I referendum erano consultivi, ma i cittadini si sono pronunciati in modo chiaro. Ora la sfida lanciata da Lombardia e Veneto entra nel vivo e passa dall’alveo politico a quello istituzionale. Ci sono passi ufficiali da compiere, documenti da mettere a punto, trattative da avviare. Tenendo conto che l’Emilia Romagna ha scelto di procedere senza preventivamente interpellare gli elettori, sta per iniziare una partita tra il governo e tre Regioni destinata a ridefinire i rapporti tra centro e periferia. Ecco una guida per capire quali sono le materie in discussione, le richieste, l’iter e i possibili approdi.
Quali sono le competenze che potrebbero essere cedute a Lombardia e Veneto?
Sono 23 le materie che le due Regioni, interpellando i cittadini con i referendum consultivi di domenica, hanno chiesto di poter gestire direttamente. Tre sono di esclusiva competenza statale: norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente e dei beni culturali, giudici di pace. Altre 20, invece, sono di competenza concorrente. Tra queste: tutela della salute, protezione civile, commercio con l’estero, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto, produzione e distribuzione dell’energia, previdenza complementare e integrativa.
Che cosa chiede in particolare il Veneto?
La giunta regionale veneta ieri ha approvato un disegno di legge per ottenere «ulteriori e specifiche forme di autonomia» in attuazione dell’articolo 116 della Costituzione. Il provvedimento è composto da oltre 50 pagine, indica nel dettaglio tutte e 23 le materie oggetto di trattativa con il governo e spiega per ciascuna come la Regione gestirà la competenza una volta acquisita. Sul piano finanziario, il disegno di legge specifica che sarà necessario trasferire i nove decimi del gettito di Irpef, Ires e Iva. La giunta presieduta da Luca Zaia ha contestualmente approvato un disegno di legge da trasmettere al Parlamento per modificare l’articolo 116 della Costituzione in modo da ottenere il riconoscimento del Veneto come «Regione a statuto speciale»
E che cosa chiede la Lombardia?
A differenza del Veneto, al momento non c’è un testo che spiega nel dettaglio quali sono le richieste della Lombardia, ma il governatore Roberto Maroni ha detto più volte che intende andare a Roma per firmare un’intesa su tutte e 23 le materie. Oggi il consiglio regionale lombardo avvierà la discussione, che al di fuori di Palazzo Lombardia riguarderà anche amministratori e stakeholder (portatori di interessi), per arrivare entro due settimane al massimo a una risoluzione che avvierà effettivamente l’iter e che indicherà l’oggetto della trattative (tutte le competenze). A Maroni sta a cuore soprattutto la materia fiscale. In particolare, il coordinamento del sistema tributario. Il governatore ha molto battuto sul tasto del residuo fiscale, ma non è una materia che può far parte del confronto con il governo.
Ora qual è il percorso della trattativa governo-Regioni?
Il punto di partenza formale è una risoluzione del consiglio regionale, atto che sia il Veneto sia la Lombardia potranno adottare dopo le consultazioni con le categorie sociali ed economiche e con gli enti locali. Poi, una volta acquisita la «notifica» dell’iniziativa della Regione, il governo ha 60 giorni di tempo per avviare i negoziati. Se la trattativa ha poi esito positivo per le parti il suo contenuto si riversa in un disegno di legge del governo che i due rami del Parlamento devono approvare a maggioranza assoluta. Non sussiste alcun obbligo a concludere l’intesa.
Che cosa prevede il modello emiliano?
L’ Emilia-Romagna — senza il referendum che, tra l’altro, non è una via obbligata prevista dalla Costituzione — ha già chiesto al governo «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia». La risoluzione dell’assemblea regionale del 3 ottobre scorso autorizza il governatore Stefano Bonaccini a trattare con il governo su 5 degli ambiti in cui si articolano le 23 materie previste dall’articolo 117: tutela e sicurezza del lavoro; ricerca scientifica e sostegno all’innovazione; territorio e rigenerazione urbana, ambiente e infrastrutture; tutela della salute; governance istituzionale e coordinamento della finanza pubblica. Già stamattina, dopo l’intesa firmata con il premier Paolo Gentiloni, Bonaccini siederà al tavolo della trattativa con il sottosegretario Gianclaudio Bressa (Affari regionali) per fissare il calendario degli incontri con i ministri coinvolti.
Fino a quale punto può spingersi il governo?
Sulla carta il governo potrebbe concedere ulteriori spazi di autonomia su tutte e 23 le materie ma a Palazzo Chigi confermano che la trattativa tra Stato e Regioni deve pur prevedere una sua elasticità. Più che la quantità delle materie, il buon fine dei negoziati, dal punto di vista del governo, dipende dalla qualità delle richieste che le singole Regioni sapranno presentare. Se infatti il premier Gentiloni cita l’esempio dell’Emilia come «faro» da seguire, i governatori di Lombardia e Veneto dovrebbero intendere che le richieste più circostanziate e motivate (limitate cioè solo ad alcuni ambiti) potrebbero avere un percorso più agevole. Dal punto di vista dei tempi, a questo punto, solo l’Emilia può sperare di portare a casa il risultato entro queste legislatura.
di Dino Martirano e Cesare Zapperi – IL Corriere della Sera – 24 ottobre 2017