Altro che Schengen. Avevano messo in piedi un’organizzazione criminale che non conosce confini per importare cuccioli di cani e di gatti per lo più dall’Ungheria, senza alcuna limitazione a tutela dell’incolumità delle povere bestiole, falsificando certificati e autorizzazioni amministrative, truffando i clienti, calpestando l’obbligo di consegnare tutta la documentazione sanitaria.
Un’organizzazione perfetta, con struttura gerarchica, responsabili della logistica per la custodia degli animali, cellule operative incaricate del trasporto dei cuccioli ma anche della loro consegna. Un’organizzazione flessibile sul territorio nazionale per sfuggire ai controlli.
Il tutto con la complicità di una veterinaria toscana, accusata di falso ideologico in certificati nell’esercizio di una professione sanitaria, avendo attestato (falsamente) la provenienza, l’età dei cuccioli e l’avvenuta esecuzione delle previste vaccinazioni. Indagine conclusa con una richiesta di rinvio a giudizio per i 12 imputati: a sollecitare il processo è il pubblico ministero Benedetto Roberti che aveva coordinato l’indagine affidata alla Squadra mobile di Padova. Il 29 marzo l’udienza davanti al gup Mariella Fino che deciderà se spedire davanti al tribunale gli imputati, salvo che non chiedano un rito alternativo per chiudere il conto con la giustizia. Le accuse? Associazione a delinquere finalizzata alla truffa, al traffico illecito di animali da compagnia, alla falsificazione e alterazione di certificati, oltreché di frode in commercio e maltrattamenti sugli animali; la veterinaria anche di falso ideologico. Casuale la scoperta del business da centinaia di migliaia di euro. Nel 2010 un agente della Mobile voleva acquistare un cucciolo di volpino di Pomerania per la figlia. L’aveva individuato su internet. Il venditore aveva fissato l’appuntamento per la consegna del cagnolino al casello autostradale di Padova Est. L’agente aveva cominciato a coltivare qualche sospetto. Sono scattati gli accertamenti e sono seguite una serie di denunce di altri clienti padovani. Si è scoperto che gli animali venivano allevati in Ungheria e inviati in Italia nei primi giorni di vita, senza rispettare i tempi dello svezzamento. Ed erano fatti risultare allevati nel nostro Paese. Il prezzo di vendita? Dai 700 ai 1.500 euro.
Il Mattino di Padova – 24 febbraio 2016