Protesta dei sostenitori del parco faunistico di Campolongo maggiore, chiuso a dicembre. Il proprietario Gianni Mattiolo: «Penalizzati da norme contraddittorie, non ce la facciamo più». L’affondo di Striscia, «ma è tutto falso»
CAMPOLONGO. Una cinquantina di sostenitori ha raggiunto ieri mattina il Tiger Experience di Campolongo Maggiore per condividere la protesta dei titolari del parco che accoglie ventotto tra leoni, tigri, puma e ghepardi. La struttura è stata chiusa lo scorso dicembre, dopo un sopralluogo dei carabinieri del Nas di Treviso che ha contestato due irregolarità: la sepoltura di tre animali nel giardino di casa (un leoncino, un puma e una tigre) e la mancanza, addirittura, dell’autorizzazione all’attività.
Grazie al tam tam su internet a sostegno della struttura sono state raccolte già quasi 500 firme. Ma Gianni Mattiolo e la moglie Luana Agnoletto sono ormai esasperati. E tanto, proprio tanto amareggiati. Carte alla mano, si sgolano per ribadire che loro l’autorizzazione ce l’hanno, eccome. Dal 2005 infatti il Comune di Campolongo Maggiore rilascia loro l’autorizzazione come mostra faunistica permanente. Non solo. Dal 2005 è depositata la richiesta per il riconoscimento di parco giardino zoologico, ma la pratica s’è persa nei meandri della burocrazia. Agli sgambetti di norme che si contraddicono e interpretazioni che invece di far chiarezza creano confusione, al Tiger Experience mancava solo di finire nel mirino di Striscia la notizia, il tg satirico di Mediaset. Per ben due volte, la prima nel 2010 e l’ultima qualche giorno fa, Eduardo Stoppa ha proposto servizi di denuncia di quello che lui definisce un luogo dove gli animali vengono tenuti in gabbie anguste e spoglie, chiusi in cassoni arrugginiti e bui e via elencando la casa degli orrori. Peccato che di orrori al Tiger Experience proprio non ne se ne vedano. Come lo stesso Mattiolo ha spiegato ai suoi sostenitori, la tigre nel cassone filmata era lì perché operata ad un’anca e quindi in convalescenza, necessariamente isolata. E poi lo dice lo stesso verbale del Nas che non ci sono tracce di maltrattamenti agli animali.
«Qui non si parla solo di me, mia moglie e nostro figlio», dice Gianni Mattiolo, «ma di tutti i nostri animali con cui vivo e lavoro. L’attività del parco è funzionale al mantenimento di tutti noi. Servono chili di carne alla settimana per mantenere i felini, inclusi quelli che ci sono stati affidati dai carabinieri e dal corpo forestale dello Stato. Per non parlare dei continui controlli veterinari e delle cure, quando servono».
E qui ci si imbatte in un altro insondabile mistero della burocrazia che sta mettendo in ginocchio il Tiger Experience: «Nel 2008», racconta Mattiolo, «i carabinieri ci hanno portato un leone, dopo poco ne abbiamo ricevuto un secondo in affidamento dalla Forestale. Nei relativi verbali ci definiscono mostra faunistica permanente. Per il mantenimento di questi due animali avanzerei dallo Stato circa 72 mila euro. Nel 2010 il ministero per i Beni e le attività culturali nello stilare l’elenco delle strutture per animali feroci inserisce anche le mostre faunistiche permanenti. Nel 2011 riceviamo dal ministero per la Salute un questionario inviato a tutte le strutture per animali feroci. Ma i carabinieri ci contestano di non avere l’autorizzazione del Ministero. Il Ministero sostiene che le mostre faunistiche permanenti non esistono più».
Un vero e proprio ginepraio di norme, decreti, interpretazioni da cui sembra impossibile districarsi. Altro che gabbia dei leoni. «Qui», sbotta Mattiolo, «i veri animali feroci sono coloro che ci stanno facendo tutto questo. Quello che facciamo può piacere o meno, ma lo facciamo e lo abbiamo sempre fatto nel totale rispetto della legge. Non possiamo soccombere, anche se le spese di mantenimento degli animali sono diventate insostenibili e non ce la facciamo proprio più, senza aiuti, a garantire quintali di carne e il servizio veterinario necessari per i nostri amici felini ».
Il Mattino di Padova – 7 maggio 2012