Leonardo Padrin, presidente della 5a commissione regionale “Sanità”, arriva a Vicenza per discutere con il collegio Ipasvi (infermieri) del nuovo Piano socio-sanitario, rimasto per ora senza applicazione, e non si sottrae neppure alle domande più insidiose. Secondo rumor veneziani la Giunta sarebbe già al lavoro per modificare il Prss.
Qualcuno a Roma avrebbe fatto sapere che sul ricorso del governo alla Corte costituzionale l’esito è scontato: la Regione sarebbe soccombente. Chi diffonde queste notizie o è drogato o è un chiaroveggente. La Corte costituzionale non ha nemmeno stabilito la data dell’udienza. L’ultima che ha fissato è fra un anno. Lei sostiene che, senza schede ospedaliere, è come se il Piano non ci fosse… Le schede sono l’attivazione principale del Piano. Più si ritarda ad approvarle più si ritarda a far partire una spirale virtuosa. Se non si creano i posti-letto territoriali e gli anziani continuano a restare in ospedale si spende 5 volte di più. Un posto-letto sul territorio costa 100 euro al giorno, in ospedale 500. Mandiamo in fumo 372 mila euro ogni 24 ore. Perché questo ritardo? Non c’è alcun impedimento strutturale. È solo una scelta decisionale. Le schede dovrebbero tagliare i rami secchi, ma ci sono tante elezioni dietro l’angolo… Ad esempio a Villafranca si vota fra 6 mesi. Io dico che è il momento di operare scelte radicali. La sanità non può più essere piegata agli interessi politici. Bisogna chiudere per sempre con questa logica di fare marchette per sperare di comprare più voti. Partendo da dove? Dai piccoli ospedali. Sono trappole. Costano di più e offrono di meno. È sempre stato difficile tagliarli perché fanno lobby a sindaci, sindacati, portatori di consenso, anche se poi la gente quando ha un bisogno di certo tipo va a farsi curare altrove. Dove tagliare i 2 mila posti-letto ospedalieri imposti dalla spending review? L’esubero maggiore è in provincia di Verona, anche se qui la sanità è di ottimo livello, mentre in altre province prestazioni e qualità sono decisamente minori. In termini numerici nel Veronese quanti ne dovranno cadere? Non meno di 500. E altrove? Direi 250 a Padova. Un centinaio a Vicenza. Ma i tagli coinvolgeranno tutti i territori, anche se alla fine, fra ospedali per acuti e territorio, passeranno dal 3,8 per mille abitanti al 4,7, senza contare i 25 mila nelle case di riposo. Cambieranno distribuzione e contenuti. Cosa fare al San Bortolo? Valorizzare elementi di eccellenza unici come ematologia e radiochirurgia. Ospedale di Noventa. C’è chi teme per il futuro. Dovrà fare tutto ciò che serve per i bisogni di un bacino di 70 mila abitanti tranne gli interventi chirurgici complessi. Per il resto c’è il San Bortolo. E Valdagno ? Il punto nascite deve restare. In una realtà geografica come quella non si possono mettere a rischio partorienti ne neonati. Poi vale lo stesso discorso di Noventa. Per gli interventi complessi dovrà fare riferimento a Santorso e al futuro polo di Montecchio. I costi della sanità nel Veneto sono a macchia di leopardo. Padova, Vicenza e Treviso virtuosi. Venezia, Rovigo e Verona scandalosi. Rovigo è la più cara, anche se un abitante su 3 va a farsi curare a Padova o a Ferrara. Poi nei singoli territori ci sono eccezioni. Dolo e Mirano fanno molto meglio di Venezia che produce 100 milioni di buco l’anno. Legnago spende meno di Vicenza. Come venire a capo di questa sciarada ? Facendo il riparto all’inizio dell’anno partendo dai dati del 2011 e facendo l’assestamento a giugno, vincolando i dg a obiettivi e tarandone i premi ai risultati, ai programmi di rientro. Se le Ulss rientrassero del 10 per cento ogni anno per 3 anni, la disponibilità degli investimenti oggi di 70 milioni raddoppierebbe. Ci vuole uno sforzo da parte di tutti, non un mago Silvan. Lei sta già lavorando a una modifica del Piano? Sì. Non bisogna aspettare altri 16 anni come fosse un reliquario rigido e intoccabile. È pronto il Pdl 224. Andrà in Consiglio il 13 novembre. E’ una sorta di vagone omnibus di correzione collegato alla vecchia finanziaria. Cosa c’é dentro? Lo scadenziario del Piano, le norme per rendere omogenei i bilanci delle Ipab con l’obbligo a non detenere più beni immobili di proprietà a meno che non siano funzionali alle loro attività, il regolamento ispettivo per l’Arpav, una norma per i dipendenti dell’Arss, una norma per i cda delle società partecipate delle Ulss, l’applicazione della spending review a cooperative sociali e Ceod con i tagli ridotti allo 0,5 per cento nel primo
Giornale di Vicenza – 6 novembre 2012