La commissione medica aveva negato nessi fra Talidomide e malattia, ma il giudice la smentisce: sono noti in tutta Europa. L’impiegato si porta addosso da cinquantadue anni la “firma del diavolo”. La letteratura medico-scientifica definisce così il “pollice trifalangico” che hanno le sfortunate persone vittime della focomelia umana causata dal farmaco Talidomide.
Il ministero della Salute ci ha impiegato quasi mezzo secolo per ammettere che la malformazione di alcune persone nate tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta è stata causata dal farmaco tedesco che assumevano le donne in gravidanza come sedativo anti nausea e ipnotico.
Ma la Commissione medica ospedaliera di Padova, dopo un lungo calvario, aveva concluso che non c’era il nesso di causalità fra la focomelia dell’impiegato con l’assunzione del Talidomide da parte della madre. Insomma, non c’era la cartella clinica. Ci ha pensato il giudice Umberto Dosi a dare un aiuto allo sfortunato impiegato, assistito dagli avvocati Romolo Bugaro e Federico Rampazzo. Ha condannato il ministero della Salute a risarcire il cinquantaduenne con un indennizzo mensile di circa quattromila euro, oltre agli arretrati e agli interessi dal 2009, quando è stata fatta la legge 14/2009 con la quale si è deciso di risarcire le circa trecento vittime italiane del Talidomide. Adesso i legali dell’impiegato dovranno spostarsi a Roma e chiedere al Ministero oltre 170 mila euro più gli interessi e la rivalutazione.
La sentenza del giudice Dosi è molto critica nei confronti della Commissione medica ospedaliera di Padova che per anni ha mortificato lo sfortunato impiegato. Perchè il consulente tecnico del giudice, il medico legale Alberto Raimondo, non ha avuto alcun dubbio nel riconoscere le cause della focomelia umana. “Il ricorrente risulta affetto da gravi malformazioni agli arti superiori. Queste devono essere ascritte all’assunzione di Talidomide da parte della madre dell’interessato nel corso della gravidanza”, afferma il medico legale del giudice.
E sono le stesse conclusioni del medico legale Giovanni Ciraso, consulente di parte degli avvocati Bugaro e Rampazzo. Scrive il giudice: “Non vi sono ragioni per disattendere l’accertamento del Ctu (consulente tecnico d’ufficio ndr), risultato frutto di completa ed approfondita indagine tecnica, adeguatamente motivato ed esente da vizi logici e non specificatamente contestato dalle parti”. Vale a dire, che per anni la Commissione mnedica ospedaliera di Padova ha mortificato lo sfortunato impiegato per concludere che non c’era il nesso di casualità della focomelia con l’assunzione dal parte della madre del Talidomide durante la gravidanza. Insomma, la Commissione voleva la cartella clinica per valutare gli effetti del farmaco che da cinquant’anni sono studiati in Europa.
“Il ministero della Salute deve essere condannato a corrispondere al ricorrente l’indennizzo con decorrenza dall’1 dicembre 2009 oltre interessi di legge”, conclude il giudice Dosi.