Coletto: «Follia, subito un’ispezione». Esiste, nell’Azienda ospedaliera di Padova, un’isola felice dove il desiderio di ogni malato di avere il medico sempre accanto è diventato realtà.
Anzi, l’ha superata la realtà, perchè al sesto piano del Policlinico, nel polo chirurgico, si conta addirittura più di un camice bianco a letto. E non per un improvviso incremento dell’organico di una categoria in carenza cronica in tutto il Veneto (mille dottori in meno del fabbisogno) ma, ecco il paradosso, in seguito ai tagli imposti dalla spending review. E all’ansia diffusa tra i dirigenti di anticipare schede ospedaliere regionali (la riorganizzazione ancora in stato embrionale per il «congelamento» del piano sociosanitario da parte della Corte Costituzionale) magari ancora più restrittive. Succede allora che prima della fine del suo mandato, concluso lo scorso 29 novembre, l’ormai ex direttore generale Adriano Cestrone abbia rivisto l’area citata sopprimendo la Clinica chirurgica geriatrica e la Clinica chirurgica IV e lasciando la Clinica chirurgica II, la III e l’Oculistica. In questi ultimi tre reparti si contano rispettivamente 24, 24 e 6 posti letto, per un totale di 54, ma mentre il personale del comparto è stato ridistribuito nel resto dell’ospedale, i medici sono rimasti tutti. E così a fronte di 35 tra caposala, infermieri (26) e Oss, cioè operatori sociosanitari (8) si registrano addirittura 67 chirurghi: 27 nella Clinica chirurgica II diretta dalla professoressa Maria Rosa Pellizzo (14 strutturati e 13 specializzandi), 24 nella Clinica Chirurgica III affidata al professor Stefano Merigliano (11 strutturati e 13 specializzandi) e 16 nell’Oculistica guidata dal professor Edoardo Midena (7 strutturati e 9 specializzandi).
Lo denuncia la Uil, con i responsabili provinciali Stefano Tognazzo e Luigino Zuin, che osservano: «Avere 67 medici per 54 letti è un lusso che la nostra sanità non si può permettere, soprattutto in questo momento. E’ una follia pensare che ci sono chirurghi ridotti a mettere piede in sala operatoria una volta ogni 4/5 mesi, a reinventarsi endoscopisti, facendo lievitare tali prestazioni e relativi costi, o ad accontentarsi di fare solo gastroscopie quando esistono reparti che ne avrebbero bisogno come il pane. Per esempio il Pronto soccorso, sempre in affanno, oppure il Centro trapianti, il più grande d’Europa, dove mancano anche infermieri e Oss. Da una parte medici inutilizzati, dall’altra dottori che non hanno nemmeno il tempo di respirare, come il comparto, costretto spesso a saltare ferie e riposi per star dietro alla mole di lavoro affrontata in sottorganico. E’ ora di rivedere l’organizzazione dell’ospedale e di ridistribuire con cognizione i 4400 infermieri e Oss e i 1300 medici in organico».
Allibito anche l’assessore alla Sanità, Luca Coletto: «Mando subito i miei dirigenti a compiere una verifica nell’Azienda ospedaliera di Padova: se proprio non sanno dove mettere i chirurghi li diano a me, so io come utilizzarli. Sono sicuro che il nuovo dg, Claudio Dario, ricomporrà immediatamente questa anomalia, della quale ero all’oscuro. E che temo non sarà l’unica in Veneto. E’ un momento di passaggio, in attesa dell’entrata in vigore delle schede ospedaliere, che riorganizzeranno con maggiore criterio la nostra sanità».
Il caso emerge proprio in questi giorni di convocazioni individuali dei direttori generali in Regione da parte del segretario della Sanità, Domenico Mantoan. Sul tavolo due temi cruciali: il quarto trimestre 2012 di rendicontazioni delle Usl in vista della redazione del bilancio consultivo di aprile da inviare a Roma (alcune aziende sono ancora in rosso) e la nuova programmazione in capo ai manager nominati nemmeno un mese fa dal governatore Luca Zaia.
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 24 gennaio 2013