Un deposito di carne e pasta completamente fuori norma. Cibo destinato ai ristoranti cinesi del Padovano, conservato tra larve e in sacchetti che nascondono la vera identità di quanto viene venduto. Un raggiro che due coniugi cinesi avevano cercato di mascherare ai controlli dell’Usl inventandosi una tracciabilità inesistente di filetti di pesce. Tentativo inutile perché quelle blatte sulle confezioni di spaghetti, i buchi sui cartoni appoggiati agli scaffali nel loro negozio al Centro Ingrosso Cina di Corso Stati Uniti era impossibile non vederli, e segnalarli in procura.
Così come quei pezzi di carne stipati nei frigo, che solo le analisi hanno detto essere di maiale. Quarti di suino importanti dalla Cina con buona pace delle norme che vietano un certo tipo di importazioni. Come dal lontano oriente arrivavano quelle che le etichette sulle confezioni battezzavano come «alghe nere essiccate» e invece altro non erano che tipi di funghi di cui si era persa per strada la tracciabilità: non si sapeva in pratica da dove venissero. Ad aggravare la situazione, per cui l’iomo è stato rinviato a giudizio e la moglie ha chiesto la messa alla prova (su cui il giudice deve ancora decidere), anche diversa carne mal conservata dai due nella loro casa padovana di via Valli.
Il Corriere del Veneto – 12 novembre 2016