Se c’era un patto con Renzi per discutere di rimpasto durante la formazione del Contratto di governo, a Palazzo Chigi non lo confermano, ma forse un auspicio, un’intesa di massima, quella sì. E dunque la tempesta di ieri, con Renzi che prende in giro il viceministro Pd Fassina e questi che si dimette, hanno rappresentato per Letta non solo una grana, ma anche un motivo di notevole irritazione. Il premier non se l’aspettava.
Renzi «poteva risparmiarsi quella battuta» dice Letta a chi gli parla nel pomeriggio, facendo capire che il problema non è quello che è successo, non è nemmeno la necessità di cambiare qualche pedina nel governo, «cosa di cui si discuterà fra qualche giorno», ma «i modi e i tempi» che hanno prodotto le dimissioni anticipate dell’esponente del Pd.
Letta ha ricevuto ieri pomeriggio le dimissioni, ha cercato invano di convincere Fassina a ripensarci. Magari per qualche giorno, in attesa che si chiuda questa fase di transizione interna alla maggioranza. Fassina è stato irremovibile e, a questo punto, nelle prossime ore, a meno di sorprese, il capo del governo sarà costretto ad accettare le dimissioni.
Resta però la posizione dei giorni scorsi: nessuna accelerazione, Fassina non verrà sostituito a stretto giro, ci sono anche altre caselle del governo che al momento non sono occupate, a cominciare a quella di Bruno Archi, ex viceministro degli Esteri in quota Berlusconi, prima dell’uscita dalla maggioranza di Forza Italia. Di sostituzioni, queste ed altre eventuali, continua a pensare Letta, si discuterà soltanto fra qualche giorno, quando inizieranno i confronti sulla formazione del Contratto di governo.
Insomma Renzi continua a stupire, anche dentro il suo partito, e non solo per il caso Fassina. Di sicuro, ieri, convocando la riunione della segreteria con modalità logistiche eccezionali. Letta invece continua ad essere fedele ad un registro diverso: lavora al telefono, sente tutti gli attori della maggioranza, con i ministri concorda i dossier che andranno a comporre il Contratto di governo. Lontano dalle telecamere fa sapere che è dietro alla sua scrivania, a Palazzo Chigi. Anche lui dunque non sta con le mani in mano; non partecipa alla dialettica dei comunicati fra Alfano e il Pd, ma minimizza con ottimismo quelle che giudica come scaramucce fisiologiche. Le dimissioni di Fassina non erano forse nel conto, almeno con questi tempi e modalità, ma occorre comunque fare buon viso a cattivo gioco e dunque l’irritazione non vale dichiarazioni pubbliche.
Del resto a Firenze, in una sede diversa da quella del partito, Renzi riunisce intorno a un tavolo lo stato maggiore del suo partito, con tanto di visibilità mediatica ed è già una novità che fa discutere prima ancora delle dimissioni di Fassina. Il segretario del Pd sembra ribadire che ora le danze le guida lui e infatti basta la notizia e le immagini della riunione del Pd per far partire una raffica di reazioni. È piccato il Nuovo centrodestra di Alfano, anche in Scelta civica avvertono che non potrà trattarsi di un Contratto egemonizzato dalle proposte targate democratici.
Letta invece si distingue per il silenzio, toccherà a lui mediare, anche sui temi civili, fra qualche giorno. Ha già detto che nessun programma dell’esecutivo potrà contenere argomenti poco realistici per questa maggioranza e per il momento basta. Insieme al solito ottimismo: «Entro le prossime due o tre settimane si troverà una buona intesa su tutto», assicura attraverso i suoi collaboratori.
E per conto del partito di Alfano interviene il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi: «Renzi ha tutta la legittimità di porre sul tavolo le sue priorità, Ncd farà lo stesso. Renzi ritiene che le unioni civili e la Bossi-Fini siano priorità, noi abbiamo le nostre che sono lavoro, famiglia e impresa». Per Lupi riguardo all’agenda delle priorità dell’esecutivo «ne discuteremo, visto che il governo per non è nè un monocolore del Pd né un monocolore dell’Ncd. Letta farà la sintesi, e i diktat non servono a nessuno».
Marco Galluzzo – Corriere della Sera – 5 gennaio 2014
Strappo con Renzi, Fassina si dimette. Battuta del segretario in conferenza stampa. E il viceministro lascia il governo
Un esordio d’anno già difficile: Stefano Fassina, viceministro dell’Economia, ha presentato pochi istanti fa a Letta le proprie «dimissioni irrevocabili» dopo «le parole del segretario Renzi su di me» come ha spiegato all’Ansa. Alla domanda su un eventuale rimpasto, chiesto a più riprese dall’economista, Renzi ha risposto nella conferenza stampa di oggi pomeriggio, ironicamente, «chi?».
Bersaniano di ferro, bocconiano con un passato al Fondo monetario internazionale, Fassina non ha mai nascosto le sue perplessità rispetto ai temi proposti da Renzi nei mesi scorsi, soprattutto sul fronte economico. Ultimo nell’ordine: il contratto unico che dovrebbe confluire nel Job act che sarà reso noto alla prossima segreteria del Pd, il 16 gennaio.
Nella dichiarazione di qualche istante fa, l’economista ritenuto spesso molto vicino alle posizioni della Cgil, ha affermato che le parole di Renzi «confermano la valutazione politica che ho proposto in questi giorni: la delegazione del Pd al governo va resa coerente con il risultato congressuale. Non c’è nulla di personale. È questione politica. È un dovere lasciare per chi, come me, ha sostenuto un’altra posizione». Per lui è chiaro: rimpasto sia. Per Renzi è altrettanto chiaro che l’anno comincia con un bel guaio.
«Oggi si è tenuta una segreteria sulle priorità per il Paese: legge elettorale, jobs act. Non c’è davvero motivo di fare polemiche, ma di lavorare, e molto. Dispiace che il viceministro Fassina esprima in questo modo il suo disagio riguardo alla sua presenza nel Governo» taglia corto il portavoce della segreteria del Pd,
Lorenzo Guerini – La Stampa – 5 gennaio 2013