di Daniela Boresi. Botta e risposta (a distanza) tra l’assessore alle Politiche agricole del Veneto e il ministro Maurizio Martina. Oggetto del contendere la Pac, che il Veneto non promuove, “sfilandosi” dalla corte dei “sì” e prendendosi, per la bocciatura, una bacchettata dal Ministro. «Non ce l’ho con lui e non intendo fare polemiche. Ma non potevo che prendere una posizione a favore della mia regione». Quella dell’assessore alle Politiche agricole del Veneto Franco Manzato è una barricata pacifica, ma risoluta, a difesa del Veneto e in modo particolare della carne veneta. «Pesa per il 40 per cento della produzione italiana, non è quindi una crociata solo veneta, è a sostegno del comparto», tuona l’assessore contro la Pac (Politica agricola comune). In sintesi: «la nuova Politica Agricola Comune è stata costruita dal Ministero delle Politiche Agricole cercando di “accontentare” i molti, senza strutturare un piano di azione che getti le basi di un sistema competitivo e forte».
Per il ministro Martina, invece, «il Veneto si è sfilato» dall’accordo Stato-Regioni solo «per ragioni squisitamente politiche» e «in modo incomprensibile». Il Veneto a questa chiave di lettura non ci sta. La tesi sostenuta è che la Politica agricola comune della Unione Europea sta mettendo a dura prova la regione dove da oltre tre anni si sta costruendo una strategia che consenta al comparto rurale di crescere con l’appoggio della Regione e che nel tempo possa assorbire senza grossi traumi la riduzione degli aiuti. «Ho sempre chiesto, sia in Commissione sia davanti al Ministro e di fronte agli altri assessori, di fare scelte coraggiose. – aggiunge Manzato – L’articolo 52 regolamento dice che i soldi in più vanno alle produzioni in grossa difficoltà, invece si premiano sempre quelle che non stanno male. In questo modo ci peggiorano i problemi».
E introduce i problemi che da anni coinvolgono il mondo della zootecnia, falcidiato dall’aumento dei costi (ad esempio quelli dei mangimi) e da una concorrenza delle nazioni limitrofe che diventa sempre più agguerrita. Costi e regole che mettono fuori mercato le produzioni. «Ci sarà pur un motivo per cui la Francia ha messo l’87 per cento dei premi sulla zootecnia, quando noi solo il 50 – continua Manzato – Perchè la considera strategica, e aiuta un comparto in difficoltà. In questo modo, la concorrenza diventa ancora più spietata. E poi vediamo che vengono aumentate le risorse per i produttori di olio. Non ne comprendo il senso».
Manzato a questo punto ritiene che la battaglia vada spostata a livello comunitario. «Vorrei solo che il ministro si rendesse conto che è un settore poco apprezzato, ma strategico e che si faccia carico del problema».
I numeri ben inquadrano la questione. La produzione veneta di carne bovina è scesa da un anno all’altro a 193.200 tonnellate (-4,6%), mentre l’annata è stata sostanzialmente favorevole per la carne suina (produzione +2,4%, prezzo medio annuo +1%). La carne avicola ha subìto una flessione produttiva (-4,7%), ma ha beneficiato di un andamento di mercato favorevole (+2,6% il prezzo medio annuo).
«La partita degli aiuti diretti, gestita da Roma, si è rivelata inadeguata e non alla pari con la visione strategica che noi invece abbiamo applicato nel Piano sviluppo rurale veneto – precisa Manzato – È paradossale per noi che stiamo cercando di costruire un sistema veneto che abbia una strategia condivisa, che guardi a lungo termine nell’ottica di rendere la aziende competitive e capaci di stare sul mercato senza gli aiuti europei, ma ci confrontiamo con una sovra-strategia asettica e inesistente». La richiesta insomma è quella di avviare una strategia che non permetta che settori fortemente penalizzati (zootecnia) non vengano adeguatamente considerati al momento della definizione dei premi “accoppiati”, aiuti creati appositamente per sostenere le aree di intervento più marginali e in difficoltà. «Insomma un mosaico, fatto male e inadeguato alle esigenze di crescita del Paese, chiosa Manzato.
Il Gazzettino – 12 luglio 2014