Mercoledì il Documento di finanza dovrebbe approdare alle Camere ma pesa l’incertezza politica. Un vero e proprio ingorgo di documenti sul fronte dei conti pubblici, che si intrecciano con la perdurante incertezza politica.
Se, come appare probabile, non si riuscirà in tempi brevi a formare un nuovo Governo, sarà l’Esecutivo tuttora in carica a dover istruire i relativi dossier. Si parte dal nuovo «Def» che, stando al calendario europeo, dovrebbe arrivare in Parlamento già mercoledì prossimo.
Documento fondamentale, in cui vengono esposti gli obiettivi di politica economica e le variabili di finanza pubblica, sulla falsariga della Relazione già approvata dal Parlamento. È, però, improbabile che il Governo riesca a rispettare la scadenza. Nei giorni scorsi, infatti, l’attenzione di Palazzo Chigi e del ministero dell’Economia è stata assorbita dalla complessa partita per lo sblocco di 40 miliardi di debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche, operazione che ha comportato diverse riscritture del testo originariamente presentato alle imprese e ai rappresentanti delle autonomie locali.
Di certo, si va verso l’aumento di 0,5% punti dell’indebitamento netto previsto per il 2013, ora indicato al 2,9%, contro l’iniziale 2,4 per cento. Siamo dunque a un passo dalla soglia massima del 3%, limite invalicabile, precondizione assoluta posta dalla Commissione europea per chiudere tra maggio e giugno la procedura per disavanzo eccessivo tuttora aperta nei confronti del nostro Paese. Non è solo una questione meramente contabile, poiché l’uscita dalla procedura consentirebbe di poter fruire dei «margini di flessibilità» previsti dal cosiddetto «braccio preventivo» del Patto di stabilità, aprendo in tal modo spazi di bilancio per una prima tranche di investimenti produttivi a partire dal 2014.
I margini di manovra per il nostro Governo, a questo punto, paiono molto risicati. Ed ecco perché il Def, dove saranno indicati con maggiori dettagli i passi che il Paese deve compiere per restare all’interno del perimetro tracciato da Bruxelles, richiede accurate valutazioni, che è difficile possano venir tradotte nero su bianco in un documento da consegnare entro mercoledì al Parlamento. E questo anche alla luce degli ultimi segnali che arrivano da Francoforte, con le perplessità espresse giovedì scorso dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, su un’effettiva ripresa dell’Eurozona già a partire da quest’anno.
Da noi la questione è ancora più complessa, perché il problema di far quadrare i conti è complicato dalla delicatissima fase politica, contrassegnata da una forte instabilità. La difficoltà di formare il Governo si intreccia con le imminenti votazioni per il nuovo presidente della Repubblica e con l’attività a scartamento ridotto del Parlamento, dove ancora non si sono insediate le commissioni permanenti.
In ogni caso, al massimo entro fine mese il nuovo Def andrà trasmesso a Bruxelles accanto all’aggiornamento del Programma di stabilità e al Piano nazionale di riforma (si veda anche l’articolo sotto). Adempimenti cui non ci si potrà sottrarre, espressamente previsti dal cosiddetto «semestre europeo», in sostanza il primo embrione di coordinamento ex ante delle politiche economiche nell’Unione europea.
Ai primi di giugno, proprio sulla base dei Piani nazionali di riforma e dei Piani di stabilità e convergenza, la Commissione europea metterà a punto le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri. Indirizzi che poi verranno approvati dal Consiglio Ecofin, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di metà giugno. A quel punto, spetterà ai singoli Paesi far proprie le raccomandazioni dell’Esecutivo comunitario all’interno delle rispettive leggi di bilancio.
Si tratta, dunque, di passaggi che rivestono un’indubbia rilevanza. Impegno che si dovrà assumere il Governo dimissionario, in carica per i soli affari correnti. Al momento, però, non vi è alternativa. Il nuovo Esecutivo dovrà a quel punto confermarli e, se lo riterrà, integrarli nei passaggi successivi previsti dal calendario europeo.
10 aprile La scadenza per il Def
Entro tale data ogni anno il Governo deve presentare il Def alle Camere
I numeri da far quadrare
Il quadro dei conti pubblici è in evoluzione soprattutto per gli effetti indotti dall’operazione di sblocco dei debiti della Pa. Effetti che si fanno sentire tanto sul deficit, con una previsione di aumento di 0,5 punti percentuali nel 2013 rispetto al -2,4 stimato con la nota di aggiornamento del Def di settembre scorso. Discorso analogo sul Pil: in questo caso le variazioni del prodotto riportate qui a fianco (variazioni che, rispetto al Pil nominale indicato, contengono anche l’inflazione) tengono già conto delle ricadute in termini di maggiore crescita economica che ci si aspetta dall’immissione di liquidità derivante dal pagamento dei debiti della Pa
GLI APPUNTAMENTI
Il Def
Il Documento di economia e finanza, che deve essere presentato in Parlamento entro il 10 aprile di ogni anno, è previsto dall’articolo 10 della legge di contabilità pubblica (la 196 del 2009). Il Def si compone di tre parti: la prima contiene il programma di stabilità, ovvero i passi compiuti per la riduzione del debito pubblico e il conseguente quadro di bilancio; la seconda mostra un quadro di dettaglio del conto economico e di cassa delle amministrazioni pubbliche; la terza si compone dello schema del Programma nazionale di riforma (Pnr)
Il Pnr
Il programma nazionale di riforma si inserisce nel quadro delineato dalla Strategia di Lisbona e contiene le informazioni sullo stato dell’arte sia delle riforme avviate, con indicazione dell’eventuale divario tra i risultati previsti e quelli conseguiti, sia di quelle che si rendono necessarie per centrare gli obiettivi di Lisbona
Il Def aggiornato
Il Governo può aggiornare le previsioni del Def con una nota da trasmettere al Parlamento entro il 20 settembre
Il Sole 24 Ore – 8 aprile 2013