Con due piccole ma sostanziali modifiche la Conferenza Stato-Regioni di giovedì ha dato il via libera al decreto attuativo della riforma Pac 2014-2020, che definisce i criteri per accedere ai circa 4 miliardi di euro annui di sussidi agricoli Ue. Un’intesa difficile, raggiunta nei giorni scorsi, e che disegna una road map con gli obiettivi e i programmi da realizzare nei prossimi sette anni.
La prima semplifica i controlli sulle partite Iva, requisito indispensabile per ottenere i premi, riducendo di fatto l’obbligo al semplice possesso di partita Iva agricola ed eliminando l’onere di dimostrare la prevalenza di quest’ultima in caso di altre attività segnalate nella contabilità. Se però l’attivazione della partita Iva è successiva al 1° agosto 2014 (era la data limite per le scelte nazionali sulla riforma), o in caso di assenza, valgono i criteri economici fissati nel regolamento comunitario di base (incidenza degli aiuti sotto al 5% del reddito o fatturato agricolo superiore a un terzo dei guadagni totali).
La seconda modifica, destinata a far discutere, riguarda invece i criteri di accesso agli aiuti accoppiati (legati alla produzione) per il latte. Il decreto introduce, su richiesta della regione Lombardia, l’obbligo dei controlli funzionali in azienda effettuati dagli appositi consorzi. Un successo diplomatico dell’assessore leghista lombardo Gianni Fava che lascia col cerino in mano molte regioni (i cui assessori erano probabilmente distratti), oltre a non far piacere alle associazioni agricole che dovranno far ingoiare ai propri iscritti un ulteriore adempimento, peraltro poco gradito come il controllo diretto in azienda. La torta da 76 milioni degli aiuti accoppiati alla zootecnia da latte potrebbe così finire in Lombardia per ben oltre il 40% dell’incidenza della regione sulla produzione totale, risolvendo al tempo stesso il pressante problema di garantire un sostegno ai consorzi per i controlli funzionali.
Il via libera della Stato-Regioni rappresenta comunque un successo per la strategia del ministero delle Politiche agricole, che ha superato così l’ultimo passaggio a poco più di due mesi dalla scadenza per la domanda unica 2015, la prima con le nuove regole che stanno creando molta confusione sia per le imprese che per le amministrazioni nazionali. Come dimostrano le polemiche scoppiate in Francia, dove nei giorni scorsi sono scesi in piazza i paysan aderenti alla Fnsea, la potente organizzazione agricola nazionale, per protestare contro le incertezze e i ritardi che stanno caratterizzando l’attuazione della riforma. Sotto accusa è finito il ministro dell’Agricoltura Le Foll, mentre il presidente della Repubblica Hollande è intervenuto in prima persona con una telefonata al presidente della Commissione Juncker auspicando una sostanziale semplificazione della politica agricola Ue, ma chiedendo anche esplicitamente misure di sostegno al comparto suinicolo in profonda crisi.
C’è l’intesa sui fondi della Ue. Ecco dove finiranno 27 miliardi. Il ministro : “Stop ai contributi agricoli per aeroporti e ferrovie”
Maurizio Tropeano. Stato e Regioni hanno trovato l’accordo per modificare e integrare il decreto per utilizzare i 27 miliardi di fondi comunitari che riguardano i pagamenti diretti. Un’intesa difficile, raggiunta nei giorni scorsi, e che disegna una road map con gli obiettivi e i programmi da realizzare nei prossimi sette anni. Che cosa cambia? Le risorse saranno assegnate solo agli agricoltori in attività. Si, avete capito bene, perché finora i pagamenti diretti dell’agricoltura sono stati utilizzati anche per aeroporti, servizi ferroviari, impianti idrici, servizi immobiliari, terreni sportivi e aree ricreative permanenti, soggetti che svolgono intermediazione bancaria, finanziaria e/o commerciale. Con le nuove regole riceveranno contributi solo gli enti che «svolgono attività formative e/o sperimentazione in campo agricolo e quelli che hanno la gestione degli usi civici».
Le reazioni
Praticamente ci sono 4 miliardi da spendere ogni anno ma con i criteri stabiliti dall’applicazione della nuova politica agricola comune. Secondo il ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, in questo modo si danno «certezze agli agricoltori in un passaggio delicato come quello dell’applicazione della nuova Pac». E aggiunge: «Dobbiamo impiegare al meglio tutte le risorse che abbiamo a disposizione soprattutto per la tutela dei redditi degli agricoltori. Ora siamo al lavoro per semplificare». Anche per il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, si tratta di «un risultato molto importante che consente al mondo agricolo di partire con il piede giusto». Non la pensano così le organizzazioni agricole. Agrinsieme e Copagri parlano di «beffa» perché si introducono «restrizioni a decisioni già prese». E spiegano: «Con la nuova versione dell’agricoltore attivo si creano pesanti oneri burocratici per gli operatori». Secondo Coldiretti: «Bisogna accelerare sull’approvazione da parte dell’Unione Europea dei Piani di Sviluppo Rurale che valgono 20,8 miliardi».
Giovani e montagna
Stato e regioni hanno condiviso la scelta di mettere in campo misure per favorire il ricambio generazionale e anche a favore dei giovani imprenditori agricoli. In più sono state studiate misure per il sostegno alle zone montane. L’obiettivo è quello di tutelare il territorio e il mantenimento della vitalità dei contesti economici più a rischio. Secondo Martina «verranno create le condizioni per un nuovo modello di sviluppo». E poi sono previsti incentivi a favore dei sistemi produttivi maggiormente sostenibili.
I pagamenti
I pagamenti vengono ridotti per i beneficiari che ottengono i contributi più alti. L’importo del pagamento di base da concedere ad un agricoltore è ridotto annualmente del 50 per cento per la parte eccedente i 150 mila euro e del 100% qualora l’importo così ridotto superi il mezzo milione, per la parte eccedente i 500 mila euro.
Il greening
Gli agricoltori che hanno diritto al regime di pagamento di base dovranno rispettare le pratiche agricole «greening» che prevedono diversificazione delle colture, mantenimento di prati permanenti e aree di interesse ecologico. Per i piccoli agricoltori è previsto un regime semplificato con importo forfettario che non supera i 1250 euro l’anno ed esenzione dagli impegni previsti per il greening.
Il Sole 24 Ore e La Stampa – 21 e 22 febbraio 2015