Alimentato dalle fake news, dalle proteste degli animalisti e dalle foto dell’ex premier Silvio Berlusconi con agnelli e biberon, il dibattito sulle pietanze da servire a tavola durante il pranzo di Pasqua tiene banco anche a Padova. Con 230 mila vegani su poco più di un milione in tutta Italia, del resto, il Veneto è la terza regione per numero di persone che hanno bandito dalla loro dieta gli alimenti di derivazione animale.
Tra false credenze e nuovi stili di vita, insomma, il dilemma sul menu è servito. Ma etica (e politica) a parte, quali sono le insidie del pranzo pasquale per girovita e salute? Andrea Ghiselli, dirigente del Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (il Crea) e responsabile del forum dedicato all’alimentazione sul Corriere della Sera , parte da un presupposto: «Non si ingrassa durante le feste, ma durante il resto dell’anno. Al pranzo di Pasqua si possono consumare anche duemila calorie, ma non è questo che rovina la linea: chi pratica attività fisica e segue un’alimentazione regolare non ha nulla da temere».
Per Ghiselli, rispettare la tradizione pasquale «non comporta nessun rischio: basta ricordare che l’abbacchio, come tutte le carni rosse, si può consumare non più di due volte alla settimana. Per quanto riguarda l’uovo, ogni varietà di cioccolato contiene circa 500 calorie ogni cento grammi e quindi l’uno vale l’altro. Ma siccome a Pasqua ci sono molti altri dolci, è meglio scegliere l’uovo al cioccolato fondente perché contiene meno zuccheri». Dal cibo l’attenzione si sposta alle bevande: «Le bibite gasate hanno tanti zuccheri, un bicchiere di vino può contenere oltre 90 kilocalorie. Per dissetarsi basta l’acqua: se proprio non si può fare a meno del vino, consiglio di usarlo solo per esaltare il sapore degli alimenti». Prima o dopo il pranzo, qualche contromisura è più che lecita: «Se fatta con criterio, la dieta è un comportamento virtuoso. Mangiare più leggeri serve sia a prepararsi che a recuperare, l’importante è non esagerare. I digiuni a base di tisane e beveroni invece sono sconsigliati, perché privano il nostro organismo di diversi nutrienti».
Pasqua a parte, orientarsi tra consigli e anatemi è sempre più difficile: «Sul web ci sono informazioni che dicono solo una parte della verità. Per esempio è vero che il cioccolato fa bene perché contiene polifenoli, ma è anche vero che è ipercalorico e pieno di zuccheri; stesso discorso per il vino rosso, che contiene sia antiossidanti che sostanze cancerogene. Il problema è che ci sono troppi falsi profeti e chi non ha le basi scientifiche si forma una sua ipotesi».
Dietro ai nuovi stili di vita alimentari ci sarebbe una sorta di ritorno al passato: «La dieta mediterranea prevedeva pochissimi prodotti animali, con carne di maiale, uova e formaggi per coprire i buchi dei vegetali. In pratica eravamo quasi vegani e non avevamo bisogno di tutti i rimedi che esistono oggi: una volta i digiuni intermittenti si facevano per cause di forza maggiore legate alla fatica fisica, ora si fanno perché bruciamo tante calorie senza produrne o quasi». La dieta vegana si può fare, ma solo a patto di usare gli integratori; lo smart food invece è «pericoloso» perché alimenti come curcuma o mirtillo «non possono correggere da soli una dieta fatta male». E i cosidetti alimenti «senza»? «Sostanze come glutine, lattosio e olio di palma fanno male solo a certe categorie di persone – conclude Ghiselli -. Dire che tutta la popolazione sia esposta a un rischio perché mangia pasta o latticini è sbagliato».
Il corriere del Veneto – 16 aprile 2017