità), che poi salirebbero a 81.500 (compresi 7.300 sanitari) a fine 2025. Se ci si limitasse ai soli primi due anni di blocco andrebbero recuperati in tutto 43,2 milioni di euro (tanto vale il risparmio prodotto nel biennio al netto del fisco), mentre ne basterebbero appena 11,5 per coprire un solo anno. Molto più oneroso e quindi – salvo miracoli contabili – più difficile da attuare una eventuale opzione triennale, perché in questo caso sarebbero coinvolti quasi 150 mila lavoratori (132.800 comunali, 12.300 sanitari, 1.800 insegnanti e 400 ufficiali giudiziari) ed il costo dell’operazione arriverebbe così a sfiorare i 100 milioni.
Le eventuali modifiche verrebbero inserite nel maxi-emendamento con cui il governo alla fine recepirà tutte le eventuali modifiche alla legge di bilancio. Prima però, come detto, andranno trovate le coperture «tassativamente» all’interno dei capitoli di spesa relativi alla previdenza. Per questo si sta ragionando sui fondi destinati alla rivalutazione delle pensioni prevista per il 2024: non si tratterebbe però di inserire un’ulteriore decurtazione agli assegni più alti oltre a quella già prevista, ma l’idea sarebbe quella di riconoscere a tutti i pensionati un recupero del 5,4% anziché del 5,6% previsto dall’ultima nota di aggiornamento sull’inflazione di quest’anno, in modo da recuperare i milioni che servono. Andrebbe poi previsto un eventuale conguaglio, ma questo verrebbe scaricato sui conti del 2025 e intanto si supera lo scoglio. —
La Stampa