Il decreto legge 90 sulla Pa (S 1582), il disegno di legge omnibus della Lorenzin (S 1324), la lotta al gioco d’azzardo, il Dl 91 sulla competitività (C 2568). È questo il poker di provvedimenti che interessano la sanità su cui le Camere saranno impegnate la prossima settimana, anche se soprattutto al Senato anche le giornate del fine settimana potrebbero vedere impegnate le commissioni: la Igiene e sanità sul Ddl Lorenzin, destinato peraltro ad essere stralciato in due parti e sul quale pendono già ben 238 emendamenti, e la Affari costituzionali che ha all’ordine del giorno il Dl 90 sulla pubblica amministrazione appena ereditato dalla Camera. Per i senatori, soprattutto, impegnati in un autentico tour de force in aula sulle riforme istituzionali, sarà una raffica di votazioni.
Col rischio di dover rinviare le vacanze già prenotate se i lavori dovessero proseguire fin sotto (se non oltre) Ferragosto. Il decreto sulla Pa – che per la sanità tocca in particolare l’abbassamento (ma non troppo, e non per tutti, dell’età pensionabile: 65 anni per tutti, 68 per primari prof universitari) – dovrebbe arrivare in aula a palazzo Madama fin dai primi giorni della settimana, con l’ormai più che probabile corredo di un ennesimo voto di fiducia e la possibilità aggiuntiva di una nuova navetta verso la Camera (e di un altro voto di fiducia ancora). Il decreto, peraltro, scade il 23 agosto.
Il dl Madia di riorganizzazione della pubblica amministrazione è arrivato venerdì in commissione Affari costituzionali del Senato; e tra Governo e tecnici del ministero dell’Economia e della commissione Bilancio è iniziata subito la trattativa per trovare una soluzione ai rilievi sulle coperture avanzati dalla Ragioneria generale dello Stato.
Gli “appunti” degli esperti di Via XX Settembre si sono focalizzati essenzialmente su quattro norme contenute nel decreto legge. Oltre al ripristino di «Quota96» per gli insegnanti, sono finite nel mirino del Mef anche le disposizioni sul pensionamento d’ufficio a 68 anni dei professori universitari, la cancellazione delle penalizzazioni introdotte dalla legge Fornero per le uscite anticipate dal lavoro e i benefici alle vittime di atti di terrorismo.
Nel dettaglio, in tre paginette di parere, secondo la Ragioneria, la norma su «Quota96» risulta «scoperta in termini di fabbisogno e indebitamento netto ai sensi delle norme di contabilità». E quindi per assicurare «la neutralità degli effetti per il 2014 la riduzione da apportare si deve attestare a 45 milioni di euro» (e non 34 milioni come indica la relazione tecnica del provvedimento). Non solo. Le coperture ipotizzate, approvate dalla Camera, e che consistono in un aumento degli obiettivi di spending review e tagli lineari, comportano «criticità», sempre secondo i tecnici del Mef, perché «connesse all’entità del ricorso a forme di copertura operate già con precedenti interventi attraverso l’accantonamento o la riduzione degli stanziamenti relativi alle spese rimodulabili». Solo per il 2014 tali riduzioni ammontano già a circa un miliardo di euro (che vengono presi con tagli agli oneri rimodulabili dei ministeri). E perciò l’ulteriore riduzione di queste spese porta con sè «l’elevato rischio di determinare la formazione di debiti fuori bilancio in relazione a spese difficilmente comprimibili, soprattutto in una fase già particolarmente avanzata della gestione». Analoghi rilievi sono stati avanzati per quanto riguarda il pensionamento d’ufficio a 68 anni dei professori universitari (oggi la legge Gelmini consente l’uscita obbligatoria a 70 anni – avendo abolito il cosiddetto “biennio Amato”). Questa anticipazione di due anni, sottolinea la Ragioneria, «determina oneri non quantificati né coperti in termini di anticipazione della corresponsione dei trattamenti di pensione e di fine servizio». Sulla base dei dati forniti dal Miur il costo dell’intervento è di 34,2 milioni solo nel 2015 (dal 2015 al 2021 è di circa 113 milioni). Nel mirino anche i conti per la cancellazione dei disincentivi introdotti da Elsa Fornero per chi lascia prima il lavoro. La relazione tecnica al dl Madia ha stimato un esborso di un milione per il 2014, 3 milioni per il 2015, 7 milioni per il 2016. I conti rivisti dalla Ragioneria sono però maggiori: 5 milioni per il 2014, 15 milioni per il 2015, 35 milioni per il 2016, 50 milioni per il 2017 e 60 milioni dal 2018. E sottostimata è anche la quantificazione delle spese (un milione per quest’anno) della norma che prevede dei benefici per le vittime degli atti di terrorismo.
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Cancellare le riduzioni per i trattamenti anticipati (prima dei 62 anni di età) costerebbe l’anno prossimo 15 milioni, 60 dal 2018. Non è solo il commissario Cottarelli a dire no alla deroga per il pensionamento anticipato dei 4.000 prof approvata la settimana scorsa dalla Camera all’interno del decreto di riforma della pubblica amministrazione. C’è una bocciatura ancora più rilevante, che porta il timbro della Ragioneria generale dello Stato: il pensionamento di 4.000 insegnanti con le norme, pre-Fornero, di «quota 96» (costo nel 2014 circa 50 milioni) e l’anticipo del pensionamento dei professori universitari da 70 a 68 anni (costo un centinaio di milioni). La Ragioneria pone rilievi per la qualità e l’entità delle coperture, soprattutto per la seconda misura, e il governo, al Senato, è intenzionato a correre ai ripari: Madia e Morando sono al lavoro nel week end
Si tratta sul ripristino di «Quota 96» per gli insegnanti (ci sarebbe uno scostamento sulle coperture individuate dalla Camera e riviste dalla Ragioneria dello Stato di 10 milioni di euro, che vanno quindi reperiti). Più in salita è la strada per “salvare” l’estensione del pensionamento d’ufficio a 68 anni per i professori universitari (una misura che costa 34,2 milioni nel 2015 e ben 113 milioni fino al 2021, e secondo il Mef non sarebbero coperti). E non pochi problemi presentano anche le norme sulla cancellazione delle penalizzazioni introdotte dalla legge Fornero per le uscite anticipate e sul riconoscimento di benefici alle vittime di terrorismo.
Anche ieri è proseguito il confronto tra Governo e tecnici del ministero dell’Economia e della commissione Bilancio del Senato per cercare di trovare una soluzione alle norme “non bollinate” dalla Ragioneria generale dello Stato al dl Madia. Il provvedimento è stato incardinato in commissione Affari costituzionali di palazzo Madama e ieri si è esaurita la discussione generale. Oggi entro le ore 15 scade il termine per la presentazione degli emendamenti. Lunedì riprendono i lavori in sede referente, e si dovrebbe anche riunire la commissione Bilancio, presieduta da Antonio Azzollini (potrebbe partecipare anche il vice ministro dell’Economia, Enrico Morando) chiamata a verificare (e risolvere) il rebus coperture sulle quattro norme contestate dai tecnici del Mef.
Dopo le scintille dei giorni scorsi la partita su «Quota96» potrebbe trovare una soluzione, con qualche aggiustamento. Qui il nodo è prima di tutto tecnico: mancherebbero 10 milioni (da reperire), e sono da rivedere anche le coperture già individuate che consistono in un aumento degli obiettivi di spending review e tagli lineari alle spese rimodulabili dei ministeri. Ma la partita è anche squisitamente politica. L’emendamento che punta a mandare in pensione con i requisiti pre-Fornero circa 4mila insegnanti è stato firmato (e votato) da tutti i gruppi parlamentari alla Camera, e una eventuale marcia indietro del Senato, rischierebbe di mettere in discussione l’intero dl Pa al ritorno a Montecitorio.
La titolare della Funzione pubblica, Marianna Madia, preme per una rapida approvazione del decreto-legge «che è un provvedimento importante – dice al Sole24Ore – . Troveremo una soluzione con Mef e commissione Bilancio». Per il collega, vice ministro dell’Economia, Enrico Morando, le eccezioni poste dai tecnici della Ragioneria «sono serie» e le «affronteremo con la commissione Bilancio».
Stando ai rilievi del Mef la misura maggiormente onerosa è l’estensione del pensione d’ufficio ai professori universitari al raggiungimento dei 68 anni. Interesserebbe una platea potenziale di 1.546 docenti. La misura sarebbe completamente scoperta e appare difficile in poche ore riuscire a trovare una soluzione. Se dovesse essere cassata, da quanto si apprende, rischierebbe di essere espunta dal dl anche l’estensione del pensionamento d’ufficio per i primari.
Di difficile soluzione è anche la cancellazione delle penalizzazioni introdotte dalla Fornero per le uscite anticipate dal lavoro. Qui la quantificazione degli oneri fatta dalla Camera, sempre secondo la Ragioneria dello Stato, sarebbe sottostimata: per il 2014 servirebbero 5 milioni (anziché uno), per il 2015 15 milioni (anziché tre), e dal 2018 ben 60 milioni (anziché i 16 milioni indicati nella relazione tecnica). Un problema di non poco conto, e che potrebbe portare alla soppressione della norma, anche perché la misura, nei fatti, introduce un’eccezione alla legge Fornero sulle pensioni e potrebbe aprire la strada a una analoga misura valevole per i lavoratori privati (e con costi decisamente maggiori).
Si dovrebbe invece trovare una soluzione per la misura che introduce benefici per le vittime del terrorismo. Anche qui il rilievo del Mef è la sottostima dei costi (ma si tratterebbe di una decina di miloni di euro di differenza). Che alla fine potrebbero uscire fuori, e salvare così la disposizione.
Opzione-anticipo per lavoratori pubblici e privati, si studia la fattibilità
Conti da quadrare. La chance di chiedere l’assegno prima dei 66 anni per la vecchiaia va bilanciato con un taglio stimato fino all’8 per cento
Gli occhi sono ora tutti puntati sulla ripresa, perché per poter prender forma gli interventi di manutenzione sulle pensioni cui il governo sta pensando dovranno aspettare necessariamente il cantiere della legge di stabilità. Questione di volume dei costi legati al perimetro dell’operazione, soprattutto. Ma ciò non toglie che l’idea sia quella di costruire un’impalcatura «di sistema» in grado di superare la stagione dei continui e progressivi aggiustamenti.
Due giorni fa è arrivata dallo stesso ministro del Welfare la traccia degli «strumenti differenziati» intorno a cui negli uffici si affastellano calcoli e simulazioni in attesa di una scelta compatibile con lo stato dei conti pubblici. Da quanto si capisce l’ispirazione fornita ai tecnici ha un doppio indirizzo: riempire da un lato (e strutturalmente) i buchi creati dalla riforma Fornero, tamponati via via attraverso misure spot; dall’altro, congegnare una soluzione appannaggio di quanti, sotto i colpi della dell’economia stagnante, finiscono in mezzo al guado anzitempo e hanno poche, obiettive, chance di essere rioccupati. Bisogna rendere più flessibile la possibilità di pensionamento, trovando gli strumenti adatti e coerenti alle diverse situazioni, ha spiegato il ministro Giuliano Poletti. Come coniugare entrambe queste necessità, tenute ferme le esigenze di bilancio, sarà il rompicapo delle prossime settimane.
Molti dei ragionamenti riguardano la praticabilità dell’ipotesi accennata di recente dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta. In sostanza il nucleo sta nel consentire la “facoltà” di ritirarsi dal lavoro a 62 o 63 anni, ovvero prima dei 66 previsti dalla Fornero, prevedendo una penalità, così come è già permesso dalle norme di rimanere oltre, fino a 70 anni, con una rivalutazione. Le penalizzazioni contemplate in alcuni studi adesso al vaglio si muovono in un arco che va dal 3 all’8%, da applicare in modo inversamente proporzionale all’età di uscita. Una spinta ulteriore ai correttivi deriva secondo Baretta dal fatto che le riforme strutturali in vista presuppongono un ricambio generazionale sia nel pubblico sia nel privato. E se un versante da considerare è l’impatto nell’immediato sui conti pubblici vero anche è che i cambiamenti, su di un periodo più lungo, comporterebbero risparmi non trascurabili per lo Stato. Senza contare che i maggiori oneri potrebbero (almeno parzialmente) essere recuperati: di fatto mediante la flessibilità si offre una soluzione laterale al contempo alla platea degli esodati e a chi ad esempio a fruisce della cassa integrazione in deroga ed è a un’incollatura dalla pensione.
Il Sole 24 Ore – aggiornato al 3 agosto 2014