Un caffè e una sigaretta in santa pace senza timbrare il cartellino? Comporta una «responsabilità disciplinare» che può essere sanzionata per aver causato un possibile «danno patrimoniale». Lo dice una circolare affissa nei giorni scorsi nei reparti dell’ospedale di Bassano e firmata dal direttore generale dell’Usl 3, Antonio Compostella.
Il diktat ha suscitato la dura reazione del sindacato di base Usb, che bolla la misura come «populista e offensiva» e chiede al dg di scusarsi con i dipendenti. «Tutto il personale che intenda assentarsi durante l’orario di lavoro, anche brevemente, per effettuare una pausa, deve essere autorizzato preventivamente, anche verbalmente, dal proprio direttore/responsabile, o un suo delegato — recita il testo — ed è tenuto pertanto a timbrare l’uscita e il rientro al lavoro». Un obbligo valido per «qualsiasi assenza dalla sede di lavoro», comprese «pausa sigaretta, pausa caffè ai distributori automatici o al bar». Dice Federico Martelletto di Usb Vicenza: «E’ una delibera populista, che fa di tutta l’erba un fascio. Certo non siamo d’accordo che un dipendente interrompa la sua attività lavorativa e si sieda ai tavolini del bar per tempo prolungato a sorseggiare un caffè ed è vero che il contratto dice che la pausa va autorizzata. Ma è altrettanto vero che le norme europee spiegano che una pausa fisiologica fino a dieci minuti è consentita se un dipendente è stanco dopo ore di turni di lavoro molto pesanti. Molti dipendenti sono sottoposti ormai a una condizione lavorativa inaccettabile, a causa del blocco delle assunzioni, concesse col contagocce dalla Regione». Dal canto suo Compostella si stupisce di tanto clamore: «Quella nota riprende né più né meno quanto è scritto nel contratto nazionale. Periodicamente invio un promemoria ai dirigenti sui principali adempimenti contrattuali, non c’è da parte mia nessun intento vessatorio o coercitivo. Non è proibito fare la pausa caffè, ma va informato il responsabile e timbrato il cartellino». All’ospedale «San Bassiano» non esiste un particolare problema di assenteismo, a quanto dice il dg, che sta incontrando in questi giorni i coordinatori infermieristici «per definire insieme il senso di quei riferimenti burocratici contenuto nella circolare», ovvero la sua applicazione concreta.
Lo stesso provvedimento è comunque già in vigore in tutte le aziende sanitarie venete, in alcune delle quali come Belluno e Padova da anni. La ratio, spiegano i direttori generali, è duplice: impedire che i dipendenti escano dagli edifici pubblici per andare al bar, creando così problemi assicurativi e rischiando provvedimenti per abbandono del posto di lavoro; e incorrere in pause troppo lunghe che possano degenerare in assenteismo, magari indossando, è il caso di medici e infermieri, divise sterili, come quelle da sala operatoria. Nel maggio 2012, l’allora direttore generale dell’Azienda ospedaliera e anche dell’Usl 16 di Padova, Adriano Cestrone, mandò una circolare a tutti i dirigenti raccomandando «il puntuale rispetto del lavoro» e invitando il personale a timbrare il cartellino «anche per uscite brevissime». Insomma, ogni dg ha normato la questione a modo proprio, anche perchè la società esterna «Sigma» ha il compito di rilevare in minuti la presenza al lavoro del personale. Viene tollerata soltanto la preparazione del caffè nel cucinino degli infermieri, nei reparti.
«E’ una regola diffusa, che infatti noi non abbiamo mai contestato — conferma Daniele Giordano, segretario generale della Funzione pubblica per la Cgil —. Un conto è la pausa bagno, dovuta al lavoratore, un altro è togliere tempo al lavoro per fumare o bere un caffè. Certo, sta alla discrezionalità del dirigente accordare a un dipendente un caffè al volo anche se c’è il rischio che qualcuno ne abusi, come dimostrato dall’inchiesta di Rovigo, dove nel 2013 sette impiegati pubblici vennero denunciati perchè timbravano e poi andavano a fare la spesa o al bar. La regola di Bassano è diffusa in tutte le strutture pubbliche — aggiunge Giordano — non solo nelle Usl, anche nei Comuni e negli altri enti locali. Ma non diventino strumento di pressione».
Giulio Todescan – Il Corriere del Veneto – 11 novembre 2014