Con l’ambizione di riempire il vuoto dato dall’assenza di grandi player in un sistema imprenditoriale forte ma frammentato in imprese di piccole dimensioni.
Parmacotto archivia definitivamente la crisi che cinque anni fa, nel 2014, l’aveva portata al concordato preventivo. E a venti mesi dal cambio di proprietà, con il passaggio di consegne dalla famiglia Rosi all’imprenditore bolognese Giovanni Zaccanti, progetta in grande. «Oggi abbiamo tutte le potenzialità per aprirci spazi in ogni mercato», dice Zaccanti, già cofondatore di Saeco (macchine per caffè) e di Caffitaly (caffè porzionato con macchine e capsule brevettate in oltre 70 Paesi).
Si parte dagli Usa, dove l’azienda emiliana ha rilevato Cibo Italia (diventata Parmacotto LCC), distributore di food made in Italy con un centinaio di clienti tra grande distribuzione organizzata (insegne come Walmart e Costco) e catene della ristorazione. Si arriva – acquisizione completata in ottobre – alla storica Salumi Boschi Fratelli, sempre nel Parmense, con la quale Parmacotto inaugura una nuova era, quella di una produzione a 360 gradi.
«Operazioni strategiche – spiega l’amministratore delegato Andrea Schivazappa -. Un’azienda come la nostra non può non guardare al mercato statunitense, che offre ampi margini di crescita. Mentre con l’acquisizione della Salumi Boschi Fratelli, marchio importante del territorio, abbiamo ora tutte le caratteristiche per diventare un polo alimentare che produce tutti gli insaccati italiani». La tabella di marcia prevede il radicamento negli Stati Uniti, dove già da quest’anno il fatturato dovrebbe raggiungere gli 11,5 milioni di dollari (per poi spingersi a venti nel 2021), e il consolidamento sul mercato domestico. Poi sarà la volta dell’Europa. «Siamo già presenti in Francia e nell’area del Benelux, i prossimi passi li faremo in Germania e in Spagna», dice Zaccanti.
Il primo traguardo, partendo dai 72 milioni di euro di ricavi del 2018, è costituito da un fatturato a quota 100 milioni entro due anni. Con le due acquisizioni, l’azienda ha portato a duecento il numero di dipendenti impiegati nei due stabilimenti parmensi di Marano e San Vitale Baganza. E ha allargato la rete di vendita, costituita adesso da 160 agenti. La crisi – l’azienda era stata a un passo dal fallimento con un indebitamento di 100 milioni – appare solo come un brutto ricordo. Tanto che il piano concordatario, spalmato su cinque anni, si chiuderà con due anni di anticipo il prossimo dicembre, dopo uno sforzo che si è concentrato, ricorda Schivazappa, «sul recupero dell’efficienza nella catena produttiva, sulla revisione di tutte le fasi di lavorazione e della procedura acquisti, con l’implementazione di un sistema di controllo di gestione che ci ha permesso di apportare le modifiche necessarie in modo razionale e con i tempi giusti».
Uno sforzo che non ha richiesto il ricorso agli ammortizzatori sociali o ai licenziamenti. «Per completare il nostro progetto positivamente – aggiunge Schivazappa – abbiamo mantenuto un’idea che ci ha sempre accompagnato nel nostro percorso. E cioè che le ristrutturazioni aziendali non devono passare solo ed esclusivamente da tagli nel personale. Siamo anche molto orgogliosi di esserci riusciti».
E’ cosi che mentre prendeva corpo un rilancio al quale Zaccanti ha sempre creduto (“Ho acquisito Parmacotto per dare continuità al marchio, per svilupparlo a Parma”, dice), ripartivano anche le assunzioni, in tutti i settori aziendali, dal controllo qualità al marketing. Oggi la produzione si attesta intorno ai 10 milioni di chili ma dovrebbe crescere del 15% già dal prossimo anno.