di Aldo Comello. L’ex macello di via Cornaro a Padova con la sua “cattedrale” a tre navate è uno dei complessi di archeologia industriale più belli del Veneto. Il mattatoio si è trasformato in centro culturale, ma resta l’impronta tenebrosa della paura e della sofferenza degli animali uccisi con il coltello o con la mazza: le vacche che muggiscono, i maiali che piangono. Qui dal 7 giugno apre la mostra “L’immagine della fortuna”, percorso espositivo dedicato al maiale e questo può sembrare sottolineatura di una memoria di sangue e di morte e, invece, è un riscatto.
La rassegna è fastosa e festosa, piena di colori, di allusioni storiche e letterarie, fitta di simboli. Forse a ispirarla c’è, sotto sotto, un senso di colpa dell’uomo nei confronti del maiale, animale generoso, compagno di strada, bene di consumo, icona equivoca, sospesa tra fertilità, ricchezza e voracità, ingordigia, lussuria, sentina dei vizi umani ma anche, nella civiltà contadina, membro importante della famiglia, prima nutrito e coccolato, poi sacrificato in un invernale dì di festa alla sussistenza della comunità.
La mostra, curata da Carlo Silvestrin, è un lacerto della sterminata collezione di Renzo Battaglia, medico odontoiatra, classe 1949. La sua casa a Padova e lo studio al Lido di Venezia (con l’insegna un po’ intrigante di Museo Maialido), sono straripanti di disegni, sculture, giocattoli dedicati al maiale. 30 mila pezzi, forse di più, solo la raccolta di cartoline ne annovera circa 3000. Questa raccolta, una delle più vaste e complete esistenti al mondo, seconda solo a quella di Stoccarda, al Museo del Maiale, nasce quasi per caso: agli inizi degli anni Settanta, Battaglia riceve in regalo un maialino di vetro di Murano, è come il primo dollaro di Zio Paperone; poi due maialini magnetici in cambio di un testo universitario di ottica. Battaglia si accarezza i baffi quando, nel 1976, mette in fila un centinaio di pezzi.
Ma lo aspetta uno tsunami porcino: viaggia per le sagre in Italia e all’estero, torna con la valigia piena di maiali. Poi si rende conto della popolarità internazionale del suino e della forza della collezione che lo fa destinatario di doni maialeschi da tutto il mondo. Oggi in collezione ci sono opere d’arte realizzate da grandi artisti contemporanei: Nespolo, Cuoghi, Musante, Potenza. Villeglé, in visita a Padova, fa un disegno sul tovagliolino del ristorante, lo firma e lo regala a Battaglia. La mostra, anche se si tratta della liofilizzazione della sterminata collezione, è impressionante per varietà e bellezza.
C’è, per esempio, un Porco Demonio, diavolo con grugno e zanne, una porcellina maliziosa si nasconde dietro un siparietto di velo nero ed ecco Sant’Antonio abate, pregevole scultura in legno, agguerrito combattente contro Belzebù, con, ai piedi, un maialino adorante. C’è anche in quattro immagini la metamorfosi kafkiana di Battaglia in maiale. Viene in mente la deliziosa filastrocca di Paolo Poli, innamorato del porcellino bianco e rosa, vivace e curioso, mentre il maialone nero ispira pensieri di pancette e prosciutti.
Poi Orwell con la Fattoria degli animali dove la doppiezza porcino-sovietica trasforma la rivoluzione in regime. Nell’introduzione al catalogo, splendido, Silvestrin ricorda l’impurità della carne porcina per ebrei e musulmani, ma anche la scrofa come simbolo della XX legione romana, perché soldati e maialini seguono la madre esprimendo un’obbedienza cieca e assoluta. Anche il Cristianesimo si vena a volte di disprezzo nei confronti del maiale, quasi creatura demoniaca, facendone uno dei termini di un’equazione blasfema.
Nel Medioevo il rendimento dei boschi di querce e castagni veniva misurato in maiali (quanti maiali allo stato brado l’ambiente era in grado di sostentare). Fotografati ed esposti in mostra anche i graffiti murari che rappresentano maialini stilizzati. In catalogo, poi, vagano anime di maiali in forma angelica, porci con le ali, con anche qualche accenno di aureola.
Winston Churchill lodava la lealtà del porco perché il cane ti guarda dal basso in alto, il gatto dall’alto in basso, solo il maiale ti fissa negli occhi. Ed eccolo Churchill maializzato, possente e fiero con il sigaro in bocca. Insomma, questa di via Cornaro che resterà in cartello per un mese è una mostra di caratura europea che non si può assolutamente perdere. Ci sono al mondo musei pubblici e privati dedicati al maiale. Va citato quello di Stoccarda, ospitato nell’ex macello della città, in un edificio liberty del 1909, raccoglie 45 mila pezzi. In Italia è degna di nota l’esposizione tematica di Carpineto Sinello. Ma la mostra padovana offre stimoli formidabili ed è molto più vicina di Stoccarda.
Il Mattino di Padova – 3 giugno 2014