Il Sole 24 Ore sanita. Dieci miliardi subito, nel triennio 2019-2021. E senza condizioni: perché «in un corretto ed equilibrato rapporto di collaborazione istituzionale non si può prevedere che gli incrementi – già insufficienti – del livello di finanziamento del Ssn siano accessibili alle Regioni solo a condizione di sottoscrivere il nuovo Patto entro i l 31 marzo 2019». Questo scrivono gli assessori, riuniti oggi in sede tecnica a Roma, dove – in attesa che il ministero della Salute trasmetta la sua proposta di Patto, in attuazione della legge di Bilancio – viene presentato il documento-base delle Regioni che domani sarà discusso dai presidenti. Una piattaforma snella, che però sembra non voler lasciare indietro nessuno dei grandi temi che caratterizzano l’ennesimo passaggio stretto di un Servizio sanitario nazionale in cerca di rilancio dopo il giro di boa dei 40 anni celebrati a dicembre 2018.
Il nodo, come è inevitabile, sono le risorse. Ma la premessa è la scelta, alla luce del quadro costituzionale emerso dal referendum del 4 marzo 2016, di confermare «la unanime e piena volontà di consolidare la leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali coinvolti nella governance del Ssn». Un impegno a cui gli assessori ricordano di aver assolto negli anni, tra contributi alle manovre di finanza pubblica per far fronte alla crisi economica, sostanziale equilibrio economico raggiunto e mantenuto dal Ssn, miglioramento dei livelli assistenziali e prime applicazioni del Dpcm Lea, sostegno alle politiche vaccinali. In sintesi: abbiamo contribuito a risanare il “buco” di 6 miliardi di euro del 2006 e “tenuto botta” nell’erogazione dei servizi, ricordano le Regioni al Governo. Ma ora la coperta è diventata troppo corta. Lo certifica la Corte dei conti – si legge ancora nel documento – che segnala l’insostenibilità dell’attuale situazione per affrontare lo sviluppo dei servizi, la convergenza tra aree territoriali diverse e l’adeguamento di strutture e tecnologie. E basta guardare il livello di finanziamento del Ssn: se il precedente Patto per la salute 2014-2016 fissava in 115,44 miliardi di euro le risorse per il 2016, nel 2019 l’asticella è scesa a 114,439 miliardi.
Inevitabile la richiesta di una drastica inversione di tendenza – affermano gli assessori – che sarà possibile solo rilanciando quell’ investimento in salute che è necessario non solo a sostenere il Ssn ma in quanto volano della ripresa economica.
Le dieci richieste al Governo.
– il Patto deve prevedere responsabilità, impegni e modalità attuative in condizioni di reciprocità: se una delle parti richiede variazioni degli impegni su punti essenziali del Patto (vedi livello di finanziamento e livelli di servizio), accertate le motivazioni e verificate le azioni alternative, o si modificano in accordo gli effetti del Patto stesso o il Patto decade per inattuabilità;
– Il Patto, nella logica di valorizzare i rispettivi ruoli e responsabilità e rispettare le autonomie regionali – le richieste di autonomia differenziata di numerose Regioni rappresentano la riposta a mancate soluzioni su tematiche di grande rilievo ed urgenza per il Ssn -, deve prevedere il superamento dei meccanismi di controllo analitico dei processi e dei costi di singoli fattori produttivi e il passaggio alla individuazione di pochi, sintetici e significavi, indicatori di risultato (obiettivi di salute-Lea, equilibrio economico, tempi di pagamento…) sullo stato di salute del singolo Ssr;
– il rispetto degli indicatori di risultato consente alla Regione di operare secondo le modalità programmatorie e organizzative definite a livello locale;
– il mancato rispetto degli indicatori comporta, di contro, la piena responsabilità della regione e dei suoi organi di governo, con vari livelli di interdizione/riduzione dell’autonomia: si ritiene che gli attuali strumenti e procedure dei piani di rientro (oggi programmi operavi) e dei commissariamenti – certamente utili in una determinata fase storica – vadano rivisti e sostituiti con logiche di affiancamento e supporto alle Regioni in difficoltà, allo scopo di migliorare il livello quali-quantitativo delle attività assistenziali e le capacità di governo delle organizzazioni regionali;
– il Patto deve affrontare il tema della governance del Ssn, dei ruoli e dei rapporti tra gli attori istituzionali coinvolti: il Governo centrale, le Regioni, le agenzie nazionali Aifa e Agenas, l’Istuto superiore di Sanità; l’attualizzazione delle aziende sanitarie ex Dlgs 502/92 e la presenza di aziende intermedie a supporto delle funzioni della capogruppo regionale;
– sino alla definizione del nuovo Patto per la Salute, non sono modificabili gli attuali assetti istituzionali in applicazione delle nuove previsioni normative in materia di Commissariamenti ad acta delle Sanità regionali;
– il Patto deve prevedere un quadro di risorse finanziarie certe e disponibili, non modificabili unilateralmente e non condizionabili dagli andamenti finanziari complessivi, per il prossimo triennio/quinquennio;
– il Patto deve rimettere al centro dell’azione la formazione, qualificazione e valorizzazione del capitale umano prevedendo: a) metodologie di definizione dei fabbisogni organizzavi e formativi coerenti agli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale e regionale; b) la semplificazione dell’accesso dei professionisti e degli operatori alla formazione e al Ssn, per una efficace e tempestiva copertura dei fabbisogni; c) strumenti contrattuali e convenzionali coerenti alla piena responsabilità regionale in materia di programmazione ed organizzazione dei servizi;
– è necessario definire quale debba essere il contributo e la partecipazione al Ssn delle Regioni a Statuto speciale: vanno verificati meccanismi di “esonero” non coerenti all’unitarietà del Ssn e/o non corrispondenti a condizioni di oggettivo bisogno;
– va definito subito un Comitato ristretto paritetico (3 rappresentanti del Governo e 3 rappresentanti delle Regioni) per verificare e monitorare l’attuazione del Patto).