Dilaga negli Usa il fenomeno delle contraffazioni: il tema sarà discusso nell’ambito del negoziato commerciale con l’Unione europea. Che Parmigiano reggiano e Grana padano fossero i prodotti agroalimentari italiani più imitati nel mondo forse si sapeva già.
Ma la notizia del «sorpasso» della produzione di falsi rispetto agli originali – con 300 milioni di chili di cui 120 nei soli Stati Uniti –, in un momento di crisi pesantissima per il settore, ha portato ieri in piazza a Bologna migliaia di allevatori riuniti sotto le bandiere gialle della Coldiretti per protestare contro un fenomeno che sta letteralmente togliendo il terreno da sotto i piedi agli allevatori. Nel 2014 sono calate anche le esportazioni (in controtendenza con i record dell’agroalimentare nel suo complesso ma con i risultati positivi di altri formaggi, dal pecorino al Gorgonzola), con un crollo del 10% proprio negli Usa. Questo mentre i prezzi all’origine del latte – ne servono 14 litri per fare un chilo di Parmigiano – sono letteralmente crollati e le prospettive, con l’imminente liberalizzazione della produzione europea dal 31 marzo con la fine delle quote latte, sono orientate verso ulteriori ribassi sotto la spinta dei previsti surplus produttivi.
Una crisi che sta facendo più danni del terremoto, dice ora la Coldiretti che ha presentato un corposo dossier sui falsi, con la scomparsa di quasi una stalla su quattro impegnata nella produzione del latte per il Parmigiano reggiano e la perdita di migliaia di posti di lavoro negli allevamenti e nei caseifici. «A rischio – sottolinea l’associazione – c’è un intero sistema produttivo che vale complessivamente quasi 4 miliardi di fatturato con il Grana padano che si colloca al vertice delle produzioni italiane tutelate dall’Unione europea con un volume di affari di 1,5 miliardi al consumo nazionale e 530 milioni all’export, mentre il Parmigiano Reggiano si colloca al secondo posto con 1,5 miliardi e 460 milioni».
Coldiretti fa notare come le quotazioni pagate ai produttori di Parmigiano sono crollate del 20% nel giro di dodici mesi, passando dai 9,12 euro del gennaio 2014 ai 7,31 euro di fine dicembre 2014, mentre nello stesso periodo il prezzo di vendita al consumo è calato appena del 4%, con effetti negativi sugli acquisti. Sotto accusa anche la diffusione senza controllo dei cosiddetti «similgrana» spesso offerti già grattugiati «che ingannano – denuncia ancora l’associazione agricola – sulla reale origine e fanno concorrenza sleale al prodotto originale».
Il campionario degli orrori portato in piazza ieri è in gran parte tristemente noto. Si va dal «classico» parmesan, al parmesao brasiliano al «reggianito» argentino, fino al falso parmigiano vegano o a quello prodotto dalla Comunità Amish.
Una prima risposta potrebbe ora arrivare nell’ambito del negoziato transatlantico Usa-Ue sulla liberalizzazione degli scambi (il Ttip), visto che gli Usa, oltre a essere il principale mercato di sbocco, sono i leader della falsificazione e dove è più forte il dilagare dell’Italian souning, ma c’è anche il «fuoco amico» di molti paesi europei (dove le produzioni a marchio dovrebbero avere maggiori tutele), come Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia.
Intanto ieri è arrivata la conferma di una multa da 88 milioni inflitta in Spagna dall’Antitrust alle principali industrie lattierocasearie (molte delle quali operano anche in Italia), come Danone (23,2 milioni), Corporation Alimentaria (21,8 milioni) e Grupo Lactalis Iberica (11,6 milioni) per comportamenti scorretti nel pagamento del latte agli allevatori.
Il Sole 24 Ore – 6 marzo 2015