Prima intesa per l’applicazione in Italia della riforma della Politica agricola comune 2014-2020. A quattro mesi dalla scadenza del 1?agosto il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha definito in una riunione con gli assessori regionali quella che a grandi linee sarà la strategia nazionale per la distribuzione di circa 4 miliardi annui di aiuti europei. Martina punta a chiudere la partita entro il 15 maggio, «per dare risposte tempestive agli agricoltori» ma anche per non presentarsi al semestre di presidenza italiana della Ue con un cantiere ancora aperto.
I comunicati ufficiali per ora parlano di «progressi nel confronto sui punti principali e un primo accordo sul calcolo del valore unitario iniziale dei titoli» (si farà riferimento al 2014). Nella riunione è stata illustrata anche una prima ipotesi di riparto degli aiuti accoppiati (la quota di premi che sarà possibile mantenere legati alla produzione, pari al 15% del totale nazionale), «che servirà – spiega ancora il Mipaaf – come base per il confronto con le Regioni e con le organizzazioni di categoria».
Il documento prevede la ripartizione di circa 570 milioni fra tre settori che attraversano, per motivi diversi, crisi di mercato: zootecnia, che con 310 milioni assorbe oltre il 54% del plafond, seminativi (colture oleoproteaginose, proteaginose e riso, per un totale di 163 milioni) e colture permanenti con un piano da 100 milioni dedicato al sostegno del settore olivicolo. Una spartizione studiata per mitigare l’impatto della progressiva convergenza del valore dei titoli verso un importo unitario, ed evitare travasi (politicamente) dolorosi tra Nord e Sud.
Resta da definire la questione centrale dell’«agricoltore attivo» cui riservare gli aiuti, sulla cui definizione economico-giuridica la Coldiretti sta cominciando ad alzare la posta.
Da giorni il presidente dell’associazione Roberto Moncalvo parla delle scelte sulla nuova Pac come di «un’occasione per cambiare: fino ad ora una casta di intoccabili che rappresenta lo 0,2% degli interessati riceve il 15% delle risorse», rilanciando il vecchio tema dei grandi beneficiari che percepiscono oltre 100mila euro di sussidi Ue. È quella la fascia dove si trovano, secondo Moncalvo, «rendite di cui godono grandi gruppi che non vivono di agricoltura ma fanno parte di una elite intoccabile di tremila beneficiari che ricevono oltre mezzo miliardo mentre si chiedono sacrifici a tutti, a partire dagli agricoltori». Che ne pensa il ministro?
Il Sole 24 Ore – 12 aprile 2014