Tutto è pronto a Strasburgo per l’approvazione, prevista mercoledì prossimo, del «pacchetto latte». Dopo il passaggio parlamentare basterà il via libera del Consiglio
Via libera come «punto A» (formalizzazione di accordi già presi), probabilmente già a marzo, perché entri in vigore l’insieme di nuove norme che l’Ue ha predisposto per il settore lattiero caseario. Scelta obbligata, dopo la devastante crisi del 2007-2009 e in vista della dismissione del regime delle quote, prevista per il 1 aprile 2015. L’idea del contratto tra produttori e trasformatori, che si lega alla contrattazione collettiva e l’organizzazione dei produttori, è il fulcro del provvedimento. I contratti scritti tra le parti, che è facoltà degli stati membri rendere
obbligatori, fissando non solo i prezzi ma anche i volumi e le tempistiche della consegna di latte crudo, potranno essere più efficienti nell’allineare domanda e offerta rispetto a un regime di quote che, anche per l’evoluzione dell’offerta a livello europeo, mostra di aver fatto il suo tempo. Secondo l’ultimo studio della Commissione Ue in materia (2010) la grande maggioranza degli Stati membri è in linea con il «soft landing», l’atterraggio morbido del dopo-quote, con solo tre Paesi (Danimarca, Olanda e Cipro) a sforare i tetti di produzione e l’Italia sotto del 3,7%. Inoltre, la possibilità di negoziare i contratti collettivamente attraverso organizzazioni di produttori riconosciute dalla legge aumenta il potere dei produttori nelle relazioni commerciali con l’industria, aiutandoli anche ad attenuare gli effetti della volatilità. Vero soprattutto in un momento come questo, in cui la domanda mondiale per latte e prodotti caseari è alta e la grande industria della trasformazione hanno interesse a siglare accordi più stabili possibile: averne uno firmato per un anno o più, con prezzi concordati e non aleatori come ancora accade oggi in gran parte delle filiere europee, è una garanzia maggiore per il produttore. Quando invece le relazioni commerciali nelle fasi a monte della filiera siano soprattutto tra imprese di piccola taglia, come in Italia, la negoziazione collettiva e le organizzazioni interprofessionali «spingeranno i produttori e i trasformatori a lavorare insieme», spiega il relatore per la posizione parlamentare sul provvedimento Jim Nicholson. Perché il vero potere economico è altrove. «Ogni volta che parliamo di relazioni commerciali nella filiera agroalimentare — aggiunge Nichloson — è come se avessimo un elefante nella stanza: Idgrande distribuzione organizzata». Una volta passato a Strasburgo e approvato dal Consiglio il «pacchetto», valido fino al 2020, entrerà in vigore da subito nella parte relativa al riconoscimento delle OP e dell’interprofessione.
Dopo sei mesi, quindi non prima del prossimo autunno, entrerà a regime nella sua interezza, con le regole su contratti, la negoziazione collettiva e anche la programmazione produttiva per i formaggi Dop e Igp, richiesta a gran voce dalla filiera italiana. Per verificare l’efficacia del provvedimento, soprattutto dei suoi effetti sulla produzione delle aree svantaggiate, sono previsti due rapporti della Commissione, nel 2014 e nel 2018.
Italia Oggi – 11 febbraio 2012