E’ comparso all’ingresso a piedi, giacca sulla spalla e scorta in borghese della Digos. Un arrivo sobrio al ristorante etico «Strada facendo» di Padova, che dà lavoro agli immigrati, un ritorno tra amici per la «prima» in Veneto di Roberto Speranza, senza strilli di sirene nè stuoli di auto blindate al seguito. Ministro della Sanità da cinque giorni, che ha strappato il dicastero ai grillini per traghettarlo a LeU, si è trovato attorniato da una sanità veneta forse ancora d’eccellenza, sicuramente piena di grane.
Il Corriere del Veneto. Prima fra tutti il nodo dell’autonomia, chiesta dalla giunta Zaia insieme a quelle di Lombardia ed Emilia ma che sembra arenata nell’impasse. «La strada dell’autonomia va percorsa, è uno dei punti di governo annunciati dal premier Giuseppe Conte, però garantendo diritti e doveri uguali per tutti — ha ribadito Speranza —. Sono disponibile al confronto con i governatori nel più breve tempo possibile, con l’attenzione e la cautela di assicurare i migliori Livelli essenziali di assistenza a tutti i territori. E quindi sull’autonomia ci lavoriamo, ma arrivando a un risultato che non spacchi in due il Paese». Ad aspettarlo i fronti aperti della sanità regionale, presentati da una serie di delegazioni. Quella della Cgil gli ha consegnato un documento che cita la carenza di personale negli ospedali, «lo smantellamento dell’integrazione socio-sanitaria», la mancata riforma delle Ipab e la «scarsa attenzione all’assistenza territoriale e al nodo della cronicità, nonostante un terzo della popolazione abbia più di 65 anni».
Sulla mancanza in particolare di medici, alla quale la Regione ha deciso di rispondere con l’assunzione di 500 laureati senza specializzazione, il neoministro ha commentato: «E’ un tema di grande importanza a livello nazionale, stiamo studiando la migliore modalità di affrontarlo. E anche in questo caso ci confronteremo con i presidenti delle Regioni». Altri documenti gli sono stati consegnati dai medici dell’ospedale Sant’Antonio di Padova, sulle barricate per la scelta della Regione di trasferirne la proprietà dall’Usl Euganea all’Azienda ospedaliera cittadina, e da un gruppo di sindaci del Cadore, preoccupati perché le ultime schede ospedaliere hanno tolto il servizio di urgenza-emergenza dagli ospedali di Agordo e Pieve di Cadore. «Non abbiamo 70mila euro per fare ricorso al Tar — hanno ammesso i primi cittadini — le chiediamo un incontro». Qualcuno gli ha parlato anche di Pfas. «Sono ministro da cinque giorni e ho ricevuto inviti da tutte le sigle, da quasi tutti i direttori generali delle aziende sanitarie e dei 51 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico d’Italia — ha replicato il ministro pacatamente e concedendo a tutti il «tu» — la disponibilità c’è, ma datemi il tempo di studiare».
Non si è lasciato scappare l’occasione nemmeno Stefano Ferro, che fa parte di «Percorso Vita». La onlus presieduta da don Luca Favarin che si occupa di migranti, minori e povertà e ha aperto «Strada Facendo». «Abbiamo perso 15 ragazzi clandestini che lavoravano qui — ha rivelato Ferro a Speranza — in cinque anni abbiamo parlato con Alfano, Minniti e gli altri ministri dell’Interno che si sono succeduti. Ora abbiamo chiesto un incontro a Luciana Lamorgese, perché il problema del lavoro va risolto, è la vera svolta sull’integrazione». «Mi raccomando ministro non abbandonarci», l’appello finale di un simpatizzante. E lui, sorridendo: «Non preoccuparti, vedrai che cambierà tutto».