È corsa contro il tempo per arrivare a formalizzare un’offerta per Parmalat entro il 2-3 maggio. Intorno al tavolo le banche (Imi, Mediobanca, UniCredit) e Granlatte-Granarolo, ma la riunione che si è tenuta ieri fino a tarda serata sarebbe stata ancora interlocutoria: al momento sono più i vincoli che le soluzioni.
Le ipotesi
Delle due strade percorribili, la meno onerosa – si parla comunque di una cifra dell’ordine di 1,5 miliardi – prevede di rilevare la quota di Lactalis. Ma ancora ieri il gruppo di Laval ribadiva che i Besnier, proprietari dell’azienda, sono industriali e non finanzieri, che non hanno comprato il 29% di Parmalat per rivenderlo e che la cessione del loro pacchetto è allo stato un’ipotesi che non esiste. La seconda strada, che sarebbe quella più corretta nei confronti del mercato, prevede il lancio di un’Opa sul 70% del capitale flottante. Costo stimabile nell’ordine di 3 miliardi, il doppio rispetto alla prima soluzione.
I vincoli
L’idea di cedere Granarolo a Parmalat per ricavare fino a un massimo di 500 milioni, utili a rafforzare la dotazione di capitale dell’ipotetica cordata, non è praticabile. La newco che dovrebbe riunire la cordata è un soggetto giuridico diverso dal gruppo di Collecchio e non potrebbe impegnarsi per quest’ultimo. Granlatte, azionista di Granarolo, dovrebbe perciò farsi finanziare la sua partecipazione alla cordata e poi eventualmente, una volta raggiunto il controllo, proporre l’acquisto di Granarolo da parte di Parmalat. Senza garanzie perchè a quel punto scatterebbero le procedure previste per le parti correlate.
L’intervento della Cdp è subordinato a un progetto industriale e poichè l’intervento sarebbe giustificato dall’esigenza di preservare l’italianità della maggiore società di un settore dichiarato strategico, è chiaro che il Tesoro non avvallerebbe l’ipotesi di uno spezzatino con la cessione all’estero di bocconi pregiati.
I gruppi stranieri che si sono fatti avanti, manifestando per lettera l’interesse a sedersi a un tavolo, non sono stati finora contattati. I messicani di Lala e gli olandesi di Friesland-Campina sarebbero interessati ad accordi commerciali, ma secondo supposizioni (non confermate) vorrebbero rilevare asset. Diverso il caso di Lacteos che è già concessionaria dei marchi Parmalat in Brasile: in questo caso ci sarebbe anche la disponibilità a mettere sul piatto 200-300 milioni. Ma il discorso è tutto da approfondire.
La finanza
Disponibili a partecipare a una cordata ci sarebbero poi Intesa Sanpaolo (che stanzierebbe fino a 300 milioni, oltre a contribuire la propria quota in Parmalat pari al 2,15%) e Bnl. Mediobanca e UniCredit rientrerebbero eventualmente solo come finanziatori.
Il mondo agricolo
Infine, è da segnalare l’iniziativa di Antonio Baietta, presidente di Santangiolina latte e di Trevalli-Cooperlat, cooperativa con 250 milioni di ricavi. Baietta ha inviato tre settimane fa una lettera a Intesa Sanpaolo. «Ho lanciato un appello per la mobilitazione generale del mondo agricolo – dice Baietta – Se ci mettiamo insieme forse si può fare qualcosa. Anche le Casse rurali potrebbero avere un ruolo». Si vedrà, per ora del mondo cooperativo, al tavolo c’è solo Granarolo.
Ilsole24ore.com – 19 aprile 2011