Dove eravamo rimasti con il nuovo ospedale di Padova? Non se n’è più saputo nulla dopo lo stop all’iter sancito dalla Regione in seguito al vertice del 28 luglio a Venezia con Università, Iov, Azienda ospedaliera, Provincia e Comune, nel corso del quale il sindaco Massimo Bitonci ha detto no alla costruzione dell’ospedale del futuro a Padova ovest, rilanciando l’ipotesi di rifarlo nella sede attuale, in via Giustiniani.
A spiegare cosa sia successo nel frattempo è Claudio Dario, direttore generale dell’Azienda ospedaliera, che parla per la prima volta a ruota libera, dichiarandosi totalmente contrario alla realizzazione del nuovo ospedale nello stesso luogo dell’attuale. Come vorrebbe, per l’appunto, il sindaco della città. Il quale, all’affondo del dg, ieri ha preferito non replicare.
«Il 5 agosto la giunta Zaia ha deliberato la sospensione della dichiarazione di pubblico interesse del project financing da 650 milioni presentato da Finanza e Progetti, in attesa che il Comune di Padova definisca formalmente la propria posizione — chiarisce —. Ma ad oggi, a parte le dichiarazioni del sindaco, non ci sono delibere nè altri provvedimenti che indichino l’indisponibilità di Padova ovest. Attendiamo ancora le valutazioni del Comune, al quale spetta la scelta dell’area ma non quella di decidere come e se si debba fare il nuovo ospedale, materia di competenza della Regione, soprattutto in un contesto di Azienda ospedaliera universitaria che fa ricerca e assistenza. E in tal senso ha responsabilità nei confronti di tutti i veneti».
Dario sottolinea che in questo limbo lui non ha perso tempo, ma sta testando l’opinione di clinici e personale, finora con suo «grande stupore» mai interpellati, per definire le caratteristiche del nuovo ospedale, in base alle esigenze del futuro. Si parte da un presupposto irrinunciabile: non può essere realizzato nella stessa sede.
«Dev’essere una struttura idonea a consentire alle nostre équipe di eccellenza di lavorare al meglio, a garantire la sicurezza dei pazienti e ad ospitare le tecnologie d’avanguardia — dice il dg —. Ecco perché non possiamo restare in queste condizioni di insicurezza sismica e modalità organizzative vincolate dai monumenti (via Giustiniani è area tutelata dalla Sovrintendenza dei Beni culturali, ndr). Non ci devono essere vincoli ma agevolazioni, altrimenti è inutile parlare di fuga di cervelli e non stupiamoci se anche i pazienti se ne vanno. Io sono giunto alle stesse conclusioni del mio predecessore, Adriano Cestrone: non ci sono alternative a un nuovo ospedale. Va fatto e in tempi brevi: dev’essere una macchina operativa, non un monumento. Bisogna cambiare macchina, questa non funziona più. Va ripensata la struttura, a costo di fare le pareti in cartongesso e i pavimenti fluttuanti, basta che siano funzionali». E i soldi? «Ci vogliono 650 milioni — ricorda il manager — e noi ne abbiamo già 450: 300 ce li mette il privato e 150 li ha stanziati la Regione. Gli altri si trovano, magari 30 milioni l’anno: si fanno i leasing per le auto, mettiamoci nella stessa ottica. Del resto stiamo già spendendo 50 milioni per interventi di restauro e sicurezza sismica del Policlinico. Vogliamo guardare avanti, non si può più lavorare in un contesto non favorevole. Costruire il nuovo ospedale qui è una scelta impraticabile. Non è facile, ma una decisione va presa. In dieci anni si è cambiato idea tre volte e nel frattempo Venezia, Castelfranco, Santorso ed Este hanno avuto i loro ospedali nuovi, così come Treviso, Verona e Vicenza stanno andando avanti con i restyling. Una situazione del genere non è più sostenibile — incalza Dario — e non mi vengano a dire che non posso capire la realtà di Padova perché sono trevigiano. Io ora indosso la maglia biancoscudata e faccio gli interessi di questa azienda».
C’è poi il timore di perdere l’unico finanziatore privato disponibile, al quale è stata notificata la sospensione dell’iter e che potrebbe chiedere i danni per aver già speso 16 milioni di euro. «Finanza e Progetti» non ha ancora risposto ma a breve le parti si incontreranno per valutare il da farsi. «Come avevo già detto nel luglio 2013, se ci sono altri finanziatori o associazioni decise a presentare nuovi progetti lo facciano, saranno valutati — invita il dg — ma finora non ne abbiamo visti. E quindi attenzione a perdere l’attuale investitore internazionale. Io non credo alla diatriba politica Regione-Comune, voglio pensare che si arriverà a un tavolo comune di confronto e quindi a una soluzione condivisa. Non esiste che ognuno si faccia la propria commissione, non abbiamo più tempo, diamoci un cronoprogramma e stiamo attenti a non disperdere le risorse che abbiamo. Smettiamola di perdere tempo a parlare con chi non ha responsabilità dirette, rischiamo di buttare al vento 450 milioni». Quanto alle obiezioni di Bitonci, Dario ritiene «legittima» la domanda sul futuro del complesso di via Giustiniani. «Ci metteremo Iov e Sant’Antonio, per un totale di 950 letti — chiude il manager — La partita si gioca in 9 anni, sbrighiamoci a iniziarla».
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 5 settembre 2014