«Un patto tra due centralismi, quello statale e quello regionale, che esclude gli operatori sanitari, da un lato, e il Parlamento, dall’altro» che «crea una rischiosa contrapposizione tra cure ospedaliere e territoriali, come se le due fossero in competizione. Ridurre l’attività ospedaliera, invece, non migliora automaticamente l’assistenza primaria, ma fa sì che molti pazienti che arrivano al pronto soccorso non trovino posto in corsia».
Va all’attacco del neo-Patto per la salute l’Anaao Assomed, il maggior sindacato dei medici ospedalieri. E a spiegare perché è il vicesegretario Carlo Palermo: «Ridurre il numero di posti letto al 3,7 ogni mille abitanti nella speranza di incrementare i servizi territoriali, come prevede il nuovo Patto in base alla Legge Balduzzi mette a rischio la salute di molti pazienti, specie ultra sessantacinquenni e disabili, che presentano spesso
diverse patologie contemporaneamente e sono difficili da stabilizzare e da trattare in un ambito di cure primarie». Con l’applicazione della spending review, spiega Palermo, rispetto al 2000, i posti letto del Ssn in Italia
passerebbero da 295.000 a 224.000. Una scelta in controtendenza rispetto ad altri paesi europei, spiega Palermo, citando dati Ocse 2013. “La media europea è del 5,4 per mille. La Germania è all’8,3, l’Austria al 7,7, la Francia al 6,4. La Gran Bretagna, che dieci fa portò i letti per acuti al 3 per mille, ora ha ospedali che lavorano con un indice di occupazione dei posti letto oltre il 90%, mentre quello consigliabile per ridurre le infezioni ospedaliere, e dunque la mortalità, è dell’85%».
Fimmg: si annulla il concetto di continuità assistenziale
E critiche arrivano anche dalla Fimmg. La responsabile della continuità assistenziale del sindacato Tommasa Maio, ha inviato una lettera aperta ai colleghi in cui sottolinea «alcune definizioni ambigue e contraddittorie che potrebbero mettere in discussione il cammino che il sindacato ha affrontato in questi anni per portare i propri medici di medicina generale a quota oraria definitivamente fuori dal sistema dell’emergenza urgenza».
Il no della Fimmg è a una “restaurazione” della vecchia guardia medica, difendendo l’obiettivo del ruolo unico «come chiave di soluzione dell’annoso problema che vede la continuità assistenziale confusa continuamente su compiti di risulta assistenziale di altri servizi e che abbiamo definito con il neologismo di paraemergenza».
«Non avremo tentennamenti – sottolinea nella lettera – nel prendere le distanze da ogni tentativo, a ogni ambigua proposta di collaborazione che potrebbe essere facilmente strumentalizzata. Non saranno giustificabili, né tantomeno ammissibili, ingenuità. Siamo consapevoli che esistono al nostro interno delle realtà ove questo percorso di affrancamento dai sistemi di emergenza non ha trovato conclusione. Per questo motivo offro la disponibilità mia e dell’esecutivo nazionale a confrontarci con qualunque livello decentrato del Settore abbia bisogno di assistenza nell’affrontare tali tematiche. Sia chiaro a tutti che il cambiamento non ci spaventa e sia altrettanto chiaro che il cambiamento non può che essere quello che noi vogliamo, non quello che altri cercano di imporci».
Veterinari e medici del servizio igiene degli alimenti in stato di agitazione
Più dura la reazione della Federazione veterinari e medici che hanno subito proclamato lo stato di agitazione delle categorie.
L’articolo del Patto (articolo 18) che si occupa della sanità pubblica veterinaria e della sicurezza alimentare è «a plastica dimostrazione della totale incapacità di ministero e Regioni di assumere decisioni coerenti con gli obiettivi fissati», afferma il sindacato.
E «i veterinari dei servizi di Sanità animale, quelli dei servizi di Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche, e i veterinari dei servizi di Igiene degli alimenti di origine animale, nonché i medici e i biologi dei servizi di Igiene degli alimenti e della nutrizione dei dipartimenti di prevenzione delle Asl» lo respingono al mittente.
«A complessità e importanza degli obiettivi di sicurezza alimentare e sanità pubblica veterinaria e dei livelli essenziali di assistenza – spiegano – devono corrispondere complessità e importanza dei servizi e delle strutture che li devono realizzare mediante strutturazioni dotate di uniformi Livelli Essenziali di Organizzazione. Se, con un lessico bizantino e non impegnativo come quello dell’art. 18, si riconosce una generica quanto non vincolante “opportunità” e si ipotizzano solo “possibili condizioni organizzative” si pregiudica una concreta, sostanziale, efficiente e appropriata prevenzione. “Possibilmente” il ministero e le Regioni correggano il loro pensiero e le conclusioni disarmanti del Patto fissando obiettivi di struttura concreti e rispondenti a quanto l’Ue, Expo 2015 a cui si fa riferimento, il Pil, e il buon senso impongono. Altrimenti – concludono – anche i veterinari, i medici e i sanitari dei dipartimenti di prevenzione lavoreranno garantendo “solo possibilmente” la salute di cittadini e consumatori».
Fofi soddisfatta per la farmacia dei servizi
«Sicuramente va apprezzato che il modello della farmacia dei servizi venga affiancato, sia pure a livello di sperimentazioni, alla medicina
di iniziativa per la gestione della cronicità sul territorio e che quindi si prefiguri, per il farmacista, un ruolo di presa in carico attiva del cittadino/paziente», commenta il Patto Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (Fofi).
«In questo si conferma quanto era stato concordato con l’accordo Stato-Regioni dello scorso febbraio. Ci auguriamo – prosegue – che dalla semplice ‘sperimentazionè si passi a vera e propria ‘implementazione strutturalè dei nuovi servizi della farmacia. E che questo – conclude – sia l’inizio di una cooperazione reale di tutte le figure sanitarie presenti sul territorio all’interno di un processo di cura che veda al centro il cittadino»
Il Sole 24 Ore sanità – 6 luglio 2014