La riduzione di spesa non solo con tagli a personale, e farmaci: intervenire su truffe e sprechi e razionalizzare i servizi e le strutture. Di Roberto Turno (Il Sole 24 Ore). La Corte dei conti, la Guardia di Finanza, i Nas. E le inchieste a ripetizione delle Procure di tutta Italia. È ormai un’operazione concentrica attorno al malaffare quella che in tutta Italia si sta concentrando sulla sanità. Col “caso Lombardia” che esplode un’altra volta dopo l’affaire San Raffaele di cui le vicende del gruppo Maugeri sarebbero una costola. Lombardia, ma non solo. Se è vero che proprio la spesa pubblica per la salute è al top delle denunce e di maxi-richieste di risarcimenti all’erario da parte della magistratura contabile. Affare plurimiliardario, la sanità.
Con quasi no miliardi di spesa pubblica e almeno altri 3o che escono direttamente dalle tasche degli italiani come spesa privata. Terreno di caccia di truffe, frodi, corruzioni, malversazioni di ogni genere. E di sprechi a volte ancora a mani basse. Con cinque regioni commissariate nella gestione di asl e ospedali e almeno altre cinque sottoposte a piano di rientro dai deficit: per più della metà degli italiani la sanità regionale ormai è sotto la tutela dello Stato. Segno di una crisi finanziaria dirompente, di un welfare della salute che non regge più l’onda d’urto dell’invecchiamento della popolazione e del conseguente aumento di una domanda di salute che richiederà sempre più risorse proprio quando la disponibilità di risorse pubbliche si sta assottigliando sotto i colpi di maglio della crisi.
È evidente che il sistema sanitario nazionale nella forma attuale va quanto meno rivisto. Ma in quale direzione? Una rotta è quella impostata col «Patto per la salute» che proprio l’altro ieri Governo e regioni hanno deciso di rinviare di sei mesi, da fine aprile a ottobre prossimo. Un rinvio, sia chiaro, non un abbandono della prospettiva che del resto è scritta nero su bianco nel bilancio dello Stato fm dalla manovra del luglio scorso e che ormai costituisce un impegno anche rispetto alla Ue e ai mercati: ridurre il finanziamento al servizio sanitario di 8 miliardi tra il 2013 e il 204. Oltre il 7% delle risorse attuali. Una prospettiva da brividi, tra ticket per altri 2 miliardi, interventi su farmaci, ospedali, personale, tagli delle esenzioni anche per i malati cronici, perfino una tassa speciale sul “cibo spazzatura” che fa male alla salute e dunque ai conti pubblici. «Una manovra insostenibile per la gente, finiremo tutti commissariati», hanno tuonato i governatori. Che hanno ottenuto una dilazione sulle decisioni da prendere insieme al Governo. Una dilazione, sia chiaro, non l’abbandono della prospettiva dei risparmi previsti, sui quali l’Economia ha detto chiaro e tondo che non si torna indietro. Ma devono essere necessariamente 8 miliardi di risparmi lacrime e sangue per i cittadini, quelli onesti poi che non evadono e che non sfuggono neppure ai ticket come i falsi esenti? O esistono altre strade per risparmiare combattendo senza pietà truffe e sprechi, razionalizzando servizi e strutture, spuntando le unghie ai mercanti di salute? Ma anche investendo sulla salute degli italiani e per dare ossigeno all’economia, se è vero che la filiera della sanità è la terza impresa d’Italia? «Ogni euro rubato alla sanità, è un euro rubato alla salute di tutti», ha chiosato efficacemente il ministro Renato Balduzzi. Forse il rinvio del «Patto» può essere l’occasione per evitare di far pagare sempre e soltanto i soliti noti. O chi, con la crisi, già non ce la fa più. E che sotto la crisi si ammalano prima e di più.
Roberto Turno – Il Sole 24 Ore – 16 aprile 2012